giovedì 31 dicembre 2009

Baricco, oltre i Barbari -IV- Libri

Libri ma non solo. L'ultima parte di questa lunga riflessione, che ruota intorno a differenti temi ma con un unico filo conduttore, passa per i libri per arrivare a Wikipedia, sino all'anima delle cose.

Ancora una volta si parte da un "saccheggio", qualcosa che è cambiato e sta cambiando, ma in peggio. Baricco parte dalla crisi di qualità del mondo letterario così sintetizzata: sebbene il numero di lettori sia aumentato a dismisura in questi anni, "i lettori non sono lettori" e leggono "libri che non sono libri" il cui linguaggio si impara altrove ad esempio alla televisione o al cinema. Pagine che collezionano parole in cui si privilegia "la comunicazione all'espressione", in cui è cambiato il concetto di qualità: il tipico saccheggio barbaro. I segnali sono i libri all'edicola, i best-seller sull'autostrada, le raccolte di letteratura con il quotidiano, i megastore dove accanto ad un DVD puoi comprare con nonchalance l'ultimo libro di Totti, Bruno Vespa o Dostoevskij.

Si sa gli scrittori non sono più quelli di una volta così come gli editori:

"Prendete l'Italia degli anni Cinquanta. Erano gli anni in cui al Premio Strega andava gente come Pavese, Calvino, Gadda, Tommasi di Lampedusa, Moravia, Pasolini (ci sarebbe andato anche Fenoglio, ma dovette lasciare il posto a Calvino! Oggi non si hanno più quei problemi lì). Gli editori si chiamavano Garzanti, Einaudi, Bompiani, ed erano cognomi di persone vere! Se dobbiamo pensare a una civiltà che oggi è stata spianata dai barbari, eccola lì".
(I Barbari, pag.63)

Inutile precisare che era un mondo raffinato, elitario di un'Italia differente, globalmente peggiore, dove i pochi che scrivevano libri si conoscevano un po' tutti, il riflesso di un mondo di nicchia dove come tutte le nicchie, la qualità era alta anche perchè spiccava su un contesto provinciale e illiterato:

"Era un'Italia in cui i due terzi della popolazione parlava solo in dialetto. Il 13 per cento era analfabeta. Tra quelli che sapevano leggere e scrivere quasi il 20 per cento non aveva titolo di studio. Era un'Italia appena uscita da una guerra persa, ed era un paese in cui di tempo libero ce n'era poco, e la stessa piccola borghesia emergente non aveva ancora il surplus di reddito con cui finanziare il proprio diletto e una propria formazione culturale". (I Barbari, pag.64)

Da allora passi in avanti ne sono stati fatti eccome, mai come oggi il mondo letterario è divenuto una città aperta, mai come oggi i lettori e gli scrittori sono stati tanto numerosi. Il problema semmai è che accanto alla crescita dell'editoria di qualità, si è avuto anche una esplosione della editoria spazzatura, commerciale, che ha oscurato la crescita della prima donando quel senso di "spazzatura imperante".

Ma Baricco non vuol riconoscere che chi leggeva libri di qualità continua a farlo, oltre ad essere anche sensibilmente aumentati di numero, che hanno più scelta e danno un maggiore contributo al dibattito che si è polverizzato in infiniti modi di vedere le cose facendo sì che non esistesse più il dibattito. Basterebbe farsi un giro alla fiera della piccola e media editoria.
Il problema, a suo avviso, è che chi prima non leggeva affatto e guardava solo fiction o la domenica sportiva, adesso si ritrova a leggere il libro-intervista del calciatore appena arrivato in Italia e l'ultimo romanzo pubblicizzato al cinema. Un' invasione di campo di barbari prima delegati ad altri settori della società.

La causa ancora una volta è la democratizzazione del mezzo, invisa a Baricco, che come per il caso del vino, ha aperto le porte della sua città proibita. Quello che sarebbe un progresso diventa un imbarbarimento. Si legge di più, si scrive di più, ma considerando il rosso dell'uovo l'editoria di qualità e il bianco tutto il resto si ha che: "Il bianco è fatto di libri che non sono libri" (I Barbari, pag. 68)

Il suo qualunquismo è disarmante.

Secondo un recente rapporto della Fondazione Cotec la cultura oggi viaggia in rete grazie a "più di 12.000 blog culturali in cui si discute non solo di attualità, ma anche di storia, arte e letteratura" e il rapporto arriva addirittura ad affermare che "assistiamo ad un nuovo rinascimento culturale che trova nell'innovazione tecnologica un importante alleato", non più "spettatori passivi, ma creatori di nuove forme culturali". Negli ultimi anni si corre verso una democratizzazione sempre più spinta e orizzontale del mondo letterario e della cultura in generale, grazie ai blog, alle comunity on-line, ai quotidiani e riviste telematiche. Luoghi aperti e virtuali al cui dibattito partecipano anche gli ultimi arrivati dalla provincia dove non è necessario frequentare i salotti giusti per farsi sentire. Di conseguenza, non possono che essere influenzati positivamente anche i libri, non più indipendenti da quello che si scrive sulla rete.

