domenica 11 maggio 2008

Io sono Antoine


Antoine è un ragazzo parigino. Il suo taglio di capelli, la faccia da bambino, le scarpe di tela, l'orologio al polso, le polo di cotone mi facilitano l'associazione con Parigi. Occhi azzurri, capelli chiari, quasi biondi, si vede lontano un miglio che è uno yabanci. Antoine ovviamente studia alla Galatasaray Universitesi in lingua francese, classe 1986, e sta per finire il primo anno di master in relazioni internazionali, ciò che noi continuiamo a chiamare specialistica o laurea magistrale, anche se in tutta Europa è chiamata e considerata come un master, tranne che in Italia appunto, e la cui introduzione è avvenuta per armonizzare i sistemi europei.

Parla francese, un ottimo inglese, che per un francese non è così semplice, tedesco e si applica molto con il turco. Grazie ad Antoine ho scoperto più approfonditamente il sistema universitario francese. Quando li vedi studiare, sembra che ripetano aria fritta, legge appunti, fotocopie, qualche concetto buttato là, non ha mai comprato un libro nel corso dei 5 anni alla università, dice di studiare meno ora che al liceo, ma che alla università sia richiesta più capacità interpretativa, che il lavoro sia qualitativamente più alto. Mah.

Il primo pensiero è che ci sia un abisso tra noi, nel bene e nel male. L'idea che mi faccio è che sia un ignorante, studierà giusto i titoli dei libri, io avrò una preparazione di base sicuramente superiore. Ma poi non è così. E' preparatissimo su molti temi, l'idea è che studino tantissimo prima, arrivando all' università con un'ottima conoscenza di base, tantevvero che finito il liceo a 17 anni per chi vuole ci sono le scuole di preparazione all'università, per altri 2 anni, dove si studiano tutte le materie liceali di nuovo, tantissimo, con approfondimenti a seconda dell'indirizzo scelto.

Insomma la loro preparazione regge, anche se l'università dà un carico di lavoro decisamente inferiore al nostro, anche se hanno 4 mesi di vacanze l'anno, anche se concludono tutti gli esami non più tardi della prima settimana di giugno e l'università non riprende prima di ottobre. L' altra conseguenza di questo sistema è che sono completamente liberi per tutta l'estate e più ancora. Ma tale libertà va utilizzata, il sistema pretende anche che sfruttino questa grande quantità di tempo per lavorare, per le loro internship, hanno 6 mesi di internship obbligatoria nell'arco di tre anni, per fare esperienza, scegliere più consapevolmente. Antoine ad esempio due anni fa ha avuto la possibilità di fare la sua internship ad Haiti presso l'ambasciata francese, un'esperienza importante ed indimenticabile grazie e tramite la sua università.

Inoltre quello che capisci quando parli con questi ragazzi, e che impressiona uno studente italiano, è la precisione dei tempi. Non puoi finire l'università un anno dopo, non puoi metterci 6 mesi per scrivere una tesi, non puoi non laurearti in corso...L'Italia non trova riscontro all'estero.

Non esiste, i tempi sono stabiliti, non c'è una corsa al voto, un rifiutare un esame, un "guardi che per la tesi deve aspettare almeno un anno" e così via. Segui i corsi, dai gli esami, finito. Poi ti butti nella vita. Non esiste perdere un anno all'università. Cosa ormai considerata normale da noi, ci hanno abituato a svalutare il nostro tempo. Professori saccenti che rimandano sessioni di laurea di 6-9 mesi, esami, "sì non si preoccupi torni la prossima volta, tanto c'è tempo". E tanto noi mica abbiamo fretta, e di che? di finire quanto prima ed essere liberi di fare le nostre esperienze e scelte. Di finire l'università a 22-23 anni, ed avere il tempo, allora sì, di provare tutti i lavori che ci vengono in mente, di essere noi a decidere se lavorare o meno, non farlo stabilire agli altri, quando abbiamo 26-27 anni, l'acqua alla gola e bisogno di lavorare senza avere esperienza.

Antoine a 22 anni finirà l'università e avrà almeno altri due o tre anni di libertà quasi totale. Per capire che strada intraprendere, per viaggiare, perfezionare le sue lingue, impararne altre, girare il mondo, crescere interiormente, provare diversi lavori con la leggerezza di chi non ne ha bisogno per vivere, ma con la forza del giovane che vuole capire cosa ama di più, quale sia la sua passione. Avrà il mondo ai suoi piedi e farà una scelta più matura, più coerente, avrà l'energia sufficiente per realizzarsi.



Antoine non solo mi fa relativizzare l'importanza di quello che studio e l'importanza del mio tempo, ma mi fa anche ridere, ecco un gioco sui clichè europei e il suo blog per chi volesse rifarsi gli occhi con un po' di colori turchi, cosa che io ho deliberatamente evitato. Ancora per poco.

http://impressionsdistanbul.blogspot.com/


Il blog di Antoine ad Haiti



Les Inconnus- Les préservatifs

7 commenti:

Anonimo ha detto...

perchè screditi sempre gli italiani?
sembrano la feccia del mondo...

clickclick ha detto...

Non ho alcuna intenzione di screditare gli italiani come persone, lungi da me. Sto parlando qui del "sistema" italia, che sicuramente ha dei grossi problemi e non penso che aiuti noi giovani quanto gli altri sistemi in europa.

