La festa dei Gigli di Nola è antichissima. Ben più vecchia delle feste andaluse, meno conosciuta all'esterno, ma forse per questo ancora più vera. La leggenda vuole che la festa in onore di San Paolino, santo di epoca romana vissuto tra il quarto e quinto secolo e che fu anche vescovo di Nola, sia nata per ringraziarlo della liberazione dei suoi cittadini dalle catene barbare.
Durante le invasioni barbare alla fine dell'impero romano gran parte d'Italia fu saccheggiata e resa schiava, tra cui anche Nola, ad opera dei Vandali.
Gran parte della popolazione fu deportata tra cui lo stesso San Paolino sacrificatosi per salvare il giovane figlio di una vedova. Tuttavia, una volta arrivati in Africa settentrionale, i prigionieri Nolani furono liberati proprio grazie al suo vescovo che convinse il re barbaro, dopo avergli predetto la sua fine imminente e aver rivelato la sua identità, a liberare tutto il suo gregge. Al ritorno in Italia su navi piene di frumento, San Paolino fu accolto dai suoi concittadini con numerosi gigli e portato da quel momento in poi in processione, tutti gli anni.
Leggenda a parte, gli storici invece vedono nella festa che coincideva con il solstizio d'estate, la cristianizzazione di un rito pagano che doveva essere un buon auspicio per i raccolti futuri. Infatti, non sarà un caso che S.Paolino cade proprio il 21 di Giugno. In ogni caso, qual che siano le vere origini della festa questo forse poco importa ai Nolani stessi che la vivono come il momento più atteso dell'anno, l'inizio stesso di un nuovo ciclo di vita. Un evento che ha assunto nel tempo un altro carattere, una miscela di sacro e profano che rende la festa un momento catartico: una purificazione dell'anima tramite rappresentazioni collettive di forza, abilità, partecipazione, bellezza. Bellezza a cui tutti contribuiscono creando il rango dell'opera d'arte collettiva, vivente. Una elevazione spirituale che al ritmo della processione dura tutta la notte.
Rimane incredibile il fatto che una festa di tale forza e tale storia non sia conosciuta nemmeno nelle città circostanti, nei centri napoletani o casertani, nelle campagne che distano pochi chilometri. Forse ancora una volta è la prova di quanto sia frammentato, ricco, il nostro territorio, dove intere città con sacche culturali distinte vivono in maniera parallela, per fortuna, direi. Infatti, la festa rimane un fatto quasi privato, esclusivo della comunità nolana e delle reti di paesi che storicamente vi partecipano, zoccoli duri di persone che la vivono da secoli con grande passione. Ma tale intimità non è chiusura, anzi. Una comunità che appare sana e coesa proprio grazie alla festa, grazie ad un fortissimo fattore di indentificazione e di appartenenza, ha meno rimorsi e complessi ad aprirsi al visitatore straniero.
La festa che apparentemente dura solo due giorni, in realtà richiede un lavoro costante per tutto l'anno. Il maestro di festa che ogni anno alla fine della festa riceve l'onore di organizzare il giglio della festa futura, procede ad organizzare la paranza, contattare la banda ed il costruttore che per l'occasione costruirà il giglio, oltre ad un poeta che ha l'onere di comporre nuovi versi da cantare durante la processione in segno di fede e devozione a S. Paolino. Quindi ogni anno tutto viene ricostruito ex-novo, i gigli che sono otto ed i cui nomi si rifanno alle diverse ed antiche corporazioni di mestieri della città, muovono una buona parte dell'economia nolana. C'è chi dice anche che l'economia di Nola si regga sulla festa dei Gigli. I fondi inoltre vengono raccolti tramite le questue, grandi banchetti organizzati dai comitati di ciascun giglio allo scopo di raccogliere le offerte dei Nolani. Una festa pertanto autofinanziata ed indipendente, ciò anche la rende tanto partecipata.
I gigli, strutture in legno alte 25 metri sono ricostruiti ogni anno, e "vestiti" ogni volta in modo diverso, imitando stili barocchi, gotici, o design moderni, sono portati in spalla da centinaia di portatori, o meglio "cullatori", che costituiscono le paranze di ciascun giglio. Giovani e non, fanno ballare il giglio in onore di San Paolino. Il Capo-paranza che dirige questo centinaio di uomini intona ordini dal linguaggio strettamente nolano. "Uagliu' , seguite 'a ' simmetria, appresse' a ' destra' mia!" intendendo di girare su se stessi verso destra, o chiamando sull'attenti, o ancora "Vai con la seconda" intendendo che alla fine del secondo ritornello i cullatori devono alzare il giglio. Infatti alla base del giglio, ma su di esso, c'è un'intera banda il cui peso è portato dai cullatori: fiati, pianola, chitarra, batteria, due cantanti neo-melodici e una ragazza che trascinano i comitati e la folla.