Da qui il senso di apocalisse e la fine del mondo evocata da Baricco? Ha forse paura che qualcuno stia facendo traballare il piedistallo autoreferenziale del mondo letterario?

Il problema quindi non è di natura tecnologica-commerciale. La "commercializzazione spinta" allineata al "modello imperiale" non crea bisogni, ma li soddisfa: mentre negli anni Cinquanta la stragrande maggioranza della popolazione non sapeva leggere o non aveva tempo per farlo, il benessere successivo ha reso possibile l'assalto al palazzo, l'accesso a spazi prima riservati agli addetti ai lavori.

Il problema della commercializzazione e dell'ideologia imperialista americana quindi è un falso problema e difatti se ne accorge lo stesso Baricco che ad un certo punto la fa uscire di scena, con nonchalance, sebbene sia stata utile nel sostenere le argomentazioni precedenti: la prima di numerose contraddizioni. Il problema è filosofico ed è legato ad una nuova visione del mondo:

"I barbari usano il libro per completare sequenze di senso generate altrove" (I Barbari, pag. 68)

Ovvero riemerge il senso rivoluzionario della carta stampata. Il potere affidato alla parola, la parola che attacca il potere. Un libro acquista significato non per quello che è, come vorrebbe Baricco, ma per quello che dice, che comunica, per le idee che nascono altrove, in un altro tempo, nelle proprie esperienze di vita, nelle proprie riflessioni, non solo nel mondo dei libri.
Scompare "il libro che si rifà, completamente, alla grammatica, alla storia, al gusto della civiltà del libro" e che pertanto diviene povero di senso (I Barbari, pag. 69)

In un mondo globalizzato ed interconnesso, aperto, dove l'obiettivo è acquistare una lucidità sociale totale, un libro che al di là del grandissimo livello espressivo non comunica cose rilevanti, intelligenti, innovative, cose vissute, perde di senso. Perchè abbiamo sempre più bisogno di idee, di sapere quanti modi di vivere esistono e naturalmente, non si hanno idee intelligenti tutti i giorni. La vedete la democratizzazione del mezzo? La necessità di usufruire del contributo di tutti?

Si ricerca il punto di vista di chi l'esperienza l'ha avuta, di chi sporcandosi le mani ha conosciuto il bene attraverso il male. E questo nuovo modo di vedere le cose è ben rappresentato:

"Una certa rivoluzione copernicana del sapere, per cui il valore di un'idea, di un'informazione, di un dato, è legato non principalmente alle sue caratteristiche intrinseche ma alla sua storia. [...] E' come se il Senso, che per secoli è stato legato ad un'ideale di permanenza, solida e compiuta, si fosse andato a cercare un habitat diverso, sciogliendosi in una forma che è piuttosto movimento, struttura lunga, viaggio. Chiedersi cos'è una cosa, significa chiedersi che strada ha fatto fuori da se stessa" (I Barbari, pag.92).

Solo il religioso che vive di fede può non essere entusiasta di tale rivoluzione. Piangere la sacralità dei gesti, o la morte di ambienti elitari, a fronte di un sì grande processo è come piangere la morte dell'Assolutismo.

Perchè "l'essenza delle cose non dimora dentro di esse", ma nella relazione che esse hanno tra di loro. Sapere e conoscere non è più "entrare in profondità in ciò che studiamo", o meglio non solo. Per entrare in profondità, per comprendere, bisogna seguire una traiettoria ricostruendo tutti i rapporti di interazione. La comprensione totale diventa il vero innalzamento. Qui il problema filosofico è evidente e diventa una scelta di vita.

Creare uno strumento visionario come il meccanismo wiki di Wikipedia è una scelta di vita, un prendere posizione in cui si "Immagina un mondo in cui ognuno possa avere libero accesso a tutto il patrimonio della conoscenza umana"

"Wikipedia parla della capacità delle persone come noi di fare cose straordinarie. È gente come noi quella che scrive Wikipedia, una parola alla volta. È gente come noi che la sostiene. È la prova della nostra collettiva capacità di cambiare il mondo".
(Dall'appello del fondatore di Wikipedia Jimmy Wales)

Ecco il nuovo senso delle cose, le veloci avanguardie che Baricco, e molti altri, non capiscono o non vedono. Perchè non vedono queste nuove scelte di vita, non le capiscono, non le sanno interpretare e allora bollano il diverso come nomade e barbaro.

