venerdì 28 dicembre 2007

Io sono polacca

La Polonia dal 1° maggio 2004 è considerata non solo geograficamente, ma anche politicamente Europa. Siamo tornati nel posto che storicamente ci è appartenuto per secoli. Il passaggio dal regime comunista alla democrazia non è stato affatto facile; l' entusiasmo, la speranza si sono alternati con sacrifici, compromessi, speranze disattese.

Nel 1949 l' Unione Sovietica formò il Consiglio di assistenza economica reciproca (COMECON) insieme ai paesi del blocco comunista dell' Europa dell' Est (Bulgaria, Cecoslovacchia, Germania dell' Est, Polonia, Romania e Ungheria) più la Mongolia. Lo scopo di questo accordo era di dirottare il commercio dai paesi dell' Occidente e conseguire un maggiore grado di autosufficienza nell'ambito dei paesi comunisti. In base a tale patto, la gran parte dei paesi membri importavano petrolio e gas naturale dall' Unione sovietica in cambio di prodotti agricoli e industriali.

Nei paesi membri del COMECON lo stato controllava tutte le transazioni internazionali per mezzo di un numero di imprese commerciali di stato, ognuna specializzata in una linea di prodotto. In base a questo sistema la tipologia e l'ammontare di beni importati erano determinati dai piani nazionali in base alle esigenze in eccesso rispetto alla disponibilità di prodotti nazionali.

In questo modello di scambio, le considerazioni politiche hanno giocato un ruolo più importante di quelle economiche, mentre i vantaggi comparati e i prezzi relativi dei beni non avevano alcun ruolo diretto. Infatti queste economie pianificate, economie in cui i prezzi non erano determinati dalle forze di mercato, ma dalle direttive di governo, generalmente enfatizzavano l'autosufficienza e tendevano a guardare il commercio internazionale come un male necessario per chiudere il bilancio materiale e ottenere beni e servizi che il paese non poteva fornire direttamente.

Dalla fine del 1989 i regimi comunisti sono crollati in tutta l'Europa dell' Est ed in Unione Sovietica. La Germania dell' Est e dell' Ovest si sono riunite, la Iugoslavia si è disintegrata e l' Unione Sovietica si è dissolta.

Questi importanti cambiamenti politici sono stati innescati almeno in parte, dai fallimenti economici della pianificazione centralizzata. Tutti i 12 paesi dell' Europa Centrale ed Orientale e i 15 Nuovi stati indipendenti (NSI) della ex-Unione Sovietica, stanno ora lottando per ristrutturare le loro economie e il loro commercio estero secondo i principi dell' economia di mercato.

Il passaggio da un'economia pianificata ad un'economia di mercato è costato in termini di disoccupazione, inflazione, dissesti economici, livelli insostenibili di debito estero, fame. Ma abbiamo guadagnato una fragile libertà, rifiutato una mediocre sicurezza economica per tornare padroni di noi stessi, siamo usciti da una fase di ubbidienza, dove chi non ubbidisce non mangia, per una fase di maggiore libertà d'azione, liberi dalle coercizioni.

Pochi giorni fa sono cadute ufficialmente le ultime barriere, si sono allargati i confini, i territori esplorabili non sono più decisi dal governo, dallo stato, ma sono rimessi alla mia capacità. Due persone che venti anni fa non si sarebbero mai potute incontrare al di là di una cortina di ferro, ora sono libere di amarsi. Un ragazzo inglese ed una ragazza polacca, incontratesi per caso, ora possono decidere di stare insieme.


martedì 25 dicembre 2007

Merry Christmas from Japan


This is a message that Yoshi sent me from Japan and I want to share it with you:

Hey alessandro, how are you ? everything is fine here. my father, he's also fine.
I saw your blog. that's cool, man ! black and white is much cooler than color picture.

I'm getting used to Japanese culture again, but it's still strange for me a little bit.


Japan, we traded with many countries such as Portugal, Spain and England before
,but after1600, we decided to trade with only Holland and China at small artificial island "1.3ha"! in Nagasaki.

we built this Island only for trade...probably we were afraid of foreigner..
I also don't know why we traded with only Holland and China...maybe we just wanna smoke...

we continued this trade from 1600 to 1850 ! about 250 years ! many Japanese, we never met foreigner in their life.
It was enough time to make original culture... no shake hands...no look at eyes...and so on, and so on..

after 1800, many countries, they wanted us to open Japan, but we didn't want it.
"they wanted, but we didn't want..."that sounds cool, doesn't it !? we wanted to stay away from them. we still wanted to be cool !

,but 4 American big warship came to Japan in 1853 finally. we got shock a lot, and then we decided to open Japan reluctantly...no chance


even after this, we could keep our own culture easily because Japan is island and far away from Europe.
, but in 1945, we lost war, and manything was changed dramatically. now we celebrate Christmas....

In Japan, we celebrate Christmas with couple, and we celebrate new year with family.It's opposite of Europe.
I like new year in Japan, but I don't like Japanese Christmas. we should be cool from Christmas...many Japanese, we are not christian..


anyway,merry Christmas and happy new year !

It's snowing here.
yoshi


domenica 23 dicembre 2007

Amore mio, Buon Natale


Dan è molto più giovane di quanto sembri, classe '86, è in giro per il mondo da quando aveva meno di 18 anni. Ha una filosofia di vita alquanto originale e nei suoi lunghi viaggi un giorno, inaspettatamente, ha conosciuto una ragazza.

Era sulla strada per la Lituania, ma questa ragazza le ruba il cuore, si trovano da subito perfettamente insieme, condividendo interessi, divertimenti, birra e il loro cane cieco, Sniffy.

Lei è una socio-operatrice che spende i suoi pomeriggi con i bambini in attività di doposcuola, lui saltuariamente insegna inglese, viene dalla città di Sheffield, e ha una sola ambizione: girare tutto il mondo. L'amore e la vita con Sylwia l'hanno trasformato in un essere più sedentario del solito, sebbene riescano a sposare le esigenze di entrambi. Non hanno le esigenze di quella che in Italia verrebbe definita un'esistenza precaria. Lavori saltuari, mal remunerati, non hanno una casa, prospettive di carriera o stabilità davanti a loro. Eppure si sono creati e coltivati un microambiente all'interno del quale sono felici; naturalmente un minimo di soldi per viaggiare sono necessari, così come per vivere, e loro fanno quanto basta, non lo stretto necessario, ma neanche il superfluo. Una via di mezzo in cui è sempre più facile trovare tantissime persone giovani, non schiave delle mode, delle convenzioni e delle ambizioni comuni. Uno stile di vita che richiede dei compromessi naturalmente, ma che dà anche un grande senso di leggerezza e di libertà, se tutto va bene.

Nello stesso stile hanno impostato la loro relazione. Nel giro di due settimane lui ha deciso di non proseguire da solo verso Lituania e mar Baltico, si è fermato in Polonia, a Varsavia, e poi hanno proseguito insieme.

Ora, dopo più di due anni sono abbastanza rodati; lui non bloccato da un lavoro fisso, appena ha abbastanza soldi parte per qualche paese, quando può sospendere il lavoro e ne ha abbastanza anche lei, vanno insieme.

Oggi la sera di Natale la passeranno a distanza, lui in Bielorussia sulle tracce di una bottiglia di Vodka, lei probabilmente con gli amici e la famiglia a casa. Una coppia che non sente il peso delle feste, dei riti collettivi, dei regali, una coppia che vive e lascia vivere di relazioni multiple, leggera ed aperta, che Attali avrebbe definito piena di solitudine, come conseguenza della affermazione della propria individualità che non si perde, ma si rafforza nel rapporto a due.

Due persone a cui il termine coppia va stretto, che preferiscono parlare di un "me" e un "te", che fanno e hanno progetti assieme, e non usano un "noi" maiestatis come se si parlasse di un' unica entità, uno + uno non fa uno, ma sempre due. Una semplice equazione che li aiuta a far di conto nelle loro scelte di vita. Saranno due persone profondamente sole? Voi che dite?


