“Si narra che tempo fa avessero le gambe corte. Ma oggi? Le bugie sono dei pilastri, e in quanto tali fatte di poderose colate di cemento. “ (cyop&kaf)
L’ITALIA PRESA A TRADIMENTO, ASSASSINATA DAI GIORNALI E DAL CEMENTO *
di Sara Di Bianco
In edilizia con il termine CEMENTO (o più propriamente cemento idraulico), si intende una varietà di materiali da costruzione, noti come leganti idraulici, che miscelati con acqua sviluppano notevoli proprietà adesive (idrauliche). La pasta cementizia (cemento più acqua) viene impiegata come legante in miscela con materiali inerti come sabbia ghiaia o pietrisco. Se il cemento si unisce con la ghiaia si crea la malta, se invece vi si unisce sabbia e ghiaia si ottiene il calcestruzzo, da cui poi il calcestruzzo armato (calcestruzzo più barre d’acciaio, comunemente detto cemento armato), che è il materiale da costruzione più impiegato al mondo).
La storia del cemento e dell’edilizia in Italia è storia di speculazioni e di menzogne, storia che si può far cominciare nel secondo dopoguerra, anni in cui il patrimonio edilizio aumentò vertiginosamente: nel 1951 erano stati costruiti 10,7 milioni di abitazioni, quasi raddoppiate nei 40 anni successivi, per arrivare a una cifra di 19,7 milioni di unità nel 1991 (fonte Censis).
Diversi sono stati i boom edilizi nel nostro Paese, ma clamoroso fu quello a tutti noto degli anni ’60 che, un po’ per l’arretratezza del nostro paese (nonostante il boom economico anni ’58-’63), un po’ per la rapidità con cui tutto si sviluppò, portò non pochi squilibri.
Da paese rurale ed agricolo quale era l’Italia, diventò un agglomerato di grandi sobborghi urbani e industriali dove il cemento cominciò a farla da padrone; La prima e tra le più gravi conseguenze fu la speculazione edilizia; mancava poi una legislazione urbanistica appropriata, e quelle poche norme, pur insufficienti che fossero, in molti casi non venivano rispettate: si costruì praticamente ovunque, non vennero risparmiate coste né piccoli villaggi, spuntarono case e alberghi come funghi (peccato che di funghi non si trattava!), ignorando spesso e volentieri le prescrizioni edilizie ed antisismiche: ca. 680mila alloggi risalenti a quell’epoca sono considerati di scarsa qualità tecnica e a rischio. I danni ambientali furono devastanti, e la “soluzione” furono le leggi tampone (legge 765 del ’67, anche detta legge ponte).
In particolare, nota dolente dell’urbanizzazione selvaggia furono i famosi “quartieri dormitorio”, frutto della legge 167 sull’ edilizia popolare, che portò alla costruzione di palazzine informi, grigie, scadenti e anonime, obbrobri ai margini dei centri urbani, privi di spazi verdi di servizi e di trasporti: l’effetto immediato fu l’emarginazione di numerosissime famiglie, con riflessi sociali non indifferenti.
Oggi, oltre all’eredità lasciataci dagli anni ’60, su 28milioni di case più del 20% (ben 6 milioni!) sono seconde e terze case; per lo più si tratta di speculazione edilizia, specialmente in zone turistiche costiere e montane. Nemmeno la Toscana, fino a qualche anno fa intatta, si salva da questo vortice di speculazione e colate. La Lombardia è praticamente desertificata, le sue imprese agricole sono circondate dal cemento. Ma il primo posto del podio lo occupa la Liguria, che in 15 anni ha edificato la metà del territorio libero; segue poi il sud: Calabria e Campania rispettivamente al secondo e terzo posto, con dati però incerti per l’alta percentuale di abusivismo. Le nostre coste sono sommerse da fogne e cemento, e nel 2007 sono state registrate quasi 4000 infrazioni (Mare Monstrum 2008). E, dulcis in fundo, l’Unesco sta valutando da qualche anno la possibilità di escludere molti dei nostri siti migliori dalla lista dei patrimoni dell’umanità.
L’Italia è il primo esportatore mondiale di cemento e il secondo consumatore (il primo è la Cina!!!). Nel 2007 l’Unità pubblicò un articolo in cui riportava i dati Istat della cementificazione in Italia: in 15 anni sono stati erosi 3milioni e 663mila ettari, corrispondenti grosso modo alla superficie del Lazio e dell’Abruzzo assieme, con una riduzione di 224mila ettari di aree verdi all’anno. Dal 1950 ad oggi abbiamo perso il 40% dei territori liberi nel nostro Paese, negli ultimi anni il consumo medio annuo è addirittura cresciuto rispetto agli anni passati, quelli del boom economico ed edilizio. Il tutto per la totale assenza di controllo degli ultimi vent’anni e perché l’unica legge urbanistica nazionale risale al 1942.
Vengono estratte 46milioni di tonnellate l’anno di cemento, per realizzare tale produzione occorrono ca. 500milioni di tonnellate di inerti da calcestruzzo e di marne e ca. 1miliardo di tonnellate di altri materiali necessari. Il tutto recuperato da cave illegali e abusive, e i cementifici inquinano, e scompaiono vigne, campi coltivati e boschi. E il loro posto viene prepotentemente occupato da villette a schiera, centri commerciali, uffici, palazzi privati e megaparcheggi.
Non c’è limite al brutto. E all’inutile.