Il cerimoniale è preciso e si ripete da secoli. Il sabato seguente il 21 giugno, i gigli vengono esposti in piazza e la sera i comitati rendono omaggio cantando e ballando dinanzi a ciascun giglio prima della processione della domenica. La domenica mattina ci si riunisce in piazza Duomo, tra il Duomo ed il Municipio, per rendere saluto al proprio santo che per l'occasione esce dalla chiesa per recare omaggio a tutti i gigli tramite un giro della piazza. Dopo anche la benedizione ed il discorso del vescovo, c'è la pausa pranzo, il necessario ricarico energetico prima dello sforzo che si protrarrà dal pomeriggio sino alla mattina seguente.
La processione comincia nel pomeriggio per poi durare tutta la notte sino alle dieci del mattino seguente, instancabilmente, in un vortice di energia. Resistere alle musiche e al ritmo delle bande è impossibile, ballare è necessario, stare fermi sarebbe un'offesa alla forza di chi culla un giglio di 25 metri, trascinato per i vicoli più angusti, che gira su se stesso per omaggio al santo e alla propria città.
Perchè il punto fondamentale è questo, che i gigli sono una festa di Nolani per i Nolani stessi. I gigli di Nola sono i suoi abitanti, i veri fiori di questa terra. Un territorio problematico, ma che in occasioni come queste dimostra che la forza del riscatto è possibile. Lo si nota nella gentilezza dell'uomo delle granite, del venditore di pizzelle, nei commercianti che si sentono parte integrante della festa e non speculatori occasionali. Un territorio che dimostra che il senso di comunità è ancora forte, lì dove esiste e resiste è una ricchezza, capitale umano collettivo, una leva su cui poggiare per raggiungere fini comuni. Un territorio coeso può decidere più autorevolmente di se stesso, accogliere più facilmente, vivere più serenamente.
L'entusiasmo dei Nolani che magicamente si ripete e si ricrea ogni anno è uno specchio, uno specchio di loro stessi, di quanto c'è di sano in ognuno di loro. Nola nella sua festa vede se stessa. A differenza della semana santa dove tutte le energie positive e l'amore vengono catalizzate nei simboli, nei volti lignei di madonne bellissime, qui chi viene portato in processione sono uomini portati da altri uomini celebrando l'amore di Nola verso il suo santo, ma esprimendo in realtà l'amore della comunità verso se stessa. Uomini, non simboli, l'interazione con la gente è continua e reale, la chiamano ancora processione, ma è una vera e propria festa con i caratteri della feria. I balconi sono pieni, nessuno dorme, tutti partecipano, la comunità si abbraccia e si riconosce nel momento della festa.
Sacro e profano finalmente uniti. Nessuna ipocrisia, nessuna dicotomia della vita. Alle urla di W S.Paolino e W Nola, la festa esprime tutta la sua passione, ed il legame con la terra. Nello sforzo dei cullatori Nola vuole vedere la propria grinta, il proprio attaccamento alla vita. S.Paolino è un parafulmini, una punta argentata che sprigiona e attrae a sè tutte le energie positive dei Nolani. Il fattore religioso legittima la tradizione, il cerimoniale, la sacralità, il discorso del vescovo, ma quello che prevale è l'anima contemporanea di un'antica comunità.
In un'Europa dove sempre più spesso si assiste allo svilimento di feste antiche, trasformate in attrazioni turistiche, in parchi tematici, qui rimane un qualcosa di essenzialmente vero, reale, anche se fragile oggi. Parlando con un Nolano si ha un'altra visione del tempo: la festa è sempre stata e sempre sarà. Lo spirito della festa è forte e profondamente radicato, ma la forte comunità che resiste inconsapevole su una rocca al passare del tempo rischia di sciogliersi, come è già avvenuto in tante altre città vicine, un tacito patto che va rispettato e che deve essere portato avanti. Il declino della festa di Piedigrotta di Napoli ne è un esempio, una festa che ha partorito canzoni come O' Sole mio e che vantava origini millenarie è caduta in declino negli anni Sessanta, e si sta ora tentando artificiosamente dall'alto di riportarla in vita. Un declino che rispecchia il declino e la distruzione del tessuto sociale della città.
Una festa non è mai solamente una festa, non è solo un esempio di folklore, ma lo specchio di una comunità, se questo fattore di coesione sociale cade, viene meno anche il suo implicito patto sociale, se ciò avviene l'imbarbarimento è dietro l'angolo. La festa è uno specchio in cui ammirare l'immensità, la quantità di energia sprigionata che produce bellezza unica, estasi collettiva, e oggi, vorremmo rispecchiarci di più in queste parti sane di paese, non vivere di semplici riflessi.