Io sono nomade

Io sono Dan.

sabato 22 dicembre 2007

Liberiamo l' amore

Sull'espresso di qualche tempo fa ( il 13 dicembre) è comparso un interessante articolo, "Liberiamo l' AMORE", colloquio con Jacques Attali di Maria Grazia Meda.

Jacques Attali è un economista francese che si è ritrovato a parlare di amore nel libro "Amours", dove sono riportate le sue riflessioni in tema di relazioni affettive. Attali parte da un'analisi della società odierna in cui individua un crescente senso di solitudine dovuto alla caduta di gerarchie, barriere e caste; "il prezzo che dobbiamo pagare per la formidabile opportunità legata alla libertà individuale è la solitudine", pensa da molto tempo "che assistiamo a un'evoluzione profonda della nostra società verso un'apologia della masturbazione".

Passando per un'infelice analisi della libertà individuale, "se tutto è precario - e un contratto di lavoro lo è, e così ormai anche il contratto d'amore - fare l'apologia della libertà individuale implica fare un'apologia della slealtà", si sofferma sull'aspetto più interessante che è stato l' aver sottolineato il legame puramente culturale e occidentale tra amore e possessione.

"L'amore non è possedere l'essere amato, ma fare un progetto con lui. In questo senso, se posso costruire questo legame con una persona nulla impedisce di costruirlo con più persone contemporaneamente".

Ovvero, il superamento del modello della coppia eterosessuale monogama è un futuro non troppo remoto, in quanto:

"Le varie dimensioni dell'amore non fanno più un unicum. La sessualità, la riproduzione biologica, la riproduzione sociale, l'affetto e la tenerezza erano le dimensioni dell' amore, che formavano un unicum, ma che oggi stanno esplodendo e andando in direzioni opposte".

Le cause? Globalizzazione, Web, conflitto di valori, società interconnesse, oggi è normale avere più amici, domani lo sarà avere più partner; una teoria interessante, dove avere più partner sarà indice di successo relazionale, ma dove non viene presa in considerazione la scarsità di risorse: la scarsità di tempo. Avere più amici, oggi, è una realtà, ma quanti sono quelli veramente intimi? Meno delle dita di una mano? In una condizione in cui il tempo diventa sempre di più il lusso, quanto sarebbe fattibile avere non una, ma due o tre partner ? Diventerebbero un'occupazione a tempo pieno per un rapporto così come lo intendiamo noi oggi, amore inteso come fare progetti assieme, richiede un quantità di risorse non indifferente, prima su tutte il tempo. Allora se non si vuole confondere l' amore "aperto" con le coppie aperte, le relazioni multiple sarebbero fattibili al costo di ridurne la qualità stessa, ma voi aumentereste il vostro numero di amici rinunciando a quegli insostituibili momenti di intimità con quest'ultimi?

Un'equazione, quella temporale, che non permette magie e trucchi, tanto meno congetture su possibili relazioni multiple, a meno che non si intendano quest'ultime dislocate nel tempo, ovvero come amori nomadi, trasparenti, ma dislocati e successivi. Un fenomeno non certo nuovo, spesso(se non sempre) inteso a livello maschile, dove l'amore nomade e temporaneo è legittimato dal viaggio, una condizione frequente oggigiorno.

sabato 15 dicembre 2007

Le coppie di fatto in Italia

Tanto per rimanere un po' in tema, vediamo dalle parti nostre, in Italia, com'è la situazione per le coppie di fatto, etero e non:

LA CONVIVENZA IN ITALIA*

Nel nostro Paese la pesante influenza cattolica ha storicamente caratterizzato la legislazione italiana anche in questa materia: ad esempio, solo nel 1919 la donna sposata ottenne la piena capacità di agire e di disporre dei propri beni.

Per tutti gli anni ’50 il concubinato adulterino fu punibile per legge: mentre bisognerà attendere il 1955 perché dalle carte d’identità sparisse l’obbligo dell’indicazione della paternità (e di figlio di NN) e, addirittura, il 1975 affinché fosse concesso anche alla madre di esercitare la patria potestà sui minori. Nell’ambito di tale riforma del diritto di famiglia, tuttavia, si evitò accuratamente di normare la convivenza.

Oggi che tantissime coppie convivono, oggi che anche la pubblicità propone ripetutamente modelli di famiglia non tradizionale (e, come afferma un creativo, «essa si limita a registrare quello che avviene nella società»), ebbene, ancora oggi in Italia manca una legislazione sulla materia.

La politica sembra non coglierne l’importanza: solo recentemente, e non dappertutto, le convivenze hanno fatto capolino in alcuni bandi regionali per la concessione di alloggi in edilizia popolare, generalmente con un punteggio più basso rispetto alle coppie sposate perché la Costituzione dà priorità alla famiglia fondata sul matrimonio. Nell’inerzia del legislatore alcuni Comuni e Regioni hanno preso iniziative, anche di tipo economico, per il riconoscimento delle coppie di fatto. Nel giugno 2006 la Regione Puglia ha varato una legge regionale che estende i servizi sociali alle unioni di fatto e alle coppie gay.


LE TESI CATTOLICHE*

Nonostante i sondaggi sfavorevoli, la posizione cattolica resta assolutamente intransigente: nessun riconoscimento per i conviventi né a livello governativo né a livello locale, in caso contrario lo scontro è totale, specialmente in Italia dove gli aut-aut del Vaticano vengono presi in seria considerazione.

Lo stanziamento di fondi a favore delle coppie di fatto da parte della Regione Lazio, ad esempio, è costata al suo presidente Piero Badaloni prima una violenta campagna di stampa da parte dell’Osservatore Romano e, in seguito, l’esplicito e decisivo appoggio delle gerarchie vaticane al suo rivale Francesco Storace nelle elezioni del 2000. È doveroso segnalare che, nel dicembre 2005, la nuova giunta regionale ha annunciato l’estensione alle coppie gay di alcune provvidenze economiche.

A ribadire il concetto, il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha prodotto il 26 luglio 2000 un documento intitolato Famiglia, matrimonio e unioni di fatto, con il quale i governi venivano esplicitamente sollecitati a cancellare le leggi, ove esistenti, a sostegno delle unioni civili. Le tesi sono sempre le stesse e «puzzano» di stantìo: «l’uguaglianza di fronte alla legge deve rispettare il principio di giustizia, che esige che si tratti ciò che è uguale come uguale, ciò che è diverso come diverso […] Le unioni di fatto sono conseguenza di rapporti privati e su questo piano privato dovrebbero restare».

Il 26 gennaio 2003, il papa ha definito le unioni affettive diverse dal matrimonio «una caricatura della famiglia». Il 28 marzo 2007 la Conferenza Episcopale Italiana ha emesso una nota pastorale, ancora una volta estremamente chiusa a ogni riconoscimento delle unioni civili.

La linea è così chiara ed esplicita che c’è stato qualche parroco che si è addirittura rifiutato di battezzare il figlio di una coppia di fatto.

Non tutto il mondo cattolico è così monoliticamente ossessionato dalle coppie “peccaminose”: l’Azione Cattolica nel marzo del 2000, pur condannando la votazione del Parlamento europeo sulle coppie gay, ha ammesso che le tante richieste di legalizzazione sono la spia di una «situazione di sofferenza» a cui si dovrebbe «andare incontro».

COPPIE GAY*

Le coppie gay soffrono, in Italia, della stessa mancanza di diritti delle coppie eterosessuali.

Se la Chiesa cattolica vede come il fumo negli occhi le convivenze eterosessuali, figuriamoci quelle omo: un documento della Congregazione per la dottrina della fede del 1992, dopo aver concesso che gli omosessuali sono «persone umane» come le altre, sostiene poi che «vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale […] a motivo di un comportamento esterno obbiettivamente disordinato».

Nell’ottobre 2000 un ennesimo documento ha giustificato la disparità di trattamento nei confronti di gay e lesbiche con la loro «oggettiva impossibilità di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita»: una tesi veramente insulsa poiché, secondo la loro logica contorta, della stessa discriminazione dovrebbero essere passibili le coppie eterosessuali sterili.

