
domenica 28 dicembre 2008
martedì 23 dicembre 2008
Anno nuovo, propositi vecchi
di Antonio Siragusa
"I problemi della ricerca scientifica italiana e della fuga dei cervelli, di cui tanto si è parlato negli ultimi tempi, mi riguardano molto da vicino. Mio fratello, infatti, subito dopo aver terminato il dottorato in "fisica delle particelle" a Lecce, si è trasferito a Mainz, in Germania, per lavorare al programma scientifico di LHC, l' acceleratore di particelle che mira a rintracciare il "fantomatico" bosone di Higgs.
Lui è tra quelle migliaia di giovani che, formati in maniera eccellente (e a caro prezzo) dallo stato italiano, sono poi stati gentilmente "regalati" ai centri di ricerca stranieri, che li hanno accolti a braccia aperte. Lui era già da anni convinto di voler andare all'estero, non ha mai neanche valutato la possibilità di rimanere in Italia, per ragioni economiche, senza dubbio (a tutti è noto come sono pagati in Italia i ricercatori) ma anche perchè consapevole dell'importanza di un'esperienza internazionale nel suo ambito di studio, e del trattamento certamente più dignitoso che avrebbe ricevuto in qualsiasi luogo a nord-ovest (e forse anche ad est) del nostro stivale.
La scelta di partire, ciò nonostante, ha comportato dei sacrifici per lui: ad esempio, la sua ragazza è a Lecce, a migliaia di km di distanza, e credo che lui abbia dentro di sè il desiderio di riavvicinarsi a casa in un futuro non troppo remoto, a patto però di poter fare liberamente e adeguatamente ricerca scientifica.
Per me e per la mia famiglia, invece, la sua partenza non ha mai rappresentato un grande problema: certo, vorremmo vederlo più spesso, mia madre ogni tanto si fa qualche pianto nel vederlo in web-cam, alla sua partenza a giugno ho assistito a scene degne del più patetico dei film d'emigrazione, ma siamo abituati da tempo a ragionare in termini di Europa, non siamo tra quelli che pensano che la patria venga prima di ogni altra cosa e vada difesa a tutti i costi, o che al risuonare dell'inno italiano si mettono la mano sul cuore; anzi, pensiamo che la contemporaneità si basi essenzialmente sulla fine dei nazionalismi, sull'intercultura, e ciò è un bene perchè la dialettica tra differenti culture, società e lingue è un'occasione di arricchimento e di crescita (questo blog docet). Perciò ben venga un'esperienza lavorativa, anche lunga, all'estero. Per noi l'importante è che lui insegua i suoi sogni e si costruisca la sua vita come la immagina, tutto qui. In Italia o altrove, poco ci interessa.
Il problema, semmai, dovrebbe porselo lo Stato italiano, la classe dirigente. Ma quest'ultima, anziché fare il possibile per finanziare la ricerca e, quindi, favorire la permanenza in Italia di ragazzi come mio fratello (e l'arrivo di "cervelli" da altre nazioni, con tutti i vantaggi che ciò comporterebbe per lo sviluppo materiale del nostro paese) taglia i fondi alle università e alla ricerca, e la possibilità che mio fratello torni sembra configurarsi, ora più di prima, come un'utopia. Così continuano ad andar via coloro i quali dovrebbero costituire la spina dorsale del nostro paese, che cade sempre più nelle mani dei vecchi, degli incapaci e degli avidi, nelle mani di una casta che mira alla conservazione dei propri privilegi, all'immobilismo della società, ostacolando chi potrebbe mettere in discussione il loro potere assoluto".
martedì 16 dicembre 2008
Una generazione in partenza
Allora, sebbene per ragioni diverse, viene portata avanti quella che è ormai una tradizione meridionale, partire ed emigrare. I nonni per Mafia, i nipoti per allargare e cercare le proprie opportunità.Una generazione sì ed una no. Una generazione che ha i tassi di emigrazione più alti dopo quella degli anni '60. Un destino che possiamo considerare ormai da più di un secolo quasi una componente culturale, una voce messa sempre in conto dalla vita, la necessità di partire. Per i diretti interessati è un'occasione ed esperienza di vita. Ma a guardarla da fuori sembra anche predestinazione. Il nonno partiva per Mafia, ma era anche il dopoguerra. Oggi i nipoti partono per cercare occasioni, è il dopoeuropa. Occasioni offerte proprie dai cambiamenti messi in atto negli ultimi anni, dall'entrata in Europa, da un mondo più vicino e aperto, a livelli fino a poco tempo fa inimmaginabili. Per cui diventa normale pensare di andare a lavorare all'estero, confrontarsi quotidianamente con altre culture ed altre lingue, oltre che altre politiche.
