L' europeo è iniziato male. Una disfatta con l' Olanda, partita struggente, mille scatti sulla sedia, urla e imprecazioni. Si soffre quando tutti i nazionalismi sono concessi, ci si arrabbia e si ride assieme sulle proprie sfortune. Specialmente quando si guarda la partita con 10 italiani e un solo olandese a cui è concesso qualsiasi sfottò, perchè ce lo siamo meritato, per una legge del contrappasso, perchè si vince e si perde, perchè questo è il calcio. Un'emozione che ti trascina, talvolta incontenibile, sarà perchè circondato da stranieri, ma ci si sente troppo orgogliosi a vedere quelle maglie azzurre sgargianti, troppo orgogliosi, fino a ieri sera. Ma va bene, fa parte del gioco vincere e perdere, subire e infliggere. Il meccanismo è abbastanza semplice, un dare e un avere, digrigni quando ricevi e sorridi quando dai. In ogni caso per noi la conta delle emozioni è semplice, lineare, non bisogna pensarci su. E' un sentimento incondizionato, innato, non richiede spiegazioni o giustificazioni, si tifa, si esulta, si odia e basta.
Ma non per tutti. Domani sera c'è una partita che dividerà in due una persona. La Svizzera padrona di casa, ospiterà a Zurigo la Turchia. La conta delle emozioni non è così chiara in questo caso. Non è semplice se nasci e cresci in Svizzera, ma hai nelle vene sangue turco. Non è semplice se tuo padre arrivato in Svizzera a 21 anni per lavorare, si aspetta che tu tifi con lui. Non è semplice se la tua lingua madre è il tedesco, non è semplice se hai zii e parenti ad Istanbul, se hai appena passato un anno in Turchia, sentendoti svizzero in Turchia e turco in Svizzera. Non è semplice se la prima giornata degli europei la Svizzera perde con la Repubblica Ceca e la Turchia con il Portogallo, sentendosi doppiamente sconfitto. Non è semplice se ora vuoi che qualcuno vinca, ma le tue squadre giocano l'una contro l'altra.
Okan è un'anima divisa in due, cresciuto a Zurigo tra figli di altri immigrati, soprattutto italiani, come uno dei suoi migliori amici, Pasquale di Napoli, in una famiglia turca dentro e svizzera fuori. Il padre turco andò a lavorare in Svizzera da giovane, a 21 anni in fabbrica, circondato da meridionali che gli insegnarono prima l'italiano e poi il tedesco. La madre invece turca anche lei, ma di seconda generazione nata in Svizzera e di origini georgiane.
Okan cresce sentendosi sempre turco in Svizzera, impara il turco a casa, le tradizioni tra le mura domestiche, impara ad amare il raki e a ballare con i parenti come un perfetto turco del mar nero, ma impara anche il tedesco, il francese, l'inglese e un po' d' italiano ogni volta che veniva invitato a cena da Pasquale.
Okan ha 24 anni, è al termine dei suoi studi di legge e ha intenzione di andare a Ginevra il prossimo semestre per migliorare il francese. E' stata una delle persone più calde che abbia incontrato ad Istanbul, incontrato appena arrivato perchè dovevo prendere il suo posto in un appartamento, mi ha aiutato a cercare casa e introdotto alla vita di Istanbul, con due background così diversi, ma così simili per certi aspetti, l' ho sentito come un fratello.
Una persona così calda e magnetica forse perchè è cresciuto sempre tra più punti di vista, o forse quest'aurea te la porti dentro dalla nascita, o te la conquisti vivendo, non so, ma Okan ha un che di positivo che non puoi non notare, non puoi distogliere lo sguardo (e lo sanno specialmente le ragazze), un' aurea dorata che mi mancherà. Domani parte, in tempo per arrivare allo stadio, stasera andremo con lui ad abbracciare un'ultima volta la notte. Okan parte, ma Istanbul è sempre la sua seconda casa, parte ma può tornare quando vuole. Okan parte ma è come se fosse sempre in viaggio, sempre un po' sospeso, anche domani sospeso tra due paesi, nello stadio, tra due vite.
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