E il paradosso è che il brutto e l’inutile diventano miracolosamente bello e indispensabile agli occhi dei molti, condizionati da tutte le belle parole e promesse di media e politici. Nelle liste elettorali spuntano soggetti con interessi nell’edilizia. Si pensa che se non si costruisce non si fa, non c’è progresso. E i programmi elettorali mirano a quello. Alle gare d’appalto si presenta sempre misteriosamente un unico pretendente. Berlusconi promette di non attuare nessun condono durante il suo (infinito) governo, ed ecco che con un colpo di mano arriva il quarto condono… E oggi l’edilizia sembra avere un nuovo boom (ma non c’era la crisi?!?), e niente viene risparmiato dalle inarrestabili valanghe di cemento…
Ad ogni condono edilizio un pezzo di Italia scompare (cit. ecoblog.it). I suoli agricoli muoiono e la campagna sparisce, e con essa i contadini. Quei pochi campi che ancora resistono, aspettano solo che qualcuno ci speculi su. Per non parlare della cementificazione dei corsi d’acqua, e delle gravi ripercussioni sulla loro fisionomia e sugli equilibri ambientali, con conseguente aumento del rischio di inondazione durante le piene… (poi ci si chiede perché le catastrofi naturali – terremoti, inondazioni.. - fanno tante vittime..)
Nel frattempo, la nostra piccola cittadina casertana, oltre che di discariche a noi ben note, gode anche di un contorno di cementifici che tra cave e ciminiere contribuiscono non poco al degrado di ambiente, clima e salute dei cittadini. L’attività di escavazione è un elemento integrante del ciclo del cemento, che occupa un ruolo predominante nell’economia del nostro paese. Da una stima elaborata da G.Messina (http://www.legambientecaserta.it/altro/Le_cave_a_Caserta.pdf) risulta che in Campania sono state censite 1114 cave di cui abbandonate 643 (57,71%), dismesse e sospese 353 (31,69%), mentre 118 (10,6%) risultano attive. Il danno ambientale stimato solo nell’area dei Colli Tifatini, fra cave attive e abbandonate, è pari ad oltre 7000miliardi! Nessuno ha calcolato il danno prodotto dall’attività di cava in Campania, ma vista la stima per i soli Monti Tifatini, questo è valutabile in diverse decine di migliaia di miliardi.
E a Caserta?
In provincia negli ultimi 10 anni c’è stato un incremento della popolazione residente del 6,44%, con un rispettivo incremento delle abitazioni non occupate del 50,59%, mentre in città l’incremento dei residenti è stato del 3,7% e quello delle abitazioni non occupate di ca. l’81%! Oggi ci sono ca. 7000 case non occupate, e il tasso di utilizzo delle camere d’albergo esistenti nel 2000 non ha superato il 30%. Ci sono attualmente 22 cave attive, con una produzione media annua di calcare pari a t 4milioni (di cui più del 55% dei monti Tifatini), e i cavaioli negli ultimi 10 anni hanno dichiarato di aver estratto ogni anno quantità di materiale di gran lunga inferiori a quelle reali. I due stabilimenti produttori di cemento (a Maddaloni e a Caserta) realizzano il 70% della produzione campana di cemento.
E diciamolo pure, che visti i numeri non c’è bisogno di nuove case… e né tanto meno c’è bisogno dei nuovi centri commerciali. E invece “la città, anche se la popolazione non cresce o cresce di poco, continuano a svilupparsi mangiando terreni, che se producono agricoltura o sono semplicemente paesaggio valgono poco, se invece si decide di costruirci sopra valgono di più.” (cit. Report, il male comune). Così viene stravolto il significato di ricchezza, così vengono stravolti i valori.
Sembra che dai danni del passato proprio non si voglia imparare nulla, e intanto i palazzinari continuano a ergere i loro templi di cemento continuando a far spuntare come funghi centri commerciali camuffati da centri polifunzionali e palazzine, in città che già brulicano dei monasteri dello spendi spandi condizionato e di case sfitte e vuote abbandonate a sé stesse, auditorium dove un auditorium c’è già e l’uso che se ne fa è quasi pari a zero…
E intanto le montagne continuano a scomparire, continuano a morire, e escavatori e ruspe continuano a sputare nubi di polvere cancerogena e mutogena nell’aria, compromettendo l’ecosistema circostante, ed ecco che la nostra fantastica tipica pietra calcarea locale subisce la metamorfosi: da sedimento, parte di una successione di strati che raccontano la storia geologica di un luogo, a mattone, parte di una successione di piani di uno di tanti palazzi che raccontano di come i pochi si riempirono (e si riempiranno) le tasche a discapito dei molti… Perché si sa, l’edilizia è solo un’opportunità di investimento per chi già possiede bei capitali. Perché si sa, chi ci guadagna sono solo i costruttori. E tutto va a discapito della nostra salute, di quella dei nostri figli, degli animali e delle piante, a discapito della giustizia e a discapito della salvaguardia dell’ambiente, a discapito di quel cosiddetto sviluppo sostenibile… un lontano ricordo? O un’allucinazione collettiva??
Ai posteri l’ardua sentenza!
fonti:
-Report, il male comune
-http://guide.supereva.it/scienze_della_terra/interventi/2005/07216930.shtml
-http://www.ecoblog.it/post/4620/foreste-perdute
-http://www.enricomoriconi.it/html/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=647
http://www.legambientecaserta.it/altro/Le_cave_a_Caserta.pdf
* Francesco De Gregori
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