Non si vede, in questo nuovo modo di vivere, una nuova ricerca dell'anima che passa per l'incontro del diverso, per il viaggio nell'ignoto, per una scommessa sul futuro e sulla fiducia reciproca. Un nuovo modo di pensare che ha altri orizzonti: abbandonata l'anima precedente siamo intenti a costruirne una nuova ma basata su una nuova visione del mondo, un mondo che vogliamo e che stiamo cambiando.

Quando si parla di anima, Baricco cita all'inizio e alla fine del suo saggio un romanzo di Cormac McCarthy: "Cosa si dice a uno che per sua stessa ammissione non ha l'anima?" ironicamente da quel romanzo hanno poi fatto un film che i fratelli Coen hanno intitolato This is not a country for old men, appunto. Baricco come lo sceriffo protagonista del libro-film non si riconosce più in questo mondo, è diventato troppo vecchio.

Ma a differenza di quello che pensa Baricco e qualche sceriffo texano, le anime non sono scomparse, si sta solo procedendo ad abbandonare le vecchie per rincorrerne di nuove.

Forse non si sbaglia molto quando dice "Sarò pazzo, ma ogni tanto penso che la barbarie sia una sorte di enorme avanguardia diventata senso comune" (I Barbari, pag.129).

Perchè la fatica, lo sforzo non sono scomparsi, non vengono rigettati. Così come viene timidamente accennato: "Il barbaro cerca l'intensità del mondo, così come la inseguiva Beethoven. Ma ha strade sue per noi imperscrutabili e scandalose" (I Barbari, pag.125) seppur con un andamento altalenante e contraddittorio: "Comunque: hanno paura di pensare serio, pensare profondo, di pensare il sacro: la memoria analfabeta di una sofferenza patita senza eroismi deve crepitare, da qualche parte, in loro" (I Barbari, pag. 130).

Quello che è cambiato è la direzione della fatica. Ci si sforza di imparare più lingue, di adattarsi e di comprendere situazioni differenti e nuove, lo sforzo di dire addio più spesso, di avere rapporti più instabili quale fosse un onere da assolvere per avere in cambio la vita che si desidera. La fatica di trovarsi soli, di allontanarsi dal proprio territorio, di combattere per le idee contro nuovi e vecchi tabù. L'anima si continua a conquistare con la fatica, ma con la fatica del viaggio, degli interessi e progetti da portare avanti, con la gestione sempre più complessa del tempo attraverso molteplici divenire. Proprio come i punti di vista sul mondo che moltiplicatisi a dismisura rafforzano una crescita esponenziale di visioni.

Ma l'interrogativo finale su come sarà questa nuova anima non è altro che l'interrogativo su come sarà il futuro, quali valori verranno abbandonati, quali usciranno rafforzati e quali altri ancora nasceranno: bisognerebbe chiederlo alle avanguardie. Avere paura di questo è come avere paura del futuro. Bisognerebbe chiederlo a quelle persone che prima e più insistentemente degli altri si sono avviati verso un nomadismo continuo, a quelle persone che aprendosi si sono rafforzate continuamente, a chi ha vissuto e vive tra i due lati della barricata. A chi oggi ha una visione e la sta portando avanti, a chi crede nel futuro prossimo perchè lo sta realizzando.

Bisognerà chiederlo a loro, ai nuovi Marco Polo che racconteranno per primi le nuove sfide. Mi viene in mente Yoshi che ha attraversato il continente euro-asiatico per circa tre anni, a Flavien che ha attraversato il Mediterraneo da Nord a Sud e da Est a Ovest, ai poeti che venendo dal passato lontano comprendono meglio il futuro presente, a chi sta viaggiando in questo momento.

I Barbari termina con un' accorata rassegnazione sulla muraglia cinese, quando ormai si rende conto che non si tratta di civiltà e barbarie e che provare ad erigere barriere è stupido quanto pericoloso. In maniera emblematica oggi assistiamo ad uno scontro senza precedenti tra queste due filosofie di vita. Da una parte Google e dall'altra la Repubblica popolare cinese, prossima potenza mondiale assoluta nata da un sistema non democratico e discendente della muraglia cinese, la barriera delle barriere.

Non si sa ancora quali valori verranno salvati nel prossimo futuro, quali verranno abbandonati, quali torneranno in auge. C'è indeterminatezza, ma sicuramente rifiuteremo qualsiasi sistema che barbaricamente porrà un confine, qualsiasi sistema che in nome di qualcosa o qualcuno, chiamandola civiltà o barbarie, erigerà una barriera e sacrificherà qualcosa o qualcuno a noi caro per tale idea, a partire dalla nostra libertà.


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