Una generazione che non si vuole dare già per vinta. Una generazione che è al punto di partenza e già si sente condannata. Una generazione che si è sentita dare della sconfitta senza nemmeno aver giocato. Una generazione ricoperta, di abusi, di schiaffi, di sputi, di merda. Un generazione di sommerso. Intelligenze, capacità e talenti. Sommersi. Una generazione che è emersa. L'apnea è finita. L'onda è salita. L'onda sale e noi cresciamo con lei.
Noi che siamo giovani, noi che siamo pronti, noi che sappiamo più di voi. Noi che viaggiamo, noi europei senza confini, noi che abbiamo un'idea di mondo. Noi figli della globalizzazione, noi abituati al diverso, noi rivoluzione silenziosa di questo decennio, noi che siamo la rete. Noi che in luoghi virtuali ci confrontiamo, noi che affermiamo il vero principio paritario, noi che navigando in luoghi sempre più estesi ci siamo conosciuti e stretti la mano. Noi che abbiamo creato la rete di persone, ora ci teniamo più forte.
Noi volevamo crescere con un'idea di futuro, che fosse bella, come ogni giovane generazione.
Ma ci hanno fatto crescere sempre con un'altra idea. L'idea di fare bene il proprio lavoro, l'idea di impegnarsi, l'idea di eccellere, l'idea di riuscire, l'idea di meritarselo, l'idea di subire, di accettare, l'idea che non serve a niente, l'idea di seguire chi sta da prima di te, l'idea di prendere altre idee, l'idea di non avere un' altra idea. Peccato. Peccato che ci abbiano sempre dato prova del contrario, peccato che ci abbiano sempre deluso, peccato che non siano stati alla nostra altezza. Perché se è vero che noi possiamo imparare dal passato, è vero anche che loro non sanno niente del futuro. Noi siamo la prima generazione in cui la velocità delle nuove conoscenze è tale, tale e quale ad un click. Istantanea, fulminea sempre turbolenta. Quanto? Troppo per loro, che non hanno il passo per coglierla. Troppo rapida per loro che hanno già ipotecato il nostro futuro.
Nell'idea che ci hanno dato, nell'idea di perderci ci siamo ritrovati. Siamo cresciuti senza valori assoluti, anzi li abbiamo visti cadere. Troppo piccoli per ricordarsi la caduta del muro, troppo giovani per apprezzare la caduta della prima repubblica, troppo ingenui per capire la caduta dello Stato, troppo impotenti per fermare un mondo che non ci interpellava mai.
Il cambio l'abbiamo vissuto anno per anno e giorno per giorno. L'abbiamo vissuto talmente, mai determinato, ma solamente subito, che l'abbiamo interiorizzato. Nel nostro stile di vita, nelle idee, nelle opinioni, nelle prospettive, nelle scelte, nei valori. Volevamo crescere con l'idea di un futuro avventuroso, flessibile ed imprevedibile. Un futuro di speranza, un futuro bello, un futuro nostro. Perché noi siamo il cambiamento, noi siamo gli ereditieri. Perché il nostro momento è adesso, da prendere ora, o non ce lo daranno mai. Perché il loro tempo è già passato, questo è il tempo che solo noi possiamo gestire e loro lo stanno abusivamente e mafiosamente occupando. Loro che non parlano nemmeno inglese, loro che non hanno idea di cosa si possa fare oggi, loro che, semplicemente non sono in grado. Il tempo delle scelte, delle idee, delle visioni, è nostro. Il tempo che hanno ipotecato, il futuro che è stato svenduto. Ciò che a noi tocca riscattare.
