Utilizzare il Calcio come emblema negativo del cambiamento in atto appare un po' furbo. Uno spazio emotivo, nazional-popolare regno di metafore, luoghi comuni e facili sentimentalismi. Basare una teoria su questo ha il valore dell'editoriale della domenica sulla gazzetta dello sport. Si fa largo l'idea che il dramma sia rappresentato non dalla sparizione del mondo come lo conosciamo oggi, o ieri, ma solo dalla scomparsa dell'universo di Baricco, della "sua" civiltà.
Da qui discendono immediatamente due considerazioni, che valgano da premessa: un confronto di merito tra civiltà è oggettivamente impossibile; non esiste una civiltà superiore ad un'altra, esistono solo civiltà diverse. Quello che oggi appare scontato per civiltà diverse (nessuno si sognerebbe di dire che la civiltà americana sia superiore a quella italiana, ad esempio) va applicato anche alla stessa civiltà ma in periodi temporali differenti, o durante le sue mutazioni.
Naturalmente, qui stiamo parlando di cultura, abitudini, costumi, gusti, non di condizioni che hanno a che fare con il convivere civile inteso in termini di diritti, libertà, corruzione, criminalità, povertà, pace sociale, elementi questi oggettivamente misurabili.
Ad esempio, provate a chiedere ad un medievista se la civiltà romana sia stata superiore o meno a quella fumosa organizzazione sociale che va dalla caduta simbolica dell'impero romano al Rinascimento. Vi dirà che sono semplicemente diverse.
Tuttavia Baricco applica al caso calcio italiano la sua formulazione o teoria generale: "Complice una precisa innovazione tecnologica, un gruppo umano sostanzialmente allineato al modello culturale imperiale, accede a un gesto che gli era precluso, lo riporta istintivamente a una spettacolarità più immediata e a un universo linguistico moderno, e ottiene così di dargli un successo commerciale stupefacente".
Che diventa poi: "Con l'invenzione della televisione digitale, uno sport che era stato per pochi ricconi e della televisione di Stato, finisce nelle mani di privati che, seguendo il modello dello sport americano, ne accentuano il tratto spettacolare, lo allineano alle regole del linguaggio moderno per eccellenza, quello televisivo, e in questo modo ottengono di spalancare il mercato, moltiplicare i consumi. Risultato apparente: il calcio perde l'anima". (I Barbari pag.49)
Più o meno la sintesi quindi è che a causa di una spettacolarizzazione e commercializzazione dello sport sul modello americano, i cui emblemi sono Moggi e Sky, Baggio, il più forte di tutti, il genio, si ritrova in panchina, e i terzini alla Zambrotta diventano indispensabili per la squadra. Una mossa suicida del gioco calcio che arriva ad eliminare la parte più bella di sè, il numero dieci.
Senza voler difendere Moggi o Sky, dove per dirla alla francese Je m'en fous, bisogna riconoscere che Baricco agita un cambiamento che in questi anni si è arricchito di cronache negative, immorali, sporche, corrotte, marce. In parole povere un cambiamento che a detta di tutti sembra essere avvenuto in peggio. Troppi soldi girano e si sa. Baggio è un fuoriclasse e si sa. Ma Baricco con troppa furbizia convoglia questo malumore, dove i ragionamenti sono fortemente condizionati da aspetti emotivi, verso una causa da lui individuata. Il suo modello calcistico è stato tradito dalla quella rivoluzione di gioco che non ha fatto altro che esprimere la filosofia barbara: il calcio totale.
Un nuovo modo di giocare che rispecchia una nuova logica filosofica, finalizzata alla spettacolarizzazione, dove tramite la medietà dei singoli, ovvero tutti sanno fare un po' tutto, tutto il sistema gira più veloce. "La medietà è veloce. Il genio è lento". "Un cervello semplice trasmette messaggi più velocemente, un cervello complesso li rallenta". Sebbene una cosa siano i diritti televisivi, una precisa politica commerciale, la corruzione di Moggi e una cosa siano le strategie calcistiche, il calcio totale, a zona, e la tecnica del fuorigioco.
Che cosa ne deriva dal suo modo di ragionare? Il sistema si è istupidito. Ma questa non è una teoria, non è un'argomentazione, sono le nostalgie di un giovane già vecchio "cresciuto all'antica". Come detto sopra giudizi di valore non possono esseri confrontati in maniera quantitativa e qualitativa, non è possibile dire che il rosso valga più del verde, o affermare quale sia il colore più bello, ognuno ha le sue opinioni. Cavalcare le sue nostalgie, e quelle di molti altri, non è un approccio che spicca per onestà intellettuale.