A oggi, in Italia, l’unico riconoscimento ottenuto è quello della possibilità di partecipare ai bandi per l’assegnazione di alloggi popolari (in prima fila il Comune di Bologna con una propria delibera del 1992).

Il 21 ottobre 2002 una coppia gay di Pisa è riuscita, grazie alla doppia cittadinanza di uno dei partner, a ufficializzare la propria relazione presso il consolato francese in Italia.

*da UAAR.it


Infine vi segnalo un blog; non è altro che un progetto fotografico avente ad oggetto le nuove famiglie:


www.lenuovefamiglie.blogspot.com

domenica 9 dicembre 2007

Noi siamo sinceri


La qualità delle nostre azioni è generata dal meccanismo sociale della sanzione, cioè dalle conseguenze negative a cui è soggetto colui che si sottrae agli standard socialmente definiti. Ovvero, talvolta il perseguire o meno un determinato comportamento dipende dal bilancio complessivo dei giudizi delle persone a noi care come quelle più lontane, ma del cui giudizio siamo comunque in un certo senso spaventati, e a causa dei quali potremmo vivere esperienze anche molto negative.

Abbandonando l'idea di un'etica sociale innata nell'uomo, la morale(ed i connessi giudizi di qualità sulle nostre azioni) può essere interpretata come il frutto di un processo evolutivo, che nasce senza la programmazione di alcuno, frutto inintenzionale delle interazioni sociali:

"Le nostre continue osservazioni sugli altri ci guidano, insensibilmente a formarci certe regole generali relative a ciò che è adeguato e appropriato fare o evitare".(Adam Smith, The Theory of Moral Sentiments).

Ma se tali regole sociali di condotta sono frutto di un processo naturale ed evolutivo, perchè talune azioni, spinte da un desiderio così semplice e naturale come quello d'amare, di creare bellezza, sono giudicate riprovevoli? Forse che esiste un dittatura morale della maggioranza? Ma la morale non può definirsi tale proprio perché esiste un suo opposto rappresentato dai comportamenti devianti di una minoranza? Più che di regole generali della moralità si dovrebbe parlare di leggi conformiste della maggioranza; e perché un amore così antico come quello omosessuale, antico come l'amore stesso, viene mal visto se non perseguitato?
Forse qualcuno ergendosi a paladino, guardiano e censore di quei valori morali necessari per elevare la nostra esistenza ha calpestato quei delicati e fragili principi inerenti la libertà individuale? Calpestati, soppressi o trasformati in nome di principi più alti della libertà stessa?

In un piccolo centro o un grande centro, ma chiuso, l'immagine che gli altri hanno di noi e che ci rinviano è frutto di un meccanismo di scambio che è naturalmente più rigido e meno soggetto a variazioni; è per questo che Sebastian e Juan Paulo hanno voluto superare tali rigidità, non rappresentare più la novità, lasciando Cali e sono partiti per una città di passaggio, una città di studenti, una città francese.

A Nizza cercavano tutto quello che si sono fatti mancare a Cali. Hanno chiesto e trovato rispetto, hanno vissuto assieme come migliori amici, coppia e amanti, alla luce del sole. Sono tornati sconosciuti, liberi, hanno conquistato nuova forza e consapevolezza, perché non si sono sentiti legati al territorio, alla gente, ma nuovamente a loro stessi. Non si sono sentiti rifiutati o non accettati, perché semplicemente non appartenevano al posto.


Il problema non sarà tornare in Colombia, a Cali dove con i suoi 2 milioni e mezzo di abitanti è facile ritrovare l'anonimato, ma a casa. Potremo liberarci della nostra casa, delle nostre ancore? Potremo costruirci una nuova casa?

Generare e possedere una casa, un nido, è un diritto alla stregua del diritto di amare. E' un desiderio che genera felicità è, o dovrebbe essere, insopprimibile, il combattere per questo diritto è indice di vitalità ed identifica una persona sana, lucida, cosciente. Un desiderio naturale ed onesto, Juan e Sebastian sono vivi, coscienti, onesti, per questo sono tornati a casa.


Io voglio essere libero d'amare


La libertà è una condizione molto fragile, che seppure riconosciuta formalmente quasi sempre di fatto è compromessa. In un piccolo posto, una piccola città, una provincia, la libertà si perde, o non la si conquista mai, con la perdita dell'anonimato. In un posto dove il controllo sociale è forte il margine di libera espressione è sempre limitato, un controllo che non è esercitato da un governo o un'autorità troppo zelante, ma un controllo frutto dei nostri stessi rapporti. Noi diventiamo schiavi a causa di noi stessi, invischiati in una fitta ragnatela di relazioni stabili ma fragili, trasparenti ma non sincere, non pronte al cambiamento, non pronte all'apertura. Il rischio è di esser chiusi in un ruolo, la paura è di romperlo, il risultato è la perdita della propria anima, la soluzione è l'apertura.

Il trionfo del relativismo non è altro che l'altra faccia dell'apertura, laddove cadono valori assoluti, cade "un punto di vista privilegiato sul mondo" tutto è in discussione, tutto è "falsificabile" , noi torniamo il metro e la misura di noi stessi:

"Io giudico la tua vita in base alla mia, il tuo orecchio in base al mio, la tua ragione in base alla mia ragione, il tuo rancore in base al mio rancore, il tuo amore in base al mio amore. Non ho e non posso avere altro modo di giudicarli" (Adam Smith, The Theory of Moral Sentiments).

Nel desiderio di essere accettato e amato, ho misurato la mia condotta attraverso le aspettative ed il giudizio degli altri e conseguentemente ho cercato di adeguarmi a quanto richiesto per essere accettato come controparte nell' interscambio sociale. Sono arrivato al punto di cambiare le mie decisioni e agire contro le mie inclinazioni, per avere il piacere di continuare ad apparire nell'opinione di qualcuno come so di non essere in realtà.

Ma un mondo sempre più aperto e globalizzato significa anche possibilità di evadere, di reinventarsi, di essere nessuno e centomila, liberi per il piacere di esserlo, per la necessità di esserlo, alla ricerca del giusto metro per poter coincidere con noi stessi. Per questo sono partito e ho cercato la mia libertà altrove.

Io sono Juan Paulo, sono colombiano e voglio essere libero d'amare.

giovedì 6 dicembre 2007

martedì 4 dicembre 2007

Noi ci siamo ritrovati


Anche a Vilnius, come in qualsiasi parte del mondo è continua la ricerca della propria parte mancante; questi due giovani ragazzi lituani sono felici di essersi ritrovati e si godono la vita senza ansia di perdersi, in Lituania come in Italia, favorita dal romantico paesaggio romano la loro unione sembra salda e sana. Due ragazzi che sembrano sazi e appagati d'amore, ma nonostante ciò conservano un legame forte e aperto che si alimenta del mondo circostante perchè stare assieme oggi vuol dire vivere, condividere e fare cose assieme.

Spesso è il caso a decidere, ma ciò non toglie che il nostro desiderio di condividere con qualcuno la nostra esistenza sia insopprimibile perchè da soli facciamo sempre più difficoltà a definirci uomini, come esseri sociali, e solo grazie allo specchio reciproco delle nostre anime affini arriviamo a considerarci vivi. Una magica armonia che come i ritmi più semplici trascende le lingue e le culture e andando in fondo all'animo ci dimostra la sua universalità ed umanità.