E lo sanno, sanno che ci lasciano un paese deficiente di democrazia, deficiente di progresso, deficiente di innovazione, deficiente di ricerca, deficiente di prospettive, deficiente di strategia. Un paese deficiente. Un paese deficiente di legalità e rispetto, un paese a conduzione mafiosa e camorristica. Il rispetto e la legalità insegnataci a casa, si imparava a calpestarla fuori. E' così che siamo cresciuti. Con il rifiuto della politica dicono, con il rifiuto del vecchio rispondo. Con l'indifferenza di scegliere affermano, con l'impossibilità di partecipare penso. Erediteremo il debito più alto d'Europa, e questo già lo sappiamo. Rappresentiamo il sacco che hanno depredato su cui vivono e vivranno. Siamo una generazione di mammoni ritengono, siamo stati condannati senza nemmeno il processo replico.
Siamo gli ostaggi dati in cambio delle loro inefficienze, i loro errori, le loro ruberie. Siamo il loro lasciapassare, il cuscino su cui si adagiano, la catena forzata della loro vecchiaia. Siamo la truffa dell'evoluzione anti-democratica nell'era della alta finanza. Avendo capito che era troppo difficile fregare i presenti, se la sono presa con gli assenti, se la sono presa con il nostro avvenire.
Ma nel momento in cui saremo i proprietari del debito di ieri, vogliamo avere la paternità delle scelte di oggi.
Oggi è il tempo del cambio. Oggi è il momento di affermare un diritto. Il nostro diritto. Il diritto di contare. Il diritto di decidere. Il diritto di intervenire. Il diritto di riprenderci il maltorto senza appello, il diritto di affermare, il diritto a cui tutti si appellano puntualmente ad ogni generazione, un diritto di proprietà, il diritto a noi stessi.
Noi che siamo giovani, noi che siamo pronti, noi che sappiamo più di voi. Noi che viaggiamo, noi europei senza confini, noi che abbiamo un'idea di mondo. Noi figli della globalizzazione, noi abituati al diverso, noi rivoluzione silenziosa di questo decennio, noi che siamo la rete. Noi che in luoghi virtuali ci confrontiamo, noi che affermiamo il vero principio paritario, noi che navigando in luoghi sempre più estesi ci siamo conosciuti e stretti la mano. Noi che abbiamo creato la rete di persone, ora ci teniamo più forte.
Noi volevamo crescere con un'idea di futuro, che fosse bella, come ogni giovane generazione.
Ma ci hanno fatto crescere sempre con un'altra idea. L'idea di fare bene il proprio lavoro, l'idea di impegnarsi, l'idea di eccellere, l'idea di riuscire, l'idea di meritarselo, l'idea di subire, di accettare, l'idea che non serve a niente, l'idea di seguire chi sta da prima di te, l'idea di prendere altre idee, l'idea di non avere un' altra idea. Peccato. Peccato che ci abbiano sempre dato prova del contrario, peccato che ci abbiano sempre deluso, peccato che non siano stati alla nostra altezza. Perché se è vero che noi possiamo imparare dal passato, è vero anche che loro non sanno niente del futuro. Noi siamo la prima generazione in cui la velocità delle nuove conoscenze è tale, tale e quale ad un click. Istantanea, fulminea sempre turbolenta. Quanto? Troppo per loro, che non hanno il passo per coglierla. Troppo rapida per loro che hanno già ipotecato il nostro futuro.
Nell'idea che ci hanno dato, nell'idea di perderci ci siamo ritrovati. Siamo cresciuti senza valori assoluti, anzi li abbiamo visti cadere. Troppo piccoli per ricordarsi la caduta del muro, troppo giovani per apprezzare la caduta della prima repubblica, troppo ingenui per capire la caduta dello Stato, troppo impotenti per fermare un mondo che non ci interpellava mai.