Durante le invasioni barbare alla fine dell'impero romano gran parte d'Italia fu saccheggiata e resa schiava, tra cui anche Nola, ad opera dei Vandali.
Gran parte della popolazione fu deportata tra cui lo stesso San Paolino sacrificatosi per salvare il giovane figlio di una vedova. Tuttavia, una volta arrivati in Africa settentrionale, i prigionieri Nolani furono liberati proprio grazie al suo vescovo che convinse il re barbaro, dopo avergli predetto la sua fine imminente e aver rivelato la sua identità, a liberare tutto il suo gregge. Al ritorno in Italia su navi piene di frumento, San Paolino fu accolto dai suoi concittadini con numerosi gigli e portato da quel momento in poi in processione, tutti gli anni.
Leggenda a parte, gli storici invece vedono nella festa che coincideva con il solstizio d'estate, la cristianizzazione di un rito pagano che doveva essere un buon auspicio per i raccolti futuri. Infatti, non sarà un caso che S.Paolino cade proprio il 21 di Giugno. In ogni caso, qual che siano le vere origini della festa questo forse poco importa ai Nolani stessi che la vivono come il momento più atteso dell'anno, l'inizio stesso di un nuovo ciclo di vita. Un evento che ha assunto nel tempo un altro carattere, una miscela di sacro e profano che rende la festa un momento catartico: una purificazione dell'anima tramite rappresentazioni collettive di forza, abilità, partecipazione, bellezza. Bellezza a cui tutti contribuiscono creando il rango dell'opera d'arte collettiva, vivente. Una elevazione spirituale che al ritmo della processione dura tutta la notte.
Rimane incredibile il fatto che una festa di tale forza e tale storia non sia conosciuta nemmeno nelle città circostanti, nei centri napoletani o casertani, nelle campagne che distano pochi chilometri. Forse ancora una volta è la prova di quanto sia frammentato, ricco, il nostro territorio, dove intere città con sacche culturali distinte vivono in maniera parallela, per fortuna, direi. Infatti, la festa rimane un fatto quasi privato, esclusivo della comunità nolana e delle reti di paesi che storicamente vi partecipano, zoccoli duri di persone che la vivono da secoli con grande passione. Ma tale intimità non è chiusura, anzi. Una comunità che appare sana e coesa proprio grazie alla festa, grazie ad un fortissimo fattore di indentificazione e di appartenenza, ha meno rimorsi e complessi ad aprirsi al visitatore straniero.
La festa che apparentemente dura solo due giorni, in realtà richiede un lavoro costante per tutto l'anno. Il maestro di festa che ogni anno alla fine della festa riceve l'onore di organizzare il giglio della festa futura, procede ad organizzare la paranza, contattare la banda ed il costruttore che per l'occasione costruirà il giglio, oltre ad un poeta che ha l'onere di comporre nuovi versi da cantare durante la processione in segno di fede e devozione a S. Paolino. Quindi ogni anno tutto viene ricostruito ex-novo, i gigli che sono otto ed i cui nomi si rifanno alle diverse ed antiche corporazioni di mestieri della città, muovono una buona parte dell'economia nolana. C'è chi dice anche che l'economia di Nola si regga sulla festa dei Gigli. I fondi inoltre vengono raccolti tramite le questue, grandi banchetti organizzati dai comitati di ciascun giglio allo scopo di raccogliere le offerte dei Nolani. Una festa pertanto autofinanziata ed indipendente, ciò anche la rende tanto partecipata.
I gigli, strutture in legno alte 25 metri sono ricostruiti ogni anno, e "vestiti" ogni volta in modo diverso, imitando stili barocchi, gotici, o design moderni, sono portati in spalla da centinaia di portatori, o meglio "cullatori", che costituiscono le paranze di ciascun giglio. Giovani e non, fanno ballare il giglio in onore di San Paolino. Il Capo-paranza che dirige questo centinaio di uomini intona ordini dal linguaggio strettamente nolano. "Uagliu' , seguite 'a ' simmetria, appresse' a ' destra' mia!" intendendo di girare su se stessi verso destra, o chiamando sull'attenti, o ancora "Vai con la seconda" intendendo che alla fine del secondo ritornello i cullatori devono alzare il giglio. Infatti alla base del giglio, ma su di esso, c'è un'intera banda il cui peso è portato dai cullatori: fiati, pianola, chitarra, batteria, due cantanti neo-melodici e una ragazza che trascinano i comitati e la folla.
