La storia del Kurdistan è una storia vecchia, di millenni. Una storia che inizia circa 25 secoli fa. Il Kurdistan e il suo popolo sono stati sempre condannati dalla propria posizione geografica, strategicamente così importante, tra le montagne dell' Anatolia e dell'Iran. Oggi il Kurdistan che può essere definito quell'area dove i Curdi costituiscono la porzione predominante della popolazione locale, è diviso tra Iran, Iraq, Turchia, la parte più grande, Siria e in parte in Georgia e Armenia.
La causa ultima dell'attuale divisione risale agli eventi storici seguiti alla Grande Guerra. La caduta dell'impero ottomano, le guerre di liberazione e creazione di stati nazionali. In Turchia, come in Iran, in Siria o in Iraq. Sull'onda dei principi di autodeterminazione dei popoli del presidente Wilson, una lotta per la libertà diventa una lotta di dominazione. Sebbene in seguito alla caduta dell'impero ottomano ci fosse un progetto per la creazione di una nazione curda, questo non venne mi realizzato per gli appettiti nazionalistici turchi, per gli interessi britannici, per le ingenti quantità di petrolio nella regione di Mossul, nel Kurdistan irakeno, per gli interessi francesi nel nord della Siria.
Pertanto alla fine del 1925, il paese dei Curdi, conosciuto sin dal XII secolo come Kurdistan, si trovò diviso tra quattro stati. Per la prima volta nella sua lunga storia fu privato della sua autonomia culturale. Il popolo che ha pagato il prezzo più alto del rimodellamento del Medio Oriente, che da allora attraversa una diaspora senza fine. Anche se forse oggi si intravede qualche speranza di autonomia per le stesse ragioni che nel bene e nel male segnano da sempre questo popolo. Ragioni simili a quelle che portarono alla creazione di un autonomo stato curdo nel XVI secolo, quando grazie al ruolo strategico nelle guerre tra Persia e Turchi, i Curdi contrattarono una forte autonomia in cambio della loro funzione di barriera.
Allo stesso modo oggi nel Kurdistan irakeno, tramite il loro servizio strategico di protezione della regione di Mossul, ricca di pozzi petroliferi, i Curdi hanno ottenuto un'autonomia riconosciuta anche dalla Turchia. Un primo passo. A causa di interessi geo-politici globali, per la loro funzione anti-regime in Iran e a causa delle pressioni statunitensi, i Curdi potrebbero contrattare di nuovo la propria indipendenza; Baran sostiene che in 5 anni forse qualcosa cambierà e avranno uno stato.
La diaspora un giorno finirà, nel frattempo loro aspettano tra le montagne, tra 4 stati, con le armi in mano, consci del valore della loro posizione, consci dell'importanza di possedere il territorio, sicuri che la libertà se non condivisa non è tale. Percui hanno creato una neverland, dove nessuno possa sentirsi libero, nè loro nè gli occupanti. Perchè tutti scontino il prezzo della libertà, chi la perde e chi la sottrae, perchè la guerra è un gioco a somma negativa, nessuno vince mai, si annulla solamente, si azzera, si cancella. Ma per chi non ha niente da perdere che non sia già stato perso, il gioco è meno negativo, l'unica speranza infatti è vincere.
The Kurdish Diaspora
Living evidence of these deportations still exist in countries as far apart as Kirghizia, Kazakhastan, Yemen, Somalia and Erythria. Communities that have retained their languages and customs are present in Turcomenia (40,000), Azerbaijan (150,000), Armenia (45,000), in Georgia (60,000) Afghanistan (200,000), Lebanon (80,000). One of the largest of these communities is that of Kurds deported by Shah Abbas in the 17th Century to Khorassan, in Eastern Iran, which, today, is almost 700,000 strong. They still use the Northern dialect (Kurmancî). The Kurdish communities in central Anatolia, formed from tribes deported from Southern Kurdistan to the provinces of Konya and Ankara by the Ottomans, have also preserved their language and customs.
The political events of the last few decades have driven millions of Kurds towards the great metropolitan centres like Istanbul, (3 million Kurds), Ismir, Adana and Mersin, in Turkey; Baghdad, in Iraq; Tehran and Tabriz, in Iran, to such an extent that it is estimated that, today, about a third of the Kurds live outside Kurdistan.
The formation of a Kurdish diaspora in Europe is a recent phenomenon. In the 1960s, Kurds from Turkey began arriving in Germany. the Benelux countries, Austria, Switzerland and France as immigrant workers under contracts based on inter-government agreements regarding immigrant labour. Following the Islamic Revolution in Iran in 1979, the Army coup d'état in Turkey in 1980 and the Iraqi regimes long drawn out and murderous extermination campaign against the Kurds (Anfal), successive waves of Kurdish political refugees arrived in Western Europe and, to a lesser extent, North America. The campaign, launched in 1992, of forced evacuation and destruction of Kurdish villages, coupled with a policy of political assassination of Kurdish elites by Turkish "death squads" and paramilitary forces, followed by the inter-Kurdish clashes in Iraqi Kurdistan after 1994, have increased the Kurdish exodus to Europe.
No precise and reliable census of the Kurdish diaspora in Europe has been recently carried out, but the most widely accepted estimates set their number at about 850,000 in Western Europe, distributed as follows:
Germany | 500,000 | 600,000 | ||
France | 100.000 | 120.000 | ||
Netherlands | 70.000 | 80.000 | ||
Switzerland | 60.000 | 70.000 | ||
Belgium | 50.000 | 60.000 | ||
Austria | 50.000 | 60.000 | ||
Sweden | 25.000 | 30.000 | ||
Great-Bretain | 20.000 | 25.000 | ||
Greece | 20.000 | 25.000 | ||
Danmark | 8.000 | 10.000 | ||
Norway | 4.000 | 5.000 | ||
Italy | 3.000 | 4.000 | ||
Finlande | 2.000 | 3.000 | ||
There are also about | 15,000 to 20,000 |
Nearly 85% of the Kurdish diaspora in the West comes from Turkey, the Kurds from Iraq come second and form a large part of the communities in Great Britain, the Netherlands, the United States and Sweden.
The last, because of a generous immigration policy initiated by Prime Minister Olof Palme and the material incentives for publication and artistic creation was able to attract a major part of the Kurdish intelligentsia while Germany mainly took in immigrant workers. The Kurdish diaspora plays an important cultural and political role. It has given a new impulse to the development of the written language, to Kurdish literature and music, forbidden in Turkey, and thus aroused a fresh interest in Kurdish culture.
The Kurdish diaspora has also played a major political role in making known, to Western public opinion, the fate of the Kurds in the various countries where they are persecuted.
After a period of indecision, the Kurdish diaspora, following the example of other peoples, gradually set up its own institutions, both the preserve the Kurdish language and culture, to popularise the Kurdish cause and to contribute towards a better integration of the Kurds into their host countries. A number of Kurds now take an active part in the political and cultural life of their host countries as writers, journalists, artists, musicians and even at Members of Parliament.
Per altre informazioni consiglio, Kurdish Institute of Paris
1 commento:
Yasemine sostiene che in realta' i curdi l'autonomia (linguistica e torritoriale) ce l'abbiano armai da qulache anno che non ha senso il loro "terrorismo". Ok, lei e' di parte (turca) ma anche Baran lo e', riesci ad essere obiettivo? Che ne pensi?
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