"L'armonia infatti è una consonanza, e una consonanza è una sorta di accordo.Ora, l'accordo di elementi opposti, se permangono opposti, è impossibile, e d'altro canto non può esserci armonia tra ciò che si oppone e non si accorda: nello stesso modo il ritmo nasce dal rapido e dal lento, cioè da elementi all'inizio opposti che in seguito si accordano. E come prima la medicina, adesso è la musica che introduce l'accordo tra tutti questi elementi, creando amore reciproco e accordo. E dunque la musica è essa stessa, nell'ordine dell'armonia e del ritmo, una scienza dei fenomeni dell'amore."*

*Da il Simposio

domenica 2 dicembre 2007

La natura della specie umana





"Ma innanzitutto bisogna che conosciate la natura della specie umana e quali prove essa ha dovuto attraversare. Nei tempi andati, infatti, la nostra natura non era quella che è oggi, ma molto differente. Allora c'erano tra gli uomini tre generi, e non due come adesso, il maschio e la femmina.
Ne esisteva un terzo, che aveva entrambi i caratteri degli altri. Il nome si è conservato sino a noi, ma il genere, quello è scomparso. Era l'ermafrodito, un essere che per la forma e il nome aveva caratteristiche sia del maschio che della femmina. [...]
Questi ermafroditi erano molto compatti a vedersi, e il dorso e i fianchi formavano un insieme molto arrotondato. Avevano quattro mani, quattro gambe, due volti su un collo perfettamente rotondo, ai due lati dell'unica testa. Avevano quattro orecchie, due organi per la generazione, e il resto come potete immaginare. Si muovevano camminando in posizione eretta, come noi, nel senso che volevano. E quando si mettevano a correre, facevano un po' come gli acrobati che gettano in aria le gambe e fan le capriole: avendo otto arti su cui far leva, avanzavano rapidamente facendo la ruota. La ragione per cui c'erano tre generi è questa, che il maschio aveva la sua origine dal Sole, la femmina dalla Terra e il genere che aveva i caratteri d'entrambi dalla Luna, visto che la Luna ha i caratteri sia del Sole che della Terra. La loro forma e il loro modo di muoversi era circolare, proprio perché somigliavano ai loro genitori. Per questo finivano con l'essere terribilmente forti e vigorosi e il loro orgoglio era immenso. Così attaccarono gli dèi e quel che narra Omero di Efialte e di Oto, riguarda gli uomini di quei tempi: tentarono di dar la scalata al cielo, per combattere gli dèi.
Allora Zeus, dopo aver laboriosamente riflettuto, ebbe un'idea. "lo credo - disse - che abbiamo un mezzo per far sì che la specie umana sopravviva e allo stesso tempo che rinunci alla propria arroganza: dobbiamo renderli più deboli. Adesso - disse - io taglierò ciascuno di essi in due, così ciascuna delle due parti sarà più debole. Ne avremo anche un altro vantaggio, che il loro numero sarà più grande. Essi si muoveranno dritti su due gambe, ma se si mostreranno ancora arroganti e non vorranno stare tranquilli, ebbene io li taglierò ancora in due, in modo che andranno su una gamba sola, come nel gioco degli otri." Detto questo, si mise a tagliare gli uomini in due, come si tagliano le sorbe per conservarle, o come si taglia un uovo con un filo. [...]
Quando dunque gli uomini primitivi furono così tagliati in due, ciascuna delle due parti desiderava ricongiungersi all'altra. Si abbracciavano, si stringevano l'un l'altra, desiderando null'altro che di formare un solo essere. E così morivano di fame e d'inazione, perché ciascuna parte non voleva far nulla senza l'altra. E quando una delle due metà moriva, e l'altra sopravviveva, quest'ultima ne cercava un'altra e le si stringeva addosso - sia che incontrasse l'altra metà di genere femminile, cioè quella che noi oggi chiamiamo una donna, sia che ne incontrasse una di genere maschile. E così la specie si stava estinguendo. Ma Zeus, mosso da pietà, ricorse a un nuovo espediente. Spostò sul davanti gli organi della generazione. Fino ad allora infatti gli uomini li avevano sulla parte esterna, e generavano e si riproducevano non unendosi tra loro, ma con la terra, come le cicale. Zeus trasportò dunque questi organi nel posto in cui noi li vediamo, sul davanti, e fece in modo che gli uomini potessero generare accoppiandosi tra loro, l'uomo con la donna. Il suo scopo era il seguente: nel formare la coppia, se un uomo avesse incontrato una donna, essi avrebbero avuto un bambino e la specie si sarebbe così riprodotta; ma se un maschio avesse incontrato un maschio, essi avrebbero raggiunto presto la sazietà nel loro rapporto, si sarebbero calmati e sarebbero tornati alle loro occupazioni, provvedendo così ai bisogni della loro esistenza.

E così evidentemente sin da quei tempi lontani in noi uomini è innato il desiderio d'amore gli uni per gli altri, per riformare l'unità della nostra antica natura, facendo di due esseri uno solo: così potrà guarire la natura dell'uomo. Dunque ciascuno di noi è una frazione dell'essere umano completo originario. Per ciascuna persona ne esiste dunque un'altra che le è complementare, perché quell'unico essere è stato tagliato in due, come le sogliole. E' per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua parte complementare. Stando così le cose, tutti quei maschi che derivano da quel composto dei sessi che abbiamo chiamato ermafrodito si innamorano delle donne, e tra loro ci sono la maggior parte degli adulteri; nello stesso modo, le donne che si innamorano dei maschi e le adultere provengono da questa specie; ma le donne che derivano dall'essere completo di sesso femminile, ebbene queste non si interessano affatto dei maschi: la loro inclinazione le porta piuttosto verso le altre donne ed è da questa specie che derivano le lesbiche. I maschi, infine, che provengono da un uomo di sesso soltanto maschile cercano i maschi.
Queste persone - ma lo stesso, per la verità, possiamo dire di chiunque - quando incontrano l'altra metà di se stesse da cui sono state separate, allora sono prese da una straordinaria emozione, colpite dal sentimento di amicizia che provano, dall'affinità con l'altra persona, se ne innamorano e non sanno più vivere senza di lei - per così dire - nemmeno un istante. E queste persone che passano la loro vita gli uni accanto agli altri non saprebbero nemmeno dirti cosa s'aspettano l'uno dall'altro. Non è possibile pensare che si tratti solo delle gioie dell'amore: non possiamo immaginare che l'attrazione sessuale sia la sola ragione della loro felicità e la sola forza che li spinge a vivere fianco a fianco. C'è qualcos'altro: evidentemente la loro anima cerca nell'altro qualcosa che non sa esprimere, ma che intuisce con immediatezza.

Io però parlo in generale degli uomini e delle donne, dichiaro che la nostra specie può essere felice se segue Eros sino al suo fine, così che ciascuno incontri l'anima sua metà, recuperando l'integrale natura di un tempo. Se questo stato è il più perfetto, allora per forza nella situazione in cui ci troviamo oggi la cosa migliore è tentare di avvicinarci il più possibile alla perfezione: incontrare l'anima a noi più affine, e innamorarcene."*


*Da il Simposio






giovedì 29 novembre 2007

Sull' amore


Sull'amore
Allora Almitra disse: parlaci dell'Amore.
E lui sollevò la stessa e scrutò il popolo e su di esso calò una grande quiete.
E con voce ferma disse:
Quando l'amore vi chiama, seguitelo.
Anche se le sue vie sono dure e scoscese.
E quando le sue ali vi avvolgeranno, affidatevi a lui.
Anche se la sua lama, nascosta tra le piume vi può ferire.
E quando vi parla, abbiate fede in lui,
Anche se la sua voce può distruggere i vostri sogni come il vento del nord devasta il giardino.

Poiché l'amore come vi incorona così vi crocefigge. E come vi fa fiorire così vi reciderà.
Come sale alla vostra sommità e accarezza i più teneri rami che fremono al sole,
Così scenderà alle vostre radici e le scuoterà fin dove si avvinghiano alla terra.
Come covoni di grano vi accoglie in sé.
Vi batte finché non sarete spogli.
Vi staccia per liberarvi dai gusci.
Vi macina per farvi neve.
Vi lavora come pasta fin quando non siate cedevoli.
E vi affida alla sua sacra fiamma perché siate il pane sacro della mensa di Dio.

