martedì 9 marzo 2010

Uujimtal, la differenza tra viaggiatore e turista


Michele sta vivendo in Giappone e presto partirà per un viaggio tra Corea e Mongolia, fino ai primi giorni di settembre. Ha definito lui stesso questa lettera un capolavoro del nulla, anche se l'obiettivo è quello di rispondere ad una prioritaria domanda:

"vuole, anche un viaggiatore, vivere per qualcosa di più nobile che se stesso?"

L'obiettivo è spingere a riflettere quale sia la sottile linea di demarcazione tra il turista e il viaggiatore, per capire poi cosa ha di nobile il viaggiatore stesso. Come anticipazione di quella che potrebbe essere la mia risposta, mi permetto una breve riflessione che tenterò poi di riformulare in maniera più estesa anche in vista della seconda lettera di Michele.

Difficile dire che non ci sia un poco del turista in ogni viaggiatore e un po' di viaggiatore in ogni turista. Se identifichiamo con turismo, solo il piacere ricreativo che deriva dal viaggiare, allora la distinzione è quasi impossibile perchè anche il viaggiatore in sè lo fa per un suo piacere personale, o bisogno necessario, identificabile con altri aspetti: la comunione con la natura, la sfida, la pace, il cambiare aria. Ma comunque si rimane nella cerchia del piacere personale.

Se identifichiamo il turista con l'industria del turismo, allora il discorso cambia e si escluderebbe la grande categoria dei viaggi impacchettati in cui non si vive, ma attraversa un luogo, si snatura lo stesso, si trasforma una città in un parco divertimenti. Non si guadagna più di tanto e si dà anche meno. La distinzione si attua quindi solamente in differenti modi di spostarsi, dormire, mangiare e relazionarsi durante il viaggio.

Ma anche qui, diventa difficile distinguere il turista squattrinato che pertanto viaggia in maniera low cost, sebbene più genuina e divertente, dal viaggiatore cosciente ed incallito. Dal turista che ha momenti di riflessione sul posto che sta attraversando e dal viaggiatore che attraversa in completa solitudine senza guardare con troppa attenzione oltre la sua spalla.

La differenza forse sta dentro di noi. E allora entriamo nell'etica della cosa, creando necessariamente una distinzione e gerarchia di valori, condivisibili o meno. Viaggiatori si diventa nel momento in cui osserviamo cercando di comprendere, parliamo cercando di comunicare, diamo senza prendere soltanto; scambiamo qualcosa con i luoghi e persone che incrociamo. Viaggiatori si è quando si ricerca qualcosa: viene in mente Pessoa che amava viaggiare ma ha lasciato pochissime volte la sua amata Lisboa: quando desiderava evadere prendeva uno dei tanti tram che salivano per le colline e si perdeva nelle facce, odori e racconti della gente incontrata per caso lasciandosi andare alla immaginazione. Evadeva e allo stesso tempo ricercava, quasi frugando tra la gente.

Il viaggiatore vero, incallito, patologico, è quello che ha bisogno di viaggiare. Colui che deve conoscere gli altri, il mondo per necessità personale e per aspirazione. Chi dentro di sè è nomade, soffre nel rimanere sedentario troppo a lungo, freme seduto su una sedia. La forma tramite la quale si esplica sono particolari, talvota importanti, talvolta meno. Prendere l'areo, la nave, il treno o attraversare un continente in bici può fare la differenza, ma la predisposizione di spirito è quella che veramente distingue un viaggiatore.


Tornando alla lettera di Michele, il considerarsi esseri dalla forza morale superiore, lo considero poco credibile e autoreferenziale, anche se il viaggiatore può e deve dare il suo contributo alla società. Una società di viaggiatori è una società con meno paura, ma nominarsi guida o esempio da seguire è forse esagerato. Quella del viaggio è più simile all'attività di ricerca o avanscoperta, un'avanguardia che capisce forse prima degli altri e può condividire, maturando una coscienza anticipatoria, ma non può imporre. L'adunata al branco, oltre che recriminazioni sessiste, può generare fraintendimenti, per cui conviene aspettare il seguito della lettera.


Per chi volesse partecipare alla discussione, può lasciare direttamente un commento o scrivere direttamente a Michele qui: uujimtal@gmail.com



La sottile linea del Viaggiatore



di Michele Flori


"Questa lettera va a tutti i compagni viaggiatori del mio Paese, perche’ soprattutto chi, per un’allegra esuberanza o per un cuore gravato da mille turbamenti, medita e progetta di uscirne ad ogni pie’ sospinto, puo’ comprendere il senso di cio’ che vorrei dirvi. E anche se i mezzi di cui dispongo sono limitati, nello scegliere le parole piu' felici come nel dar corpo a quelle ombre di pensieri che passano, non fateci caso, chi scrive e' la cosa che ha meno importanza. Sento un richiamo e la testa si volta da sola, guardate a quello, e non a chi col suo retino tenta goffamente di rincorrerla.