L'equazione allora diventa ancora più semplice, Sud, piccolo paese di provincia uguale una generazione in partenza. Quattro cugini per tre famiglie di fratelli e sorelle, ed una generazione di nipoti che parte: Antonio, suo fratello Giovanni, suo cugino Attilio e suo cugino Dario.
I più grandi come è giusto che sia, hanno già dato l'esempio, Giovanni è un Fisico, Ricercatore, dopo la laurea a Napoli, il dottorato a Lecce non poteva che partire per l'estero. E' uno dei tanti cervelli fuggiti, lavora al progetto del CERN, ma in Germania, a Mainz. L'altro cugino Dario già da un po' si trova in Francia per un master in retorica delle arti, e Antonio che ha già avuto un assaggio del futuro che vuole cercare, dopo un anno a Granada, è ora prossimo alla laurea e alla partenza. Una laurea in lettere non ha vita facile oggi, per cui la soluzione che coniuga aspettative, incertezza, sogni, felicità è ancora una volta il tantovale-partire. Per insegnare l'Italiano, ma all'estero, in Spagna come in Sud- America. Infine Attilio, prossimo alla laurea in fisica alla Università di Napoli scommette anch'egli che il suo futuro sarà all'estero. Dopotutto è un fisico e andrà anche lui incontro al destino italiano dei ricercatori.
Così quattro cugini con una differenza minima di età, che possono rientrare completamente nei paradigmi di questa nuova generazione, sono pronti alla partenza. Parentela, la loro, confermata dall'amore comune per il viaggio, per il cambiamento come filosofia dei vita, oltre che avventura come giusta ricompensa. Quattro cugini di un piccolo paesino del Meridione che non offre tanto lavoro, ma la possibilità di entrare in Europa a testa alta. Non più come emigranti, disperati in cerca di lavoro, ma come persone qualificate e competenti, il meglio di quello che creiamo. L'evoluzione rispetto al passato è stata soprattutto questa, che adesso a non partire è chi non può permetterselo.
Anche se è una scelta mai facile, spesso sofferta, mai presa a cuor leggero dalla nuova emigrazione, una delle tante facce del processo di globalizzazione, l'apertura al diverso, la scoperta, l'espansione della frontiera della conoscenza , " prezzo da pagare per la costruzione di una nuova Europa", i giovani cugini si ripromettono di non dimenticare le loro radici, il loro Sud, i suoi mali e gli sforzi per risollevarlo. Partenze da piccoli paesi di provincia, che hanno fatto la bellezza di questa paese, sperando che non siano fuggi-fuggi generali e abbandoni di massa, ma che siano occasioni per aprire nuove strade, smuovere mondi che altrimenti sarebbero invecchiati su se stessi. Sbocciature che rigenerino terre che necessitano il cambiamento.
Scelte mai facili e lineari dove l'immenso apporto dato in termini di crescita umana è talvolta più che compensato dagli occhi lucidi di una madre, percorsi di vita nell' Europa di oggi di una giovane parte già avvezza a partenze e ritorni. Una lotta interna che svuota e riempie le case caiatine.
lunedì 8 dicembre 2008
Una storia di famiglia
Antonio ha una storia familiare degna di nota, e a raccontarla si potrebbe raccontare la storia di Italia di questo dopoguerra, almeno di una sua metà.
Anche se questo blog ha sempre presentato prima la faccia, e poi la storia, per dimostrare quanto le apparenze ingannino, e che con le persone bisogna sempre prima condividere e poi giudicare, questa volta presentiamo prima la faccia e poi la storia. O meglio, prima l'inizio della storia e poi la faccia che ne è venuta fuori.
Seguiremo un corso più lineare di una storia iniziata esattamente sessanta anni fa, ancora più a Sud. Non è necessario sforzarsi troppo per indovinare le origini sicule di Antonio. Ma la storia, si sa, si trasforma sempre in lunghe onde che terminano solo con un'onda successiva.
Una storia di famiglia
di Antonio Siragusa