Tutto questo compie in voi l'amore, affinché possiate conoscere i segreti del vostro cuore e
in questa conoscenza farvi frammento del cuore della vita.
Ma se per paura cercherete nell'amore unicamente la pace e il piacere,
Allora meglio sarà per voi coprire la vostra nudità e uscire dall'aia dell'amore,
Nel mondo senza stagioni, dove riderete ma non tutto il vostro riso e piangerete,
ma non tutte le vostre lacrime.

L'amore non dà nulla fuorché sé stesso e non attinge che da se stesso.
L'amore non possiede né vorrebbe essere posseduto;
Poiché l'amore basta all'amore.

Quando amate non dovreste dire" Ho Dio nel cuore ", ma piuttosto, " Io sono nel cuore di Dio". E non crediate di guidare l'amore, perché se vi ritiene degni è lui che vi guida.

L'amore non vuole che compiersi.
Ma se amate e se è inevitabile che abbiate desideri, i vostri desideri hanno da essere questi: Dissolversi e imitare lo scorrere del ruscello che canta la sua melodia nella notte.
Conoscere la pena di troppa tenerezza.
Essere trafitti dalla vostra stessa comprensione d'amore,
E sanguinare condiscendenti e gioiosi.
Destarsi all'alba con cuore alato e rendere grazie per un altro giorno d'amore
Riposare nell'ora del meriggio e meditare sull'estasi d'amore;
Grati, rincasare la sera;
E addormentarsi con una preghiera in cuore per l'amato e un canto di lode sulle labbra.



Kahlil Gibran

Io sono innamorato


giovedì 15 novembre 2007

Io sono Ina


Io sono tempo


Io ho riconquistato il tempo. Non un tempo qualsiasi, ma il mio tempo. Sebbene possa sembrare il contrario, il tempo non è universale, non è unico e non è immutabile. Nelle infinità dello spazio non esistono due tempi uguali e nemmeno un unico tempo.


Tempo. Einsten capì che non bastava dire "io sono qui", ma "io sono qui, adesso". Lo spazio rappresenta la dimensione sulla quale camminiamo all'interno della dimensione tempo. Per lungo tempo spazio e tempo grossomodo sono coincisi, poi è nata la modernità:

"allorché spazio e tempo vengono disgiunti tra loro e dall’esperienza di vita quotidiana, diventando in tal modo teorizzabili come categorie distinte e indipendenti di strategia e azione; allorché cessano di essere, come avvenuto nei lunghi secoli premoderni, gli aspetti interconnessi e dunque a mala pena distinguibili dell’esperienza di vita, racchiusi in uno stabile e apparentemente invulnerabile rapporto diretto (Bauman, 2000, p. XIV)".


Siamo riusciti a scindere lo spazio dal tempo, eludendo quest'ultimo, istantaneizzando le azioni, il mito della velocità è stato già superato dal mito della istantaneità, nell'idea di non poter fermare il tempo, ma solo renderlo più produttivo. La relatività non può esistere senza il tempo, e quest'ultimo non è altro che un aspetto relativo della nostra esistenza.


L’istante in cui il genere umano è riuscito a raggiungere un accordo per creare un tempo unitario accettato a livello mondiale, intendendo con “tempo unitario” quel “qualcosa che accade tra due punti”, ha dimostrato che nonostante tutte le elucubrazioni del passato, il tempo è un artificio umano creato per le nostre esigenze e per semplificarci l’esistenza (McLuhan, 1964, p. 155).



Abbiamo superato l'intangibilità della sfera temporale tramite un artificio, regolandoci con giorni, ore, minuti, secondi, frazioni unitarie di quel che succede in due momenti diversi, un modo per definire quel che succede tra un inizio e una fine, non potendo coglierne l'essenza, o meglio non potendo misurarne l'essenza. Il tempo è un artificio umano per spiegare le nostre evoluzioni, forse Dio è il tempo.


Il mio viaggio allo stesso modo, è stato definito da un inizio e una fine, il viaggio come il minuto, quel che accade tra due momenti diversi. Un processo di cui è difficile cogliere l'essenza, ma nonostante tutto ho preferito soffermarmi sul processo, sul tempo. Ho rigettato la compressione dello spazio durante il viaggio, avrei potuto velocizzare l'attraversamento spaziale tentando di annullare il tempo. Ma io mi sono ripreso il tempo, l'ho dilatato, rivissuto , non solo attraversato. Durante il viaggio le mie azioni sono coincise con il mio tempo, c'è stata coincidenza tra me e il tempo. Io sono diventato tempo. Un processo durante il quale sono diventato libero, ricco, di tempo e quindi di me.



"La velocità che è una virtù genera un vizio che è la fretta"


mercoledì 14 novembre 2007

Il viaggio di Yoshi


Yoshi è una di quelle perle, alla Flavien, che ti capita di incontrare non spesse volte nei tuoi viaggi di vita




Linea nera: 1° viaggio, stroncato una notte a colpi di coltello


Linea rossa: 2° viaggio, il continente euro-asiatico est-ovest

domenica 4 novembre 2007

Io sono Yoshi


L'apertura è l'unica condizione possibile se si vuole vivere mentre si attraversano 24 paesi diversi, è la condizione sine qua non per la sopravvivenza. Un contadino giapponese decide così di mettersi in discussione a tutti i costi. Un primo tentativo tre anni fa, culminato in una rapina, un'aggressione, accoltellate alla schiena e un volo da un pullman in corsa nel pieno della notte in Bangladesh. Un anno per riprendersi in cui la voglia di ripartire monta man mano che le cicatrici si rimarginano.


Un anno e tre mesi fa si riparte: Taiwan, Cina, Nepal, Bangladesh, India, Pakistan, Iran, Turchia, Bulgaria, Serbia, Ungheria, Germania, Olanda, Francia, Italia; dopo aver già attraversato tre anni prima Russia, Mongolia, Cina, Vietnam, Laos, Cambogia, Thailandia, Malesia, Indonesia, Birmania, Nepal, India, fino all'incidente in Bangladesh. Nonostante l'aggressione si riafferma che l' apertura è l'unica condizione possibile, non sufficiente, ma necessaria.


Una condizione in cui la fiducia è l'elemento per calmierare l'apertura verso il prossimo, per continuare. Un viaggiatore e uno straniero non si possono concedere il lusso della chiusura, al prezzo di diventare un semplice turista, un consumatore indifferente che per questo riceve indifferenza reciproca. Un viaggiatore non può vivere di stereotipi alimentarli. Il suo è un processo di scoperta continuo, in cui i pregiudizi e gli stereotipi non possono che essere superati e sostituiti nella ricerca stessa. Nulla è stabilito, nulla è confermato, c'è solo da riconfermare continuamente la propria persona, la propria identità. In un processo che ci trasforma continuamente si sente il bisogno di vivere il momento, il giorno. Io sono adesso, Io sono oggi.


Io sono una delle persone fortunate che ha incontrato Yoshi durante il suo lungo viaggio.Un anno e tre mesi fa Yoshi partiva dal Giappone, lasciava la sua risaia per percorrere in direzione est-ovest, solo con mezzi di terra, il continente euro-asiatico. Un viaggio lungo in cui ha avuto la possibilità di reinventarsi, riscoprirsi e riconfermarsi ad ogni passo, dall'autostop nel deserto del Gobi agli altopiani del Tibet, dalle vette del mondo al mangiare insetti fritti in Cambogia, dalle fabbriche d'armi in Pakistan al fumare oppio e basare cocaina in Iran, fino all'arrivo in Europa con i suoi eccessi di alcool. Un viaggio di mille colori e mille volti, in cui anche la propria persona diventa mutevole e variopinta, adagiandosi sui mille letti improvvisati e in cui l'io e il luogo lasciano posto ad un lungo presente.

Io sono adesso, Io sono l'ebbrezza di andare; senza direzione, senza guida, senza alcuna pressione o indicazione, l' ebbrezza di definire la strada alla fine del percorso, l'ebbrezza di scoprire cammin facendo, di essere nessuno e centomila, essere nel presente, dilatare il tempo per scoprirsi allora vivi quando ci si è fermati. Io sono libero dal tempo e dallo spazio. Io sono la sensazione di vivere la pienezza di un luogo nell' attraversare le mille vite altrui.

