giovedì 23 dicembre 2010

Caserta, tra Cementir e futuro


La Cementir s.r.l. ha ottenuto il permesso di cavare per altri venti anni, dopo oltre trenta anni di presenza sul territorio. Il 14 dicembre u.s., la ventesima conferenza di servizi presso il Genio Civile di Caserta è terminata con una pronuncia di parere favorevole al progetto di “coltivazione e recupero unitario per la prosecuzione dell’attività estrattiva” in località S.Michele, sui Monti Tifatini ricadenti nel Comune di Maddaloni. Dopo oltre due anni di battaglie amministrative tra le associazioni ambientaliste e la Cementir di Caltagirone, è stato accordato a quest’ultima il permesso di cavare anche il lato orientale del monte di S.Michele, avendone esaurito ormai la facciata occidentale. I cittadini di Maddaloni e delle frazioni di Tredici, S.Clemente e Centurano del Comune di Caserta, dovranno convivere e probabilmente morire con le polveri del cementificio, industria insalubre di prima categoria. Il paesaggio, più simile ad una groviera che ad un’area collinare, è così definitivamente condannato, e i progetti di riqualifica e bonifica con lui.



L’approvazione di un progetto “ricadente in Area di Crisi, funzionale alla riqualificazione di un ampio contesto territoriale”, suona come una beffa ai cittadini che si sono battuti contro l’ampliamento. Sebbene dal progetto originale siano state stralciate le porzioni di terreno percorse dai vincoli di rimboschimento, di dissesto idrogeologico e di incendi, sono risultati decisivi il silenzio della Soprintendenza e il parere di compatibilità ambientale della Regione Campania.

La prima ha fatto valere il silenzio-assenso in merito al vincolo paesaggistico, sebbene la stessa Commissione integrata all’edilizia del Comune di Maddaloni avesse espresso parere negativo, ma non vincolante. Vincolo che sembrava più che giustificato dalla presenza dei Ponti della Valle, l’acquedotto vanvitelliano che porta acqua alla Reggia e che è inserito tra i beni Unesco. La seconda, tramite il Settore Tutela dell’Ambiente, ha espresso parere positivo nella sua Valutazione d’Impatto Ambientale contraddicendosi con quanto espresso nella precedente V.I.A. della più grande opera del territorio degli ultimi venti anni, ovvero il costruendo Policlinico universitario, che dista a soli 500 m dalle Cave. Nel 2004 infatti la stessa Regione pose come condizione sine qua non alla costruzione del Policlinico la chiusura e bonifica delle cave (che sarebbe dovuta avvenire già nel 2007).  

Poiché la politica ancora una volta si è dimostrata incapace di pianificare e programmare coerentemente le attività, il caso Cementir è diventato un caso politico solo nel momento in cui ci si è ricordati dell’incompatibilità con il futuro Policlinico. Già nei mesi scorsi la politica locale aveva espresso i suoi malumori. Il primo a prendere posizione era stato il sindaco di Caserta, Niccodemo Petteruti, il quale tramite un’apposita delibera del Consiglio Comunale aveva espresso il suo no alla prosecuzione dell’attività estrattiva. Poi è venuto il turno della Provincia che ha rivendicato il ruolo di “programmazione” del territorio pronunciandosi per un no all’ampliamento, ed infine l’ex-Vescovo di Caserta, Nogaro, aveva veementemente denunciato l’ampliamento, definendo le cave dei “gironi infernali” ed intimando i cittadini a ribellarsi.

Sebbene la Cementir sia riuscita a spuntarla sul versante amministrativo, tuttavia ora si apre la battaglia della politica.

Si fronteggiano da un lato gli uomini di Caltagirone e i Maddalonesi interessati, tra cui i lavoratori (circa un centinaio) difesi dal sindacato, o comprati da qualche pallida promessa di compensazione economica. Dall’altro lato gli ambientalisti, i comitati cittadini, ma soprattutto i sostenitori (e diretti interessati) del costruendo Policlinico che costerà 200 milioni di euro. Un’opera da cinquecento posti letto e cinquecento dipendenti, più un indotto stimato in altri 5000 posti di lavoro.


Non è un caso che politici e politicanti di tutti gli schieramenti abbiano urlato allo scandalo e cerchino ora di ricorrere ai ripari prima che sia troppo tardi. Nicola Caputo, presidente della Commissione trasparenza di palazzo S.Lucia, ha proposto un’interrogazione consiliare in merito; il leader della Cisl, Carmine Crisci, che ha seguito i lavori del Policlinico sin dall’inizio ritiene "che il discorso vada affrontato in maniera complessiva, bisogna capire se il territorio vuole [le cave] o no, analizzando tutti gli aspetti della questione, partendo da quello occupazionale"; ed infine Gennaro Oliviero (PSE) che dichiarandosi al fianco delle associazioni ambientaliste ha presentato un ordine del giorno per la revoca “di tutti gli atti posti in essere dalla Regione”. Lo stesso Oliviero, tuttavia, non dimentica di ricordare che il “Policlinico è in fase di completamento e rischierebbe di rimanere una cattedrale nel deserto”.


I cittadini, in realtà, sono rimasti inascoltati, e la politica è stata risvegliata solo dalla paura di perdere un’occasione di “sviluppo”, una torta più grande, come quella del Policlinico. La programmazione ancora una volta è stata sacrificata in nome degli interessi contingenti e non dell’interesse pubblico.