sabato 21 giugno 2008

Viaggio permanente

Per non alimentare l' ansia che serpeggia tra alcuni di voi, come testimoniato da alcune bizzarre e-mail, vi comunico che il blog non sarà aggiornato per altri dieci giorni, causa viaggio in Turchia!
Per fine mese condividero' con voi le foto dei posti che ho attraversato in queste settimane, prima di allora non preoccupatevi come Valerio:

"Ciao bello!!come va??qua ci stiamo preoccupando...stavo per chiamare il Nucleo Internazionale Anti-Rapimenti dei Carabinieri..le mie ultime notizie per fonte diretta risalgono ormai a inizio 2005...e i miei 007 specializzati mi hanno informato della tua probabile - e malsana..- idea di fare l'Oriental Express...a questo punto si profilano due ipotesi:

1) Sei felicemente radicato nell'acipelago della Polinesia, passi le tue lunghe e serene giornate a girovagare senza meta da un atollo ad un altro, il tuo hobby preferito è la pesca subacquea senza protezioni, allevi api regine indiane...ah...e ovviamente hai 13/14 pargoletti sparsi nelle isole...che si piangono un padre che non conosceranno mai...beata innocenza ingenua delle giovenche autoctone.....

2) Sei internato in un lager siberiano, residuo staliniano del 1935, ti cibi di roditori e la tua unica fonte di liquidi è la tua urina..ormai di un colore imprecisato e che va dal rosso scarlatto all'ocra al blu cobalto...a seconda dei giorni...ah...una nota felice...hai una gaia relazione sessuale che ti riempe stupendamente le giornate...almeno quello..la fortunata è un muflone siberiano di 286 Kg...che bei momenti.... Vabbè...in attesa di tue notizie...ti dò la mia più importante del momento: l'anno prossimo prenderò casa a Roma perché chiude lo studentato...bello...sn contento...

In bocca al lupo fratè!"

martedì 10 giugno 2008

Svizzera - Turchia

L' europeo è iniziato male. Una disfatta con l' Olanda, partita struggente, mille scatti sulla sedia, urla e imprecazioni. Si soffre quando tutti i nazionalismi sono concessi, ci si arrabbia e si ride assieme sulle proprie sfortune. Specialmente quando si guarda la partita con 10 italiani e un solo olandese a cui è concesso qualsiasi sfottò, perchè ce lo siamo meritato, per una legge del contrappasso, perchè si vince e si perde, perchè questo è il calcio. Un'emozione che ti trascina, talvolta incontenibile, sarà perchè circondato da stranieri, ma ci si sente troppo orgogliosi a vedere quelle maglie azzurre sgargianti, troppo orgogliosi, fino a ieri sera. Ma va bene, fa parte del gioco vincere e perdere, subire e infliggere. Il meccanismo è abbastanza semplice, un dare e un avere, digrigni quando ricevi e sorridi quando dai. In ogni caso per noi la conta delle emozioni è semplice, lineare, non bisogna pensarci su. E' un sentimento incondizionato, innato, non richiede spiegazioni o giustificazioni, si tifa, si esulta, si odia e basta.

Ma non per tutti. Domani sera c'è una partita che dividerà in due una persona. La Svizzera padrona di casa, ospiterà a Zurigo la Turchia. La conta delle emozioni non è così chiara in questo caso. Non è semplice se nasci e cresci in Svizzera, ma hai nelle vene sangue turco. Non è semplice se tuo padre arrivato in Svizzera a 21 anni per lavorare, si aspetta che tu tifi con lui. Non è semplice se la tua lingua madre è il tedesco, non è semplice se hai zii e parenti ad Istanbul, se hai appena passato un anno in Turchia, sentendoti svizzero in Turchia e turco in Svizzera. Non è semplice se la prima giornata degli europei la Svizzera perde con la Repubblica Ceca e la Turchia con il Portogallo, sentendosi doppiamente sconfitto. Non è semplice se ora vuoi che qualcuno vinca, ma le tue squadre giocano l'una contro l'altra.


