giovedì 15 aprile 2010

Io sono Cileno


Il Cile attraverso la Spagna, la resistenza attraverso la fuga. La vita di tre generazioni che si identifica con la lotta stessa: la storia di Marcelo parte da lontano, in Palestina, circa un secolo fa.



Il nonno, allora bambino, lasciava i territori palestinesi all'indomani della prima guerra mondiale che aveva segnato il collasso dell'Impero Ottomano, vuoi per sfuggire alla leva militare, vuoi per l'imminente catastrofe socio-economica, vuoi per la trasformazione della sua striscia di terra in un protettorato britannico. Un territorio che stava per essere diviso senza una prevedibile pace a causa di guerre intestine, la felicità di un arabo di religione cristiana, al tempo, si poteva trovare anche oltreoceano, nelle Americhe.

Quello di Marcelo, non è un caso eccezionale perché il Cile ospita la comunità palestinese, fuori dal Medio Oriente, più grande al mondo. Si stima che circa il 4-5% della popolazione cilena discenda da arabi palestinesi, siriani e libanesi. Di questi la maggior parte erano palestinesi di religione cattolica, il cui esodo è stato massimo tra il 1860 e la fine della prima guerra mondiale. Per fuggire da un paese a religione musulmana, per lasciare un impero in rovina, e per partecipare alla costruzione di un futuro: i circa 800,000 discendenti oggi si sono integrati e intrecciati con la popolazione residente e con gli altri immigrati provenienti dal resto del mondo. La ricchezza dell'America nasceva dalla volontà dei suoi partecipanti.

La comunità araba emigrata in Cile si è velocemente integrata, dedicandosi inizialmente al commercio, per poi divenire nel giro di una generazione parte sostanziale della classe media sino a vantare tra i suoi esponenti gli uomini più ricchi del paese.

Il nonno di Marcelo cresce e vive in Cile lasciando al figlio un'identità che è ancora ricca di ricordi medio orientali. Il padre tuttavia erediterà dai nonni e dalla sorte soprattutto la condizione di oppresso e di rifugiato, anche nel nuovo continente. Sposatosi con una donna cilena, sintomo di una integrazione riuscita come del resto per il 70% dei matrimoni palestinesi avvenuti con membri esterni della comunità d'origine, il futuro padre di Marcelo vive la passione politica impegnandosi attivamente nel partito socialista cileno con la via cilena al socialismo. Un esperimento stroncato duramente dall'intervento della forza militare l'11 settembre 1973, quando Salvador Allende muore in condizioni drammatiche nel Palacio de la Moneda, dando inizio per circa diciassette anni alla dittatura militare di Pinochet.

Diciassette anni, una dittatura lunga tutta una adolescenza, l'11 settembre 1973 infatti Marcelo ha solo qualche settimana di vita ed il padre rinuncia ad un sicuro esilio per rimanere clandestinamente vicino alla famiglia e al neonato che non avrebbero potuto seguirlo.

Marcelo cresce con un padre clandestino, ufficialmente scomparso, desaparecido. Cresce in una scuola cattolica, tra le poche istituzioni rimaste che ancora opponevano resistenza al regime dittatoriale istituito da Pinochet. Una famiglia cresciuta quasi normalmente, come tante in quegli anni, se non fosse per il rischio di non vedere tornare il proprio padre a casa la sera. Un'apnea di semi clandestinità durata circa diciassette anni, fino alla caduta della dittatura, alle dimissioni di Pinochet, alle prime elezioni libere.

Aver convissuto con Marcelo a Granada per circa cinque mesi ha significato aprire una finestra su un mondo prima per me sconosciuto: il Cile con la sua storia passata e recente, con le sue espressioni latinoamericane, con la sua fisionomia stretta e lunga, con una costa di oltre 4000 km, dove il pescado costa meno della carne e la verdura si compra direttamente a cassette. Una finestra, e spesso un divano, nella comunità cilena riprodotta su scala minore tramite la quale abbiamo attraversato le isole del più vasto arcipelago latinoamericano. Comunità come isole, che la domenica ricreano le loro abitudini, discutono di politica, si confrontano in un nuovo paese tramite categorie comuni, cucinano il complicatissimo Curanto, decidono di fare qualcosa durante il terremoto fortissimo che di recente ha investito il loro paese.

Marcelo da due anni è venuto in Spagna, a Granada, per abbandonare una storia d'amore finita male a Santiago del Cile ha vinto una borsa di dottorato che lo terrà impegnato per altri due anni. Come pedagogo, quale lui è, studia per un corso di specializzazione su come far insegnare la matematica agli stessi professori, tramite concetti quali la etnomatematica e riflettendo sui diversi processi di apprendimento.

Vivere a distanza non è facile, con un oceano tra te e la famiglia. Il peso delle distanze talvolta si fa sentire se ci si rincontra una volta l'anno, se tuo padre è scomparso durante il tuo primo anno all'estero, se il paese per cui hai sofferto tanto ti aspetta. Ma la Spagna è e sarà un'esperienza fondamentale, l'occasione per scoprire l'Europa, verso cui ci si proietta tanto, il paese che è la grande anticamera del Sud America, un paese che è finestra e ponte verso un continente tutto da scoprire, possibilmente quanto prima.

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