Ed in ogni caso, fermo restando l'imbarbarimento dell'ambiente calcio e solo di quello per i suddetti motivi, è innegabile che il gioco sia diventato in sè più complesso. Ovvero non è avvenuto anche in questo caso quello che Baricco riconosce alla musica classica nell'Ottocento?Una migliorazione dei gesti, una sua evoluzione? Un gioco di squadra in cui tutti i componenti sono parte attiva del gioco è un'evoluzione più complessa o no, rispetto al "vecchio calcio che viveva di molti duelli personali"? Se si confrontassero due squadre oggi, una che gioca alla vecchia maniera, con il Libero, e un'altra con il "calcio totale" chi vincerebbe? Del resto le regole non sono cambiate. Dimenticarsi questi piccoli particolari, così come paragonare Zambrotta e Baggio come prova della medietà verso cui stiamo andando allo stesso modo, non è serio.
Ma arriviamo a quello che noi interessa, arrivare tramite la critica ad una affermazione di idee. La massima generale derivata dalla sua argomentazione calcistica è:
"Un sistema è vivo quando il senso è presente ovunque e in maniera dinamica: se il senso è localizzato, e immobile, il sistema muore" (I Barbari pag. 58)
Mi era già capitato di affermare che il senso lo si acquista al ritorno, che matura durante il viaggio, dopo una partenza, al ritorno di una ricerca. Ma qui vengono messi in contrapposizione due mondi, due modi di vedere le cose. Da una parte chi con la fatica e la dedizione al suo lavoro trova il senso delle cose e dall'altra colui che vive il tutto come un divenire, colui che cerca il senso delle cose nella loro evoluzione.
Riconoscendo l'acutezza delle riflessioni di Baricco, in particolare l'essere riuscito a descrivere i meccanismi tramite i quali si vivono e creano nuove esperienze, rimane la delusione della interpretazioni. Quello che lui considera saccheggio, ovvero il cambiamento di una vecchia istituzione, la riappropriazione e modifica di un gesto, la creazione di "sistemi passanti", a me appare una conquista. La conquista di aver rialzato la testa dal proprio lavoro per rendersi conto del circostante, per rendersi cosciente degli effetti e delle conseguenze del proprio lavoro.
Nell'aver alzato la testa si rigetta un nuovo sguardo sul mondo, uno sguardo completo, totale. Finalmente non si è ripiegati su noi stessi, eseguendo un compito i cui esiti e le cui interdipendenze erano irrilevanti. Riscoprire e vivere tramite una nuova etica sociale. Lavorare pensando a cosa si fa, cercandone il senso, ovunque esso sia, rincorrendolo se necessario. Ci giudichiamo da fuori, vedendo e amando anche la spettacolarità delle cose, la causa del nostro entusiasmo in cui soggiace creazione di bellezza. Si va verso una nuova etica aperta e relativistica. Questo è un valore, non un disvalore, si riesce ad avere uno sguardo sul mondo e su noi stessi più oggettivo, perchè più aperto e soggetto al confronto.
Cercheremo di risolvere la sfida del bene e del male nella loro fusione, nella bontà del singolo gesto e del singolo individuo, nell'affrontare la contraddittoria e complessa realtà, non marcandola di bianco o di nero, non nascondendola sotto al tappetto, tacciando l'ipocrisia, approfondendo tutte le sue sfumature.
Quando penso alla dedizione al lavoro, Baricco pensa a Monsieurs Bertin, io penso ad Eichmann, l'esecutore, il burocrate, responsabile della morte di 6 milioni di ebrei durante l'Olocausto perchè ripiegato su se stesso, intento a non chinare la testa guardandosi solo i piedi, senza pensare al senso di quello che faceva. L'unica sua preoccupazione era fare un buon lavoro. Come ha affermato Simon Wisenthal, tra i responsabili della sua cattura dopo avergli dato la caccia per oltre 20 anni, "se gli avessero chiesto di catalogare e mandare a morte tutti quelli il cui nome iniziasse con la lettera B dell'alfabeto, probabilmente avrebbe fatto lo stesso lavoro". La banalità del male si è detto. Questa mancanza di senso collettivo, di lucidità sociale, di coscienza delle proprie azioni è la distanza da colmare, l'obiettivo da raggiungere.
Perchè il senso oggi lo si acquista, lo si vede e comprende tramite il movimento, il confronto, in velocità, che non diventa assenza di genio, ma intelligenza collettiva, abbattendo i totem, non più assoluti. Grazie a dei Sistemi Passanti, esattamente come individuato da Baricco, si arriva a esperienze da attraversare, divorare, assaporare. Divengo dunque sono. Per Baricco è una perdita di anima, per noi una nuova visione, necessaria per capire le cose oggi. Perchè il mondo è interconnesso, e la spiegazione di un gesto, di un evento, di una frase è da ricercare nel percorso appena fatto. Nella scia illuminata di esperienze lasciate dietro di sé. Verso una visione totale.
2 commenti:
mi dai da pensare...
ti scrivo presto fratè, sono stato troppo "in divenire", eheh...
allora un obiettivo è stato raggiunto, aspetto con ansia tue notizie, qui si creno novità, hai avuto notizie da Davide di Porto?
a presto frà
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