Okan è un'anima divisa in due, cresciuto a Zurigo tra figli di altri immigrati, soprattutto italiani, come uno dei suoi migliori amici, Pasquale di Napoli, in una famiglia turca dentro e svizzera fuori. Il padre turco andò a lavorare in Svizzera da giovane, a 21 anni in fabbrica, circondato da meridionali che gli insegnarono prima l'italiano e poi il tedesco. La madre invece turca anche lei, ma di seconda generazione nata in Svizzera e di origini georgiane.
Okan cresce sentendosi sempre turco in Svizzera, impara il turco a casa, le tradizioni tra le mura domestiche, impara ad amare il raki e a ballare con i parenti come un perfetto turco del mar nero, ma impara anche il tedesco, il francese, l'inglese e un po' d' italiano ogni volta che veniva invitato a cena da Pasquale.

Okan
ha 24 anni, è al termine dei suoi studi di legge e ha intenzione di andare a Ginevra il prossimo semestre per migliorare il francese. E' stata una delle persone più calde che abbia incontrato ad Istanbul, incontrato appena arrivato perchè dovevo prendere il suo posto in un appartamento, mi ha aiutato a cercare casa e introdotto alla vita di Istanbul, con due background così diversi, ma così simili per certi aspetti, l' ho sentito come un fratello.




Una persona così calda e magnetica forse perchè è cresciuto sempre tra più punti di vista, o forse quest'aurea te la porti dentro dalla nascita, o te la conquisti vivendo, non so, ma Okan ha un che di positivo che non puoi non notare, non puoi distogliere lo sguardo (e lo sanno specialmente le ragazze), un' aurea dorata che mi mancherà. Domani parte, in tempo per arrivare allo stadio, stasera andremo con lui ad abbracciare un'ultima volta la notte. Okan parte, ma Istanbul è sempre la sua seconda casa, parte ma può tornare quando vuole. Okan parte ma è come se fosse sempre in viaggio, sempre un po' sospeso, anche domani sospeso tra due paesi, nello stadio, tra due vite.

martedì 3 giugno 2008

La questione curda, un appunto


La storia del Kurdistan è una storia vecchia, di millenni. Una storia che inizia circa 25 secoli fa. Il Kurdistan e il suo popolo sono stati sempre condannati dalla propria posizione geografica, strategicamente così importante, tra le montagne dell' Anatolia e dell'Iran. Oggi il Kurdistan che può essere definito quell'area dove i Curdi costituiscono la porzione predominante della popolazione locale, è diviso tra Iran, Iraq, Turchia, la parte più grande, Siria e in parte in Georgia e Armenia.

La causa ultima dell'attuale divisione risale agli eventi storici seguiti alla Grande Guerra. La caduta dell'impero ottomano, le guerre di liberazione e creazione di stati nazionali. In Turchia, come in Iran, in Siria o in Iraq. Sull'onda dei principi di autodeterminazione dei popoli del presidente Wilson, una lotta per la libertà diventa una lotta di dominazione. Sebbene in seguito alla caduta dell'impero ottomano ci fosse un progetto per la creazione di una nazione curda, questo non venne mi realizzato per gli appettiti nazionalistici turchi, per gli interessi britannici, per le ingenti quantità di petrolio nella regione di Mossul, nel Kurdistan irakeno, per gli interessi francesi nel nord della Siria.

Pertanto alla fine del 1925, il paese dei Curdi, conosciuto sin dal XII secolo come Kurdistan, si trovò diviso tra quattro stati. Per la prima volta nella sua lunga storia fu privato della sua autonomia culturale. Il popolo che ha pagato il prezzo più alto del rimodellamento del Medio Oriente, che da allora attraversa una diaspora senza fine. Anche se forse oggi si intravede qualche speranza di autonomia per le stesse ragioni che nel bene e nel male segnano da sempre questo popolo. Ragioni simili a quelle che portarono alla creazione di un autonomo stato curdo nel XVI secolo, quando grazie al ruolo strategico nelle guerre tra Persia e Turchi, i Curdi contrattarono una forte autonomia in cambio della loro funzione di barriera.

Allo stesso modo oggi nel Kurdistan irakeno, tramite il loro servizio strategico di protezione della regione di Mossul, ricca di pozzi petroliferi, i Curdi hanno ottenuto un'autonomia riconosciuta anche dalla Turchia. Un primo passo. A causa di interessi geo-politici globali, per la loro funzione anti-regime in Iran e a causa delle pressioni statunitensi, i Curdi potrebbero contrattare di nuovo la propria indipendenza; Baran sostiene che in 5 anni forse qualcosa cambierà e avranno uno stato.