Adesso, Io sono la consapevolezza di volere un luogo in cui vivere avendo costruito un nuovo io che mi dia il tempo. Io ho capito dopo questo lungo viaggio, dopo aver vissuto mille vite, di voler vivere la mia vita adesso. Un viaggio circolare di auto affermazione in cui l'arrivo è stato se stessi. Io sono Shirahata Yoshimasa e sto tornando a casa.



La ricerca del viaggiatore


Si guardò attorno come se vedesse per la prima volta il mondo. Bello era il mondo, variopinto, raro e misterioso era il mondo! Qui era azzurro, là giallo, più oltre verde, il cielo pareva fluire lentamente come i fiumi, immobili stavano il bosco e la montagna, tutto bello, tutto enigmatico e magico, e in mezzo v’era lui, Siddharta, il risvegliato, sulla strada che conduce a se stesso (Hesse, 1969, p. 75).


Come disse Goethe, “in ogni distacco c’è un germe latente di follia”. Infatti la domanda è legittima: perché privarsi di tutte le certezze e sicurezze che si hanno per andare incontro ad una situazione che, sicuramente prima o poi, ci troverà impreparati e a disagio? Perché abbandonare il nostro “nido” accogliente, la nostra “oasi di pace”, alla ricerca dell’ignoto, ricerca che dovrà obbligatoriamente passare attraverso ostacoli ed insidie? Perché l’uomo, da sempre, nel momento in cui si sente particolarmente a suo agio in un luogo, inizia a bramare di trovarsi altrove?

La risposta si può forse trovare pensando che l’uomo è innanzi tutto un essere dalla spiccata curiosità, che ha bisogno di cercare, capire, investigare, porsi domande insolubili e magari spendere gran parte della sua vita nella vana ricerca delle risposte:


È così che l’uomo ha sempre fatto, mi dicevo. Ha sperato che lontano da , in un altro luogo e in un altro tempo, ci fosse la chiave per aprire la porta di tutti i segreti. (...) E ogni tanto qualcuno, a rischio di tutto, si è messo in cammino a cercare. Per questo in ogni civiltà c’è il mito del viaggiatore-eroe; il figlio degli dei che si perde e torna, prodigo, dopo un lungo peregrinare (Terzani, 2004, p. 197).


Il viaggio, in quanto metafora dell’esistenza umana, racchiude la quinta essenza dell’uomo insoddisfatto delle certezze acquisite e desideroso di acquisirne di nuove.

[Il viaggiatore] è una persona che come molte altre cerca di capire, tramite le esperienze, il senso della sua e delle altrui esistenze. Nessun livello di comprensione e conoscenza lo appaga completamente, in quanto si rende conto che il sapere è talmente vasto ed infinito da non poterlo cogliere nel tempo di una sola vita. [..] Non accetta dogmi, né conclusioni definitive. Quando si sente ormai tranquillo, vuol dire che è arrivato il momento di riprendere il cammino interno ed esterno.

[..] Questa ricerca incessante tocca livelli diversi di comprensione. Ma ogni tipo di spostamento e di viaggio ne produce certamente una:


Solo molto lentamente cominciamo a prendere in considerazione il fatto che durante il viaggio noi stessi cambiamo a ogni passo, con ogni immagine che ci viene presentata in qualche commento casuale mentre giorno per giorno apprendiamo la lingua, e dei suoni e dei gesti senza senso cominciano a risolversi in elaborate strutture di comportamento (Mead, 1977, p. 24).


[..] Da questo momento in cui il mondo circostante parve disciogliersi intorno a lui, in cui egli rimase abbandonato come in cielo una stella solitaria, da questo momento di gelo e di sgomento Siddharta emerse, più di prima sicuro del proprio Io, vigorosamente raccolto. Lo sentiva: questo era stato l’ultimo brivido del risveglio, l’ultimo spasimo del nascimento. E tosto riprese il suo cammino, mosse il passo rapido e impaziente, non più verso casa, non più verso il padre, non più indietro (Hesse, 1969, . 78).

Il viaggio, sia nel caso che si svolga in compagnia, sia che si svolga da soli, è innanzitutto un modo per relazionarsi con se stessi. Già il coraggio di andare distingue coloro che vogliono osare da coloro che temono di rimettersi in discussione:

Perché in definitiva sentirsi mobili, disancorati, erranti significa tentare d’indagare la “belva attenta e funesta” annidata dentro la temporalità. E dunque dentro ciascuno di noi. È una strategia per affrancarsi dalle anomalie e dalle perversioni del tempo. E ancora: ciò che spinge le soggettività verso l’erranza è il bisogno di sfuggire all’abitudine e alla noia, anche attraverso esperienze liminari ed estreme (... ) alla ricerca di qualcosa di nuovo (Giordano, 2005, p. 81).


[..] il viaggiatore diventa o potenzialmente potrebbe assumere un’entità ambigua, svincolata da tutto e da tutti, enigmatica, ibrida. La sua identità rimane vaga, a meno che essa non diventi un tutt’uno con l’immagine stereotipata del viaggiatore stesso.

[..] Il momento in cui si percepisce di essere materia plastica, pronta per essere plasmata, è un istante di pura adrenalina che fa sentire ebbri ed impulsivi. Ci si lascia trasportare e si compiono azioni che mai prima d’ora si sarebbe pensato di poter compiere. Questo è uno di quegli istanti in cui si prova una gioia incondizionata, spensierata. Felicità allo stato puro, senza vincoli e senza certezze. La felicità che, anno dopo anno, spinge costantemente a reiterare l’esperienza del viaggio.***



*** dalla tesi di Micol Rosso "Il neo-nomadismo nell'era globale: viaggiatori del XXI secolo"


venerdì 26 ottobre 2007

Io sono un viaggiatore


Io sono Yoshi.

Il valore della libertà

Qual è stata la strada che ci ha condotto dove siamo, quale la forma di governo sotto la quale è cresciuta la nostra grandezza, quali le tradizioni da cui essa è scaturita? Se guardiamo le leggi, esse danno a tutti, nelle loro controversie private, uguale giustizia. La libertà di cui godiamo sotto il nostro governo si estende anche alla nostra vita quotidiana. Ma tutta questa tranquillità nelle nostre relazioni private non ci rende cittadini senza legge. Contro questo pericolo sta la nostra più grande difesa, quella che c'insegna a obbedire ai magistrati e alle leggi, particolarmente a quelle che ricordano la tutela del danneggiato, siano esse incluse nel libro delle leggi o facciano parte di quel codice che, benché mai scritto, non può certo essere violato senza riconosciuta ignominia.

PERICLE






"Perché possano continuare a conservare la loro influenza sulla mente umana, le antiche verità devono esser riaffermate nella lingua e secondo i concetti delle generazioni successive. Quelle che un tempo furono le loro più efficaci espressioni, a poco a poco sono state logorate dall'uso, tanto da non aver più un significato preciso. Le idee fondamentali continuano a essere perfettamente valide, ma le parole, anche quando si riferiscono a problemi che ancora sussistono, non suscitano più le stesse convinzioni; gli argomenti non si muovono più in un contesto a noi familiare e raramente forniscono una risposta diretta agli interrogativi da noi posti." *


Che esseri liberi convivano in reciproci rapporti, aiutandosi gli uni agli altri, senza essere reciprocamente di impaccio nel loro sviluppo, è possibile solamente mediante il riconoscimento di una invisibile linea di confine entro la quale l'esistenza e l' attività di ciascuno possa godere di uno spazio libero e sicuro. La regola, che fissa quel confine e determina questo spazio libero, è il diritto. Tale insieme di regole non è rivolto ad alcun individuo particolare, ma a tutti gli individui.


"Quel che una società libera offre all'individuo è molto più di quanto egli sarebbe capace di fare per il solo fatto di essere libero. Non possiamo, dunque, valutare pienamente il valore della libertà, fino a quando non sapremo come una società di uomini liberi differisca da una società nella quale prevalga l'assenza di libertà.