Gli italiani, come dire che le li scredito? Apprezzare le qualità di altre popolazioni non significa amare meno la propria. Anzi mi aiuta a conoscerla e relativizzarla maggiormente. Io amo gli italiani e amo essere italiano, è una cosa che rivendico sempre, con chiunque e dovunque. Amo essere italiano per l'immensa cultura che ho ereditato, la bellissima lingua, il sorriso e il modo di guardare al mondo delle cose.Il nostro essere mediterranei e latini.

Spesso siamo molto più equilibrati nei rapporti interpersonali, diamo ancora enorme importanza alle cose vere, essenziali, naturali, belle e fondamentali per avere una vita felice. Io sono felice di essere italiano e non lo cambierei per nulla al mondo.

Anonimo ha detto...

Concordo con il cattivo funzionamento del "sistema Italia";
ma il relativismo culturale non va usato solo per valorizzare le altre culture e avere una visione "etnocentrica negativa" della propria; quindi quando si fanno i paragoni, anche se li trovo improbabili, tra le varie culture cerchiamo di avere una visione totale delle cose: sia in senso positivo che in senso negativo.

clickclick ha detto...

Mi spiace ma continuo a non vedere il punto. Non vedo dove possa aver peccato di "etnocentrismo negativo", di solito pecco del contrario!

I paragoni ci sono e non sono improbabili, ma necessari, per relativizzare noi stessi, mostrare che altri modi di affrontare i problemi ci sono e sono cmq efficaci, per sfatare pregiudizi, per essere più consapevoli, quello che provo a fare in piccolo qui, è il senso di tutte le storie.

Poi quello che dico non va preso in maniera assoluta, io dico che la loro "preparazione regge",non che sia migliore, nonostante il mio pregiudizio di superiorità mi portava pensarli come ignoranti. é un metodo di lavoro diverso, in cui leggono più libri, più fonti di noi, ma le leggono appunto, non imparano i nostri manuali, come fonte unica e indiscussa di sapere.

E ragionavo sul vantaggio di finire molto presto, e sul fenomeno italiano di invecchiare alla università. Poi si potrebbe ragionare se un maggiore tempo di crescita personale sia necessario o
meno, se avere un approccio teorico agevoli nella interpretazione dei problemi quotidiani, o se comunque fattori come la motivazione e la pratica siano cmq più importanti, se dovessimo trovare una via di mezzo tra i due.

Ad esempio penso che il sistema italiano si rimasto troppo legato al vecchio sistema, dove c'è una triennale di base ancora molto solida, e questo è un bene, ma una specialistica ancora troppo lontana dalla realtà e dai problemi che affronteremo, e ancora poco specialistica soprattutto.

Il relativismo culturale penso che vada usato per capirsi di più, sarai più consapevole delle tue capacità, dei tuoi pregi o difetti se puoi conoscere anche le alternative, é un conosci te stesso, ma tramite gli altri, per la funzione di specchio che alter ci offre.

Anonimo ha detto...

E' vero non ci capiamo...comunque, per concludere e lasciandoci alle spalle questa piccola diatriba, volevo dire che il tuo voler bene all' Italia si capisce in ogni post che scrivi ma il fatto che abbiamo problemi nel nostro sistema scolastico ti deve far capire quanto è difficile per un giovane italiano "entrare nel mondo" ed essere attivo e combattivo nell' affrontare le sfide che la società di oggi ci propone.
Complimenti per i post e le foto.

Anonimo ha detto...

Rabbia!
Dal mio punto di vista non c'è una sola cosa nell'università italiana, almeno in quella pubblica, che sia fatta e pensata per noi studenti! Al contrario, sembrerebbe un sistema finalizzato solo a... lascio spazio all'immaginazione!
Corsi che non esauriscono il programma, esami concentrati in poco tempo e alcuni spesso nello stesso giorno, testi e professori che cambiano nel giro di un semestre! E se non ci stiamo attenti, ci ritroviamo da 3+2 a 1+4 o 4+1,magari 2+3 o chissà, è proprio il caso di dirlo: qui si danno i numeri!Imbottiti di nozioni, senza uno schifosissimo riscontro e con un sistema di valutazione pessimo! Esami che dovrebbero essere orali trasformati in esami a risposta aperta (o multipla!), dove quello che conta non è quello che sai ma come lo scrivi. E intanto il tempo passa... e ti passa per gli esami persi, per chiedere la tesi e tutto il resto. E poi ci ritroviamo l'italia dei "mammoni", dei 30enni ancora adolescenti, dei ragazzi senza strumenti per entrare nel mondo del lavoro! Perchè in tutto ciò, ok, mi laureo... e poi? perchè la laurea è forse garanzia di lavoro?!
Forse sono io che non sono abbastanza in gamba, e forse quello che dico potrebbe sembrare esagerato! Ma ho davvero la nausea. Mi faccio le mie esperienze attinenti a quello che studio fuori dall'università e cerco di essere ottimista, cercando di allontanare l'ansia che mi prende quando penso che per fare qualcosa di concreto ci voglia ancora del tempo.
Anch'io sono felice di essere italiana, certo, per tantissime ragioni! Ma non possiamo negare quanto questo sistema penalizzi noi giovani.

clickclick ha detto...

Appunto, con più rabbia, ma appunto questo.