domenica 27 gennaio 2008

Divengo, dunque sono


Nonostante tutto Filip viaggia, si muove, si agita, sente il bisogno di farlo. Dimenarsi in uno spazio senza sapere se la particolarità della vita sarà il movimento stesso; la realtà è quella che noi attraversiamo o esiste ed esisterà indipendentemente da noi?

C'è chi considera l'esistenza del mondo indipendente dalla propria vita, indipendente da quello che dirai e farai oggi, variabili ininfluenti, spettatori, dove la propria vita è costituita dalla visone e partecipazione alle esistenze altrui.

Del resto è possibile sentirsi liberi e vivi nel presente anche rimanendo fermi. In un romanzo di Sciascia il capitano Bellodi va ad intervistare un sospetto, un tale pregiudicato che dopo anni di galera passa tutta la sua giornata al centro di una piazza, come in meditazione ed in dolce attesa "perchè la libertà è qui dentro" dice, puntandosi il dito alla testa.
Del resto si può vivere benissimo nell'immobilità:

"Pessoa si domanda in un celebre libro: “a che scopo viaggiare? A Madrid, a Berlino, in Persia, in Cina, al Polo; dove sarei se non dentro me stesso e nello stesso genere delle mie sensazioni?” (Pessoa, 1986, p. 98). Egli ne il libro dell’inquietudine si pone sovente il dilemma se il senso del viaggiare risieda effettivamente nell’atto dello spostarsi o più semplicemente in uno stato mentale: “Cosa significa viaggiare e a cosa serve viaggiare? Qualsiasi tramonto è il tramonto; non è necessario andare a vederlo a Costantinopoli. E il senso di libertà che nasce dai viaggi? Posso averlo andando da Lisbona in Cina, perché se la libertà non è in me non la troverò da nessuna parte” (p. 76).

Egli soleva addirittura viaggiare salendo casualmente su un tram, e da li amava osservare il mondo: penetrare con lo sguardo i suoi ignari compagni di tragitto, lasciarsi sedurre da ogni minimo gesto e particolare, scrutandoli fino nell’intimo più profondo, disvelando ogni singola esistenza e così facendo potendo infine affermare: “la testa mi gira (...). Ho vissuto tutta la vita” (p. 135)."(Il Neo-Nomadismo nell'era globale)

Sentirsi vivi. Siamo passati dal cogito, ergo sum al navigo, ergo sum, sebbene molti sostengano che sia possibile sentirsi al centro del mondo dal centro di una stanza, è innegabile che il solo pensiero, la sola immaginazione, anche la sola informazione non possono renderci lo spessore, le sfumature del mondo. Sottovalutando l'importanza dell'esperienza, con l'atteggiamento di chi sa, ha già visto e sentito un po' di tutto ci precludiamo tutto il resto. Nè esperienza, nè pensiero da soli danno conoscenza; per pervenire ad essa sono necessari i dati sensibili e l'intelletto che li organizzi. Come direbbe Kant "senza l'intelletto la nostra conoscenza sarebbe cieca e senza l'esperienza sarebbe vuota".

Allora muoversi anche per vivere, viaggiare anche per divenire, immergersi nella realtà e filtrarla anche a costo di una visione parziale, relativa, cioè umana. Muoversi e riflettere, perdersi e ritrovarsi, essere in una piena incertezza anzichè in una vuota sicurezza.

"Ma l'uomo che ritorna dalla breccia del muro non sarà mai proprio lo stesso dell'uomo che era andato: sarà più saggio ma meno presuntuoso, più felice ma meno soddisfatto di sè, più umile nel riconoscere la sua ignoranza, eppure meglio attrezzato per capire il rapporto tra parole e cose
". (Huxley, 1954)

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