domenica 27 gennaio 2008

Io sono vivo


Io sono vivo. Io sono giovane, io mi sento vivo. Lavoro, studio, amo, viaggio e mi stresso, dunque sono vivo. Filip, 21 anni, ha passato un periodo della sua vita in UK, cameriere, lavapiatti, facchino, ha lavorato, ha imparato un'altra lingua, è tornato a casa. Tczew non è troppo piccola per lui, è una di quelle persone orientata all'azione che affronta con leggerezza le difficoltà, perché in fondo le difficoltà vere non lasciano spazio a soluzioni, non è necessario fuggire altrove se riesci ad organizzarti dove vivi, mantenendo il centro del proprio mondo, i propri amici di sempre, la propria casa. Riesce a trovare un lavoro come fotografo, una passione che aveva sempre coltivato, riesce a sostenersi anche negli studi, vive con i suoi genitori, ma partecipa alla spese comuni in casa. Gli amici di sempre hanno messo su una band, rock/indie, lui non suona ma non per questo è escluso dal gruppo, diventa il loro manager, organizza concerti, selezioni, li porta addirittura ad esibirsi in diretta di venerdì sera alla prima radio nazionale.
Filip vive intensamente ogni attimo della sua esistenza, dopo un anno senza quasi fermarsi decide che è ora di prendersi una vacanza, cioè trovarsi in un qualsiasi luogo dove riacquista la libertà di diventare ciò che vuole. Libera una settimana al tempo fagocitato dai suoi impegni, può sembrare non molto, ma è sufficiente per volare a Roma e poi a Barcellona. Conoscere nuove persone, evadere, in fondo la vita è anche evasione, tornare fuggiasco nella solitudine, andare al cinema o ad un concerto da soli dove la compagnia o meno è lasciata al dubbio del caso, conquistarsi quei momenti di solitudine non provocata dagli altri, non emarginazione, ma bisogno fisiologico, meditazione e riflessione. L'unico modo per sentire, soli con la propria immaginazione, la vertigine di un sogno.

Vivere al costo di espandersi, sempre e comunque, fermarsi al costo di rimanere soli. Filip è proiettato nella sua vita, le sue scadenze, i suoi impegni, i suoi obiettivi. Ma l'evoluzione a cui si va incontro è diventare qualcos'altro fuori da , io sono quel che faccio. O meglio io sono quello che devo fare perché è nel momento in cui si progetta, si pianifica, si razionalizza il da farsi che abbiamo una condizione pensante ed individuale. Nel momento in cui facciamo qualcosa, nell'atto stesso di agire siamo già proiettati nel futuro.

Il presente, il passato, il futuro quale momento dà senso alla nostra esistenza? Il passato come identità, forse posizione conservatrice e chiusa; il futuro come progresso, prospettiva o punto d'arrivo. Anche nei paesi che stanno cambiando velocemente in questi anni, i paesi emergenti, come la Polonia si respira un'aria di possibilità, di progresso e ottimismo. Un futuro che ci costringe all'azione, dove perdiamo i nostri punti di riferimento, le stabilità, per forti vertigini di velocità. Il presente, è la situazione forse più difficile da capire, analizzare, indovinare. Perché vivere veramente il presente, sentirsi liberi dagli obblighi, dal futuro immediato, essere concentrati su se stessi, coscienti, consapevoli e felici, è una sensazione forse percepita nell'andare di un viaggio, ma ha un che di utopico in cui è facile mischiare il sogno e la realtà.

Possibile che facciamo più difficoltà a trovare il nostro presente, ammesso che ce ne sia uno, perché viene meno uno spazio di riflessività? O che sia il contrario, proprio perché siamo più portati a riflettere, sempre di più, sveliamo man mano l'assurdità delle cose.

"Sempre più simili a uomini bionici, cibernetici, androidi, esseri che non possono fare a meno della propria natura umana ormai ibridata dall'artificiale e che per questo necessitano costantemente di un rimodellamento della propria identità, siamo veramente convinti che la scelta riguardo a chi essere e in che modo vivere dipenda necessariamente da noi stessi?" (Il Neo-Nomadismo nell'era globale)

1 commento:

Anonimo ha detto...

"...Ma la nostra mente è ristretta, la nostra comprensione limitata... non siamo in gradi di vedere il Tutto: vediamo sempre e solo una piccola parte.
Assomigliamo ad una persona che si nasconde dietro una porta chiusa e guarda la strada dal buco della serratura.
Certo, continua a vedere qualcosa... qualcuno cammina, una macchina sta passando... un minuto fa non c'era, è presente per un attimo, e dopo un istante è scomparsa per sempre.
Allo stesso modo noi guardiamo l'esistenza: diciamo che qualcosa è nel futuro, poi diventa presente, e poi se ne va nel passato.
Di fatto, il tempo è un'invezione umana. E' sempre qui-e-ora! L'esistenza non conosce passato nè futuro: conosce solo il presente;
ma noi siamo seduti dietro al buco di una serratura e guardiamo da lì."