Il cambio l'abbiamo vissuto anno per anno e giorno per giorno. L'abbiamo vissuto talmente, mai determinato, ma solamente subito, che l'abbiamo interiorizzato. Nel nostro stile di vita, nelle idee, nelle opinioni, nelle prospettive, nelle scelte, nei valori. Volevamo crescere con l'idea di un futuro avventuroso, flessibile ed imprevedibile. Un futuro di speranza, un futuro bello, un futuro nostro. Perché noi siamo il cambiamento, noi siamo gli ereditieri. Perché il nostro momento è adesso, da prendere ora, o non ce lo daranno mai. Perché il loro tempo è già passato, questo è il tempo che solo noi possiamo gestire e loro lo stanno abusivamente e mafiosamente occupando. Loro che non parlano nemmeno inglese, loro che non hanno idea di cosa si possa fare oggi, loro che, semplicemente non sono in grado. Il tempo delle scelte, delle idee, delle visioni, è nostro. Il tempo che hanno ipotecato, il futuro che è stato svenduto. Ciò che a noi tocca riscattare.
E lo sanno, sanno che ci lasciano un paese deficiente di democrazia, deficiente di progresso, deficiente di innovazione, deficiente di ricerca, deficiente di prospettive, deficiente di strategia. Un paese deficiente. Un paese deficiente di legalità e rispetto, un paese a conduzione mafiosa e camorristica. Il rispetto e la legalità insegnataci a casa, si imparava a calpestarla fuori. E' così che siamo cresciuti. Con il rifiuto della politica dicono, con il rifiuto del vecchio rispondo. Con l'indifferenza di scegliere affermano, con l'impossibilità di partecipare penso. Erediteremo il debito più alto d'Europa, e questo già lo sappiamo. Rappresentiamo il sacco che hanno depredato su cui vivono e vivranno. Siamo una generazione di mammoni ritengono, siamo stati condannati senza nemmeno il processo replico.
Siamo gli ostaggi dati in cambio delle loro inefficienze, i loro errori, le loro ruberie. Siamo il loro lasciapassare, il cuscino su cui si adagiano, la catena forzata della loro vecchiaia. Siamo la truffa dell'evoluzione anti-democratica nell'era della alta finanza. Avendo capito che era troppo difficile fregare i presenti, se la sono presa con gli assenti, se la sono presa con il nostro avvenire.
Ma nel momento in cui saremo i proprietari del debito di ieri, vogliamo avere la paternità delle scelte di oggi.
Oggi è il tempo del cambio. Oggi è il momento di affermare un diritto. Il nostro diritto. Il diritto di contare. Il diritto di decidere. Il diritto di intervenire. Il diritto di riprenderci il maltorto senza appello, il diritto di affermare, il diritto a cui tutti si appellano puntualmente ad ogni generazione, un diritto di proprietà, il diritto a noi stessi.
2 commenti:
ciao alessà, mi trovi d'accordo, con l'onda abbiamo assistito all'esplosione di un sentimento che in troppi covavamo dentro da tempo..ed è una lotta generazionale, di carattere più ampio, l'aggressione all'università e alla scuola è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Ma fin quando non ci riapproprieremo della politica in senso stretto, fin quando avremo un presidente del consiglio ultrasettantenne e uno della repubblica ultraottantenne, non potremo davvero sperare di cambiare le cose. Forse l'onda ha fatto un passo importante in questa direzione ma bisogna evitare, anche nel caso in cui il decreto 133 fosse ritirato e i fondi alla ricerca fossero miracolosamente incrementati, di fermarsi: l'onda deve ramificarsi nel tessuto sociale e politico del paese.
Perfettamente d'accordo. E' giusto e naturale che poi il movimento si soffermi ad analizzare anche la politica nazionale in tutte le sue sfaccettature.
Non dobbiamo dimenticare cosa sia questo governo, e quale piano politico abbia in mente. Un momento di riflessione più ampia è auspicabile, e toccherà presto o tardi riprenderci anche la politica, e avere il coraggio di farlo. Per ora la politica, quella in senso stretto è una parola che fa ribrezzo, paura, e spesso solo indifferenza ai giovani.
Dobbiamo cambiare anche questo modo di vedere, la politica è anche affar nostro.
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