Primo Maggio, festa internazionale dei lavoratori, in Turchia come in Italia.
Ma in Turchia posso dire che hanno un diverso modo di protestare, anche perché la polizia ha sicuramente un modo diverso di mantenere l'ordine. Ieri é stato anche qui il Primo di Maggio, un giorno che annuncia sempre tensione e proteste. La città era completamente militarizzata e gli scontri largamente annunciati da settimane. Il motivo del contendere era far arrivare o meno la protesta nella piazza di Taksim, piazza simbolo della città, anche perché luogo di commemorazione dell' uccisione di circa 30 studenti, il 1° maggio di tanti anni fa appunto. Il Primo di Maggio, é un giorno per protestare contro il governo, un giorno in cui i sindacati e tutte le minoranze del paese, Curdi, Armeni, Omosessuali reclamano i loro sacrosanti diritti. Ma ciò che ha prevalso ieri é stata la spettacolarizzazione della violenza.La manifestazione che mi aspettavo molto più grossa e partecipata, era formata da 20-30 mila persone forse anche meno e, quello che più mi ha stupito, erano completamente disorganizzate.
Nel senso che la prima cosa che si impara quando si partecipa ad una manifestazione é che:
- Innanzitutto deve essere chiaro il messaggio che si vuole lanciare, le persone oggi, ieri o domani per quale motivo stanno scendendo in piazza? Questo sicuramente non é emerso dal corteo, che non c'era, non uno striscione che aprisse la manifestazione, che picconasse la piazza, che raccogliesse sotto un'unica richiesta i vari gruppi scesi in strada. Uno straniero ieri osservava solo uno scontro gratuito tra polizia e manifestanti, senza logica se non quella di provocare, far vedere e sentire la propria rabbia, ma senza rivendicarla con alcuna proposta.
- La seconda cosa che s'impara specialmente se la manıfestazione é a rischio scontri, é che bisogna rimanere uniti, compatti, in corteo, sempre. Indietreggiare se la polizia carica, ma ricompattarsi quanto prima, e avere per questo un servizio d'ordine tra i dimostranti cosa ieri del tutto assente. Al minimo cenno di carica, o lancio di lacrimogeni, i dimostranti si frantumavano in gruppi di 20-40 persone, dispersi per le stradine intorno alla via principale, accecati dai lacrimogeni, e incapaci di riformare un gruppo, ma in balia delle voci forti di turno che indicavano una via piuttosto che un'altra. Certo le forze dell'ordine erano disposte in modo tale e hanno agito in modo tale da spezzare, interrompere continuamente il (pseudo) corteo.
Controllando interi quartieri che delimitavano la piazza di Taksim, con l'uso di idranti, mezzi pesanti e lacrimogeni di fatto hanno impedito di protestare in strada, hanno spezzato il corteo attaccandolo dai lati, e quindi impedito proprio di avere una manifestazione così come sarebbe stata concepita in una sana democrazia.
Ciò non toglie che sia stata un insuccesso a prescindere dalle forze dell' ordine, per il basso numero di dimostranti e la pessima organizzazione. Basti pensare che sono stati chiamati per questa occasione 18.000 poliziotti dal resto del paese, più 12000 già presenti, i quali addizionati al numero di giornalisti presenti faceva una somma sicuramente superiore al numero dei partecipanti.
Ma il messaggio prevalso sui media é stato uno spettacolo violento, con scontri, idranti e lacrimogeni, e gli arresti della polizia naturalmente. Difatti le foto comparse sui giornali sia italiani, che francesi che turchi, erano esattamente le stesse, atte a celebrare una giornata di piccola, sporadica violenza.
Talvolta il nostro desiderio di essere informati sulle vicende del mondo, di essere interconnessi, di partecipare con la nostra conoscenza e relativa presa di posizione va al di là della semplice realtà fatta di poliziotti annoiati e passeggiate al sole. Il desiderio di partecipare crea una domanda di notizie che deve essere saziata anche quando queste non ci sono, e quindi cerchiamo di spettacolizzare, rendere epico anche normali episodi. Tutti i fotografi, giornalisti, cameramen in misura spropositata hanno dovuto pur consegnare qualche cosa alle proprie agenzie o ai propri giornali. La notizia diventa più o meno importante e vera a seconda del numero riflettori puntati su di essa. Solo una notizia che può essere spettacolarizzata diventa reale.
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