La diaspora un giorno finirà, nel frattempo loro aspettano tra le montagne, tra 4 stati, con le armi in mano, consci del valore della loro posizione, consci dell'importanza di possedere il territorio, sicuri che la libertà se non condivisa non è tale. Percui hanno creato una neverland, dove nessuno possa sentirsi libero, nè loro nè gli occupanti. Perchè tutti scontino il prezzo della libertà, chi la perde e chi la sottrae, perchè la guerra è un gioco a somma negativa, nessuno vince mai, si annulla solamente, si azzera, si cancella. Ma per chi non ha niente da perdere che non sia già stato perso, il gioco è meno negativo, l'unica speranza infatti è vincere.




The Kurdish Diaspora


In the course of their turbulent history, the Kurds have experienced a series of deportations which resulted in the creation of a large number of scattered Kurdish communities, sometimes thousands of miles from Kurdistan.

Living evidence of these deportations still exist in countries as far apart as Kirghizia, Kazakhastan, Yemen, Somalia and Erythria. Communities that have retained their languages and customs are present in Turcomenia (40,000), Azerbaijan (150,000), Armenia (45,000), in Georgia (60,000) Afghanistan (200,000), Lebanon (80,000). One of the largest of these communities is that of Kurds deported by Shah Abbas in the 17th Century to Khorassan, in Eastern Iran, which, today, is almost 700,000 strong. They still use the Northern dialect (Kurmancî). The Kurdish communities in central Anatolia, formed from tribes deported from Southern Kurdistan to the provinces of Konya and Ankara by the Ottomans, have also preserved their language and customs.

The political events of the last few decades have driven millions of Kurds towards the great metropolitan centres like Istanbul, (3 million Kurds), Ismir, Adana and Mersin, in Turkey; Baghdad, in Iraq; Tehran and Tabriz, in Iran, to such an extent that it is estimated that, today, about a third of the Kurds live outside Kurdistan.

The formation of a Kurdish diaspora in Europe is a recent phenomenon. In the 1960s, Kurds from Turkey began arriving in Germany. the Benelux countries, Austria, Switzerland and France as immigrant workers under contracts based on inter-government agreements regarding immigrant labour. Following the Islamic Revolution in Iran in 1979, the Army coup d'état in Turkey in 1980 and the Iraqi regimes long drawn out and murderous extermination campaign against the Kurds (Anfal), successive waves of Kurdish political refugees arrived in Western Europe and, to a lesser extent, North America. The campaign, launched in 1992, of forced evacuation and destruction of Kurdish villages, coupled with a policy of political assassination of Kurdish elites by Turkish "death squads" and paramilitary forces, followed by the inter-Kurdish clashes in Iraqi Kurdistan after 1994, have increased the Kurdish exodus to Europe.

No precise and reliable census of the Kurdish diaspora in Europe has been recently carried out, but the most widely accepted estimates set their number at about 850,000 in Western Europe, distributed as follows:

Germany500,000

600,000
France100.000

120.000
Netherlands70.000

80.000
Switzerland60.000

70.000
Belgium50.000

60.000
Austria50.000

60.000
Sweden25.000

30.000
Great-Bretain20.000

25.000
Greece20.000

25.000
Danmark8.000

10.000
Norway4.000

5.000
Italy3.000

4.000
Finlande2.000

3.000
There are also about 15,000 to 20,000
Kurds in the United States and over 6,000 in Canada.

Nearly 85% of the Kurdish diaspora in the West comes from Turkey, the Kurds from Iraq come second and form a large part of the communities in Great Britain, the Netherlands, the United States and Sweden.

The last, because of a generous immigration policy initiated by Prime Minister Olof Palme and the material incentives for publication and artistic creation was able to attract a major part of the Kurdish intelligentsia while Germany mainly took in immigrant workers. The Kurdish diaspora plays an important cultural and political role. It has given a new impulse to the development of the written language, to Kurdish literature and music, forbidden in Turkey, and thus aroused a fresh interest in Kurdish culture.

The Kurdish diaspora has also played a major political role in making known, to Western public opinion, the fate of the Kurds in the various countries where they are persecuted.

After a period of indecision, the Kurdish diaspora, following the example of other peoples, gradually set up its own institutions, both the preserve the Kurdish language and culture, to popularise the Kurdish cause and to contribute towards a better integration of the Kurds into their host countries. A number of Kurds now take an active part in the political and cultural life of their host countries as writers, journalists, artists, musicians and even at Members of Parliament.


Per altre informazioni consiglio, Kurdish Institute of Paris