Cosa distingue un viaggiatore da un turista? Entrambi si spostano attraverso costumi e paesaggi stranieri; entrambi partono, incontrano, passano, forse rimangono, e tutto il resto e' lasciato ad un fato aperto in cui ognuno si lancia come meglio crede. Ci sono molti che riempiono il proprio profilo con liste di paesi presi dai cinque continenti, e si considerano dei viaggiatori per questo, mentre non hanno fatto altro che girare. Altri hanno percorso il mondo a piedi, ma sarebbero da definirsi piu’ dei bravi atleti che dei viaggiatori. Dov’e’ allora quella differenza cosi’ sottile che puo’ sfuggire a un occhio esterno, eppure e’ cosi’ enorme? Ci ho pensato parecchio, e la risposta che sono riuscito a darmi e’ che il turista, qualunque sia il posto in cui vada e i mezzi che usi, non e’ mosso che da un capriccio personale. Non sente un dovere piu’ alto che lo chiami fuori, e’ soltanto smanioso di vedere cose nuove. Il suo e’ un viaggio di piacere, e checche’ ne dica, il piacere deve essere suo. E’ un avventuriero quando il tempo, i principali, le finanze e gli affetti glielo consentono. Vuole "incontrare nuove culture", e con questo di solito intende qualche piacevole conversazione o indossare strani cappelli.

HC, e gli altri siti, dispensano questo facile giocattolo: non ho nulla da ridire, utilizzo volentieri HC per dare e ricevere un tetto, e sottrarre ricavi all’infida razza degli albergatori, e volentieri faccio nuove conoscenze. Senza contare che i gruppi sono un bello strumento per riunire le persone intorno a un tema, che spesso e’ interessante. Ma un viaggiatore e’ qualcosa di piu'.

Allora non solo attraversa in silenzio le montagne e i boschi, non solo bussa alla porta dei villaggi e si fa inghiottire da sterminate megalopoli ma, guidato da un ideale etico e civile, percorre un mondo parallelo, alla ricerca delle scuole di pensiero, degli esperimenti sociali, dei modelli di vita piu' svariati, elaborati dalla passione morale e dall'intelligenza umane, a volte dall'ingenuita', spesso dal talento. Dagli eco-villaggi alle comunita’ egualitarie, dai kibbutzim alle scuole di arti marziali (alzi la mano chi conosce, ad esempio, il ki Aikido Institute, una scuola di aikido in Giappone che prevede un regime di vita “comunitario”) e Dio sa cos’altro ancora: una mappa completa di questo mondo non esiste, solo frammenti. Non un mondo virtuale, anonimo e senza responsabilita’, che dei disgraziati prendono per fine invece che per mezzo, ma un mondo reale, dove sperimentare nella vita vissuta l’applicazione, talvolta il tradimento, delle idee umane di giustizia e di valore. Ed esplorando questo universo sconosciuto, colui che si e’ messo in viaggio puo’ aprire dei sentieri che mettano in comunicazione gli sforzi degli uomini di creare un futuro migliore. Puo’ indicare, ai fratelli che la societa’ di massa ha umiliato e schiacciato, posti insospettati dove poter ricominciare a credere in qualcosa di nobile. Puo’ riporatre a casa il meglio di cio’ che ha visto, e migliorarlo ancora.

Ma c’e’ dell’altro.

Costretto a saper distinguere tra saggezza e mistificazione, a scegliere sempre la via piu’ impraticabile, perche’ soffrendo molto s’impara molto, chiamato ad anteporre il proprio vagare a tutte le piu’ dolci sicurezze, piu’ simile a un lupo che a un uomo, a vivere vite differenti, a diminuire i suoi bisogni per conservare la liberta’, a cambiare prospettiva tante di quelle volte da correre il rischio di non ricordare piu’ nemmeno il suo nome, anche il lupo-viaggiatore puo’ divenir parte di quel mondo che va esplorando, e anche quella dei lupi puo’ divenire una scuola, dove imparare a usare e a trasmettere il frutto piu’ bello di tutte le sue fatiche e di tutta la sua arte: quello della forza morale, di cui un'intera generazione ha un disperato bisogno. E schierarsi insieme agli altri per quella rivoluzione civile che si prepara dietro le nubi e che fa arrivare di lontano muggiti ancora indecifrabili. Questo non e’ un sogno di mezza estate: e’ il preciso dovere e il piu’ alto ideale del viaggiatore.