[...]Dal momento che il valore della libertà si basa sulle opportunità che essa fornisce per azioni non previste e impredicibili, raramente siamo in grado di apprezzare cosa perdiamo in conseguenza di una particolare restrizione di essa. Ogni restrizione, ogni coercizione diversa dalla implementazione di regole generali ha per scopo il raggiungimento di qualche particolare risultato prevedibile, ma di solito non è noto ciò che essa impedisce. Gli effetti diretti di ogni intervento sono chiaramente visibili, ma altrettanto spesso gli effetti remoti e indiretti non saranno noti e quindi verranno trascurati. Noi non saremo mai completamente a conoscenza di tutti i costi resi necessari dal perseguimento di un particolare risultato, attuato mediante tale interferenza."*



*F. A. von Hayek - La società libera

giovedì 25 ottobre 2007

I am because You are

Io sono Godze. Io sono turca. Io vengo da Istanbul.


domenica 21 ottobre 2007

I am because You are


Io vengo da una città che fu prima baluardo d'Occidente e poi divenne baluardo d'Oriente. Una città in cui nacque il diritto romano, la base del diritto di molti Stati Moderni. Oggi, dovremmo ritrovare la forza di quelle stesse leggi nell' ambizione di diventare europei.

L'Unione europea è aperta a tutti i paesi europei che soddisfano i criteri democratici, politici ed economici per l'adesione. La Turchia, da tempo legata all'Unione europea da un accordo di associazione, ha presentato la propria domanda di adesione nel 1987. A causa della posizione geografica e della storia politica di tale paese, l'UE ha esitato a lungo prima di accettarne la candidatura. Solamente nell'ottobre 2005 il Consiglio europeo ha infine aperto i negoziati per la sua adesione, parallelamente a quelli per l'adesione di un altro paese candidato, la Croazia, ma non è stata ancora fissata una data per l'entrata in vigore dei trattati di adesione di questi due paesi al termine dei negoziati.

Ma nel far incontare due continenti dove finisce l' Europa?

Le discussioni che nella maggior parte degli Stati membri hanno accompagnato la ratifica del trattato costituzionale dell'UE hanno mostrato i dubbi albergati dai cittadini europei sulla questione dei confini finali dell'Unione europea e della sua identità. Non esistono risposte semplici a tali interrogativi, tanto più che ogni paese ha una visione diversa dei propri interessi geopolitici ed economici. I paesi baltici e la Polonia sono favorevoli all'adesione dell'Ucraina. Il possibile ingresso della Turchia solleverà la questione dello status di alcuni paesi caucasici come la Georgia e l'Armenia.
L'Islanda, la Norvegia, la Svizzera e il Liechtenstein, pur soddisfacendo le condizioni per l'adesione, non sono membri dell'Unione europea in quanto l'opinione pubblica di tali paesi non è attualmente a favore dell'adesione. Permane poi il problema della situazione politica della Bielorussia e della posizione strategica della Moldova, ed è evidente che l'eventuale adesione della Russia comporterebbe squilibri politici e geografici inaccettabili in seno all'Unione europea.


Inoltre non si vuole che i cittadini europei abbiano l'impressione che la loro identità nazionale o regionale si perda all'interno di un' Europa standardizzata. Ma il punto è questo, fin dove possiamo spingerci senza avere una crisi d'identità? Di fatto è bastato un piccolo passo d'apertura per mettere in moto un processo senza soluzione di continuità. Nel momento in cui viene ammessa l'identità europea delle ex-repubbliche sovietiche s'innesca un domino che ci potrebbe portare fino in Siberia o al confine con l'Iraq. Sarebbe un processo profondamente riflessivo in cui potremmo smettere di identificarci con dei caratteri europei, così come profondamente disorientante sarebbe per i nostri vicini, spingendoli a domandarsi quale siano le loro radici e quali saranno le loro prossime ramificazioni.


Voler allargare l'UE allora diventa un processo che presuppone l'abbandono della propria identità? Ma se potessimo farne a meno? Evitare sciocche precisazioni su radici cristiane dell' Europa o su tratti percepiti come fortemente caratterizzanti delle nazioni europee. Ma è anche vero che l'Unione Europea è tale perchè vuole marcare una differenza rispetto agli altri, non potremmo considerarci europei se gli altri non fossero diversi, e allora dove fermarci? Perchè la Romania sì e la Croazia no? E l' Albania, la Serbia? La Polonia sì e l'Ucraina no?

Forse che più andiamo avanti più diventiamo consapevoli di come e quanto siano intrecciate le nostre storie e le nostre origini, implicando così che di fatto non ci sia un principio in base al quale valutare un paese più europeo di un altro. O qualche principio esiste, ma non è rintracciabile tra le nostre tavole, lingue o abitudini. Piuttosto una comunità di principi afferenti la libertà, la cui condivisione non è preclusa a nessuno, a prescindere dalla propria identità nazionale.

giovedì 18 ottobre 2007

Io sono turca



Il mio paese assieme alla Croazia sta negoziando da Ottobre 2005 l' ingresso nell' Unione europea; siamo insieme alla Macedonia, i tre nuovi paesi candidati. Ma per noi il procedimento sarà più lungo degli altri, per questo, quel che conta ora non è l' arrivo, ma il viaggio.


Il cuore dello sviluppo della Unione europea è stato per decenni l'allargamento e l'integrazione di nuovi paesi , la cui essenza è valicare le divisioni tra stati e contribuire alla pacifica unificazione del continente. Politicamente l'allargamento della Ue ha favorito una pronta risposta ai maggiori cambiamenti degli ultimi decenni come la caduta di dittature e il collasso del regime comunista. Ha consolidato la democrazia, i diritti umani e la stabilità lungo il continente, l'allargamento riflette l'essenza della Ue come potere soft, che ha raggiunto molti più risultati tramite le sue spinte gravitazionali esterne di quelli raggiungibili con altri mezzi. Economicamente l'allargamento ha aiutato la competitività e la prosperità di tutti gli stati membri, permettendo all'Unione allargata di rispondere meglio ai cambiamenti globali, aumentandone il peso nello scacchiere internazionale.


Una famiglia allargata di paesi all'interno della quale non si combatte da 60 anni, ma si coopera e si compete assieme; non un nuovo stato, non una nuova organizzazione internazionale per la cooperazione, ma un' Unione di diversità. Oggi sono 27 stati membri, con l'ingresso di Romania e Bulgaria , e 490 milioni di persone e di teste. L' Unione europea può ora ritenere a giusto titolo di rappresentare un continente, dall'Atlantico al Mar Nero essa riunisce per la prima volta la parte occidentale e la parte orientale dell'Europa, separate dalla guerra fredda 60 anni fa.


Sono stati ricostruiti molti ponti , ma ne manca ancora uno, il più antico e il più fortificato, il più protetto e il più difficile da attraversare. Un ponte millenario che unisce (separa) due mondi, due civiltà, due religioni, e due continenti quello asiatico e quello europeo. E' appena arrivata a rappresentare un continente, ma l'Unione vuole subito aprirsi ad un'altro. E se pure di due continenti si tratta la via è obbligata e passa per uno stretto e una città , un tempo baluardo, ora probabile porta. Istanbul, che fu capitale d' Oriente e d' Occidente.


Io sono FIliz. Io sono turca. Forse sarò europea.

martedì 16 ottobre 2007

lunedì 15 ottobre 2007

Darwin per Hc

Ci sono numerose teorie che esplorano la natura e le cause del pregiudizio, il come e il perché.
Sebbene un fenomeno così complesso non può che essere spiegato tramite una pluralità di cause interagenti, in ambito psico-sociale ci sono numerose teorie, tra loro complementari, che tentano di interpretare il fenomeno. Le più conosciute sono quelle riguardanti la nostra necessità psicologica di semplificare il mondo; il nostro bisogno di appartenenza sociale e il processo di formazione di una propria identità; o le spiegazioni che considerano pregiudizi e stereotipi come prodotti di un processo collettivo di assegnazione di senso alla realtà. Per non parlare di altre spiegazioni che considerano stereotipi e pregiudizi come effetti di processi storici del tutto eccezionali e non ordinari.