Il cerimoniale è preciso e si ripete da secoli. Il sabato seguente il 21 giugno, i gigli vengono esposti in piazza e la sera i comitati rendono omaggio cantando e ballando dinanzi a ciascun giglio prima della processione della domenica. La domenica mattina ci si riunisce in piazza Duomo, tra il Duomo ed il Municipio, per rendere saluto al proprio santo che per l'occasione esce dalla chiesa per recare omaggio a tutti i gigli tramite un giro della piazza. Dopo anche la benedizione ed il discorso del vescovo, c'è la pausa pranzo, il necessario ricarico energetico prima dello sforzo che si protrarrà dal pomeriggio sino alla mattina seguente.
La processione comincia nel pomeriggio per poi durare tutta la notte sino alle dieci del mattino seguente, instancabilmente, in un vortice di energia. Resistere alle musiche e al ritmo delle bande è impossibile, ballare è necessario, stare fermi sarebbe un'offesa alla forza di chi culla un giglio di 25 metri, trascinato per i vicoli più angusti, che gira su se stesso per omaggio al santo e alla propria città.
Perchè il punto fondamentale è questo, che i gigli sono una festa di Nolani per i Nolani stessi. I gigli di Nola sono i suoi abitanti, i veri fiori di questa terra. Un territorio problematico, ma che in occasioni come queste dimostra che la forza del riscatto è possibile. Lo si nota nella gentilezza dell'uomo delle granite, del venditore di pizzelle, nei commercianti che si sentono parte integrante della festa e non speculatori occasionali. Un territorio che dimostra che il senso di comunità è ancora forte, lì dove esiste e resiste è una ricchezza, capitale umano collettivo, una leva su cui poggiare per raggiungere fini comuni. Un territorio coeso può decidere più autorevolmente di se stesso, accogliere più facilmente, vivere più serenamente.
L'entusiasmo dei Nolani che magicamente si ripete e si ricrea ogni anno è uno specchio, uno specchio di loro stessi, di quanto c'è di sano in ognuno di loro. Nola nella sua festa vede se stessa. A differenza della semana santa dove tutte le energie positive e l'amore vengono catalizzate nei simboli, nei volti lignei di madonne bellissime, qui chi viene portato in processione sono uomini portati da altri uomini celebrando l'amore di Nola verso il suo santo, ma esprimendo in realtà l'amore della comunità verso se stessa. Uomini, non simboli, l'interazione con la gente è continua e reale, la chiamano ancora processione, ma è una vera e propria festa con i caratteri della feria. I balconi sono pieni, nessuno dorme, tutti partecipano, la comunità si abbraccia e si riconosce nel momento della festa.
Sacro e profano finalmente uniti. Nessuna ipocrisia, nessuna dicotomia della vita. Alle urla di W S.Paolino e W Nola, la festa esprime tutta la sua passione, ed il legame con la terra. Nello sforzo dei cullatori Nola vuole vedere la propria grinta, il proprio attaccamento alla vita. S.Paolino è un parafulmini, una punta argentata che sprigiona e attrae a sè tutte le energie positive dei Nolani. Il fattore religioso legittima la tradizione, il cerimoniale, la sacralità, il discorso del vescovo, ma quello che prevale è l'anima contemporanea di un'antica comunità.
In un'Europa dove sempre più spesso si assiste allo svilimento di feste antiche, trasformate in attrazioni turistiche, in parchi tematici, qui rimane un qualcosa di essenzialmente vero, reale, anche se fragile oggi. Parlando con un Nolano si ha un'altra visione del tempo: la festa è sempre stata e sempre sarà. Lo spirito della festa è forte e profondamente radicato, ma la forte comunità che resiste inconsapevole su una rocca al passare del tempo rischia di sciogliersi, come è già avvenuto in tante altre città vicine, un tacito patto che va rispettato e che deve essere portato avanti. Il declino della festa di Piedigrotta di Napoli ne è un esempio, una festa che ha partorito canzoni come O' Sole mio e che vantava origini millenarie è caduta in declino negli anni Sessanta, e si sta ora tentando artificiosamente dall'alto di riportarla in vita. Un declino che rispecchia il declino e la distruzione del tessuto sociale della città.
Una festa non è mai solamente una festa, non è solo un esempio di folklore, ma lo specchio di una comunità, se questo fattore di coesione sociale cade, viene meno anche il suo implicito patto sociale, se ciò avviene l'imbarbarimento è dietro l'angolo. La festa è uno specchio in cui ammirare l'immensità, la quantità di energia sprigionata che produce bellezza unica, estasi collettiva, e oggi, vorremmo rispecchiarci di più in queste parti sane di paese, non vivere di semplici riflessi.
Nessun commento:
Posta un commento