Ma tra le varie spiegazioni quella che mi ha colpito di più è quella riguardante "il fondamento biologico dell'ostilità contro i diversi". Secondo tale teoria, per un processo di selezione naturale sarebbero stati favoriti nel processo riproduttivo coloro i quali si siano dimostrati " più adatti a competere con gli altri per le risorse e la propria sopravvivenza". Sviluppando un' aggressività nei confronti di coloro che vengono sentiti come diversi ed esterni. Ma ovviamente non potendo vivere in completo isolamento, alla fine sono stati favoriti dal processo di selezione naturale gli individui che vivendo in armonia tra loro e coalizzandosi in un ristretto numero di persone siano stati in grado di lottare per un scopo comune, considerando tutti gli altri alla stregua di nemici, e come tali trattati.


Tuttavia, l'altra faccia della medaglia di tale teoria è che lo stesso processo di selezione naturale abbia favorito anche la nascita di un'altra tendenza, "la tendenza alla cooperazione piuttosto che quella alla competizione, e la disposizione positiva nei confronti del diverso quale espressione di una naturale curiosità e orientamento verso il nuovo. [...] Infatti se la tendenza a privilegiare un gruppo ristretto è potuta risultare vantaggiosa in quanto assicura la protezione, essa ha però lo svantaggio di ridurre il numero di possibili partner di cooperazione, e dunque di chiudere in qualche modo l'orizzonte delle esperienze e dell'esplorazione. Si sostiene, in altri termini, che dalla selezione naturale sarebbero stati sviluppati con pari forza non uno ma due istinti, apparentemente opposti ma in realtà complementari: quello di protezione e di chiusura, che spinge alla tana, alla delimitazione del territorio, al riconoscimento nei propri simili, e quello di esplorazione e di apertura, che spinge invece alla ricerca, alla sperimentazione, alla conoscenza del nuovo.

Il successo evolutivo dipenderebbe, non dalla prevalenza di uno di essi, ma dal loro corretto bilanciamento; gli individui in cui fosse stata troppo prevalente la tendenza alla protezione e alla chiusura sarebbero stati svantaggiati dall'aver avuto minori occasioni per migliorare il proprio adattamento; quelli in cui fosse stata invece troppo prevalente la tendenza alla novità e all'apertura sarebbero stati svantaggiati da un troppo alto livello di rischio.

[Inoltre] l'istinto di esplorazione e di tensione positiva verso ciò che è diverso e insolito sarebbe particolarmente importante per l'essere umano, che per le sue specifiche qualità è in grado di tradurre le esperienze in cultura e quindi di trarre il massimo vantaggio dall'approfondimento della conoscenza in direzioni nuove." *



Hc come frutto di un processo evolutivo?















*da "Stereotipi e pregiudizi" di B.M. Mazzara

giovedì 11 ottobre 2007

Io sono Marcus


Come as you are, as you were, as I want you to be; as a friend, as a friend, as an old enemy...

lunedì 8 ottobre 2007

Io sono Marcus

Io sono Marcus

Io sono Marcus, 22 anni, studente, viaggiatore, tedesco. Io sono un ospite. Vengo da Berlino, ma ho speso a Glasgow il mio ultimo anno, sono appena arrivato, ma tra poco riparto. Ho un obiettivo da raggiungere e pochi soldi per realizzarlo, Marrakech. Due piedi e un pollice per partire, un mese per arrivare, un cartello con una scritta nera: Pisa! Please. Il viaggio riprenderà, ma ora ho fame e sono appena arrivato.


La Casa

La casa è abbastanza grande considerando il giardino e le amache, e vi dirò, anche abbastanza pulita. Ci vivono in 5 + l'ospite di turno, a me toccherà un divano letto, non male visto le scorse notti passate sul pavimento. Sono circa le 9 di sera e sto morendo di fame, in cucina c'è un gran da farsi tra formaggi, uova, farina, olio, carne, verdura, padelle, ognuno sembra intenzionato a elaborare qualcosa di complicato; i fornelli spropositatamente piccoli rispetto al resto della casa sono occupati per 3/4. Ne rimane uno per me , c'è spazio, è il mio turno.

La Cena

Stasera cucino io, bucatini all'amatriciana. Ho una gran fame e sono molto stanco, individuo una pentola, voglio far presto, metto l'acqua e subito dopo, i bucatini, ho fame. Accendo. Accendo sotto la pentola con tutto il suo contenuto.

Tutti si sono fermati, tutti mi guardano.....non hanno mai visto un tedesco cucinare?


La Storia

da La cucina italiana di Capatti-Montanari :

"Dal Mediterraneo all' Europa

Una nuova nozione culturale e geografica, quella di Europa, nasce a poco a poco durante l'alto Medioevo, grazie alla confluenza di due culture fino ad allora contrapposte, la romana e la germanica. Culture, anche dal punto di vista alimentare, assai diverse e apparentemente incompatibili: mentre l'ideologia romana continuava - sul modello di quella greca- a identificare nel grano, nella vite e nell'olivo i simboli e gli strumenti di una civiltà cittadina e agricola, i popoli germanici vivevano in stretta simbiosi con la foresta, da cui traevano, con la caccia, la pastorizia e la raccolta, gran parte delle risorse alimentari. La cultura del pane, del vino e dell'olio si scontrava con la cultura della carne, del latte ( o tutt'al più della cervogia) e del burro - che implicava un diverso equilibrio tra uomo e ambiente, un diverso modo di pensare e di usare il territorio.

Per lungo tempo tali modelli alimentari erano stati il segno di due diverse civiltà, una delle quali - la romana - disprezzava l'altra come inferiore e barbara. Ma quando i barbari fecero irruzione nell'impero e a poco a poco se ne impadronirono, prendendo in mano le redini del potere, la loro cultura (anche alimentare) si affermò e divenne di moda, come sempre accade ai costumi di vita dei vincitori (l' American way of life del XX secolo insegna). Cacciare e pascolare bestie non furono più ritenute attività incivili o addirittura sconvenienti, anzi diventarono il perno dell'economia. Nello stesso tempo, anche la tradizione agricola romana si diffuse fra i barbari, sia per il prestigio che quella tradizione comunque conservava, sia per il tramite della fede cristiana, essa stessa emergente e, per così dire, alla moda nei primi secoli del Medioevo: non per caso, infatti, il cristianesimo, cresciuto nell'ambito culturale mediterraneo, aveva assunto come propri simboli alimentari proprio il pane, il vino e l'olio della tradizione greca e romana ( i primi due, divenuti strumenti del miracolo eucaristico; il terzo, utilizzato per somministrare i sacramenti). Dall'incrocio di questi percorsi prese avvio nel Medioevo una cultura alimentare nuova, che oggi riconosciamo come europea: essa metteva sullo stesso piano il pane e la carne, l'attività agricola e quella pastorale venatoria. I due modelli alimentari non furono più il segno di opzioni contrapposte, ma componenti diverse di un medesimo sistema di valori. Il pane, il vino e la carne [..] furono i principali elementi costitutivi della nuova identità. Gli obblighi liturgici fecero il resto, imponendo a tutti i cristiani l'alternanza del grasso e del magro nei diversi periodi dell'anno o giorni della settimana, e perciò accelerando la commistione degli usi gastronomici, l'alternanza di cibi e condimenti diversi sulle stesse tavole, a tutte le latitudini del continente."



Mi offrono carne, non la prediligo amo la pasta, ma ho fame. Mangio.

sabato 29 settembre 2007

Who are You?

Dal primo sguardo formulo teorie, idee, aspettative su chi possano essere, come vivano e cosa pensino. Chi sei e come sorprenderai la mia immaginazione? Quale strano modo di fare, dire, mangiare e pensare? La tua faccia vincerà i miei pre-giudizi? Ce la farai? Ce la faremo? Ci conosceremo? Mi dirai chi sei?








Chi pensate che sia?