Perche’ il vero viaggiatore ha da essere filosofo, persona di cultura, buon compagno, padrone di se stesso, allegro guerriero pronto a dare addosso ai suoi timori e pregiudizi. Segue ed elabora una disciplina morale che lo precipita in ogni genere di situazione e gli impone di restare in piedi, difficile, preclusa alla gente comune. Ma, come recita la chiusa dell’Etica di Spinoza, e come ci dice ogni giorno l’esperienza, le grandi cose sono necessariamente difficili.

Ora, io mi chiedo se questa cosa grande e difficile, non sia davanti a noi. Mi chiedo se non sia da tirar fuori unghie e arrotare denti per mettere in pratica questo ideale etico. Dico "etico" e non "spirituale", e vorrei fosse ben chiaro che non sto parlando di cercare astruse metafisiche o bizzarri predicatori - e chi e' una testa diritta ha gia' capito.

Io so che non sono solo, che ci sono altri lupi. E mentre preparo la bisaccia, aspetto con le orecchie tese il richiamo del branco. Perche’ soltanto un branco unito puo’ riuscire dove un individuo da solo, o un gruppuscolo nato per morire, falliscono. Agli altri, ringrazio e auguro belle fotografie, belle schitarrate, e un bel sorso d’acqua del fiume Lete per dimenticare in fretta quel che ho scritto.

Salute a tutti, e state lieti.

U."



3 commenti:

clickclick ha detto...

Pubblico un eventuale chiarimento da parte dell'autore stesso alla lettera pubblicata:

"Alessandro,

grazie del tuo messaggio. Ti invio la lettera per intero, in un formato piu' comodo per la lettura. L'errore e' nostro, perche' un amico si sta occupando di recapitarla ai membri HC del Lazio, e deve aver saltato un passaggio. Grazie per la segnalazione. Comunque la lettera era pressoche' conclusa, mancava solo tacere per far posto agli altri.
Perche' quella lettera e', per cosi' dire, maieutica. Il suo compito e' tirar fuori, lentamente, assieme ad altri, qualcosa di ben piu' grosso. Ma, piu' e' grosso questo qualcosa, piu' va tirato fuori a fatica, senza furia, pazientemente, altrimenti non ci resta in mano che un ciuffo di peli e un bello scorno. Tuttavia tirarlo fuori.
La regola vale anche e innanzitutto tutto per me. Affrettati lentamente, era il motto scelto da Augusto. Contando quello che ha fondato, dev'essere un buon motto. Quindi, come primo passo, ho cercato di porre una domanda primaria: vuole, anche un viaggiatore, vivere per qualcosa di piu' nobile che se stesso? Chi risponde, ovviamente, pensa di si'.
Ora, se qualcuno, criticandomi, dicesse che quella lettera e' un capolavoro di nulla, ribatterei che in gran parte ha ragione. Perche' forse la domanda che pone va posta avanti a tutte, ma e' necessariamente vaga e pesca bene anche fra coloro che si cibano solo di belle parole. Da' adito a numerosi fraintendimenti: molti mi hanno scritto vedendo in quelle parole una spalla su cui affidare le proprie debolezze, mentre se avevo parlato di lupi, era proprio per suggerire che l'unica spalla su cui appoggiarsi dev'essere la propria. Uno mi ha risposto con una lettera su Rettiliani, ordini segreti e altre amenita', mentre anche solo aver fatto il nome di Spinoza, avrebbe dovuto suggerire che intendevo rimanere su questo pianeta. Ma non era il caso di mettere troppa carne al fuoco, i fraintendimenti erano prevedibili, e sta bene cosi'. Tuttavia questo mi dimostra che bisogna andare avanti, se non si vuol fare la fine dei Rettiliani, ossia diventar buffoni di se stessi.
Se vorrai pubblicare la lettera sul tuo blog, ne sono contento. Se credi che quel messaggio possa essere migliorato in qualche modo, e hai dei consigli, ne saro' ugualmente felice.
Presto ti mandero' un'altra lettera, dove cerchero' di render piu' definito quel principio su cui si basa la prima. Almeno potrai renderti conto, con piu' cognizione di causa, se stiamo sulla stessa via o no.
Lo faccio in questi giorni, perche' dopo il 21 marzo attraverso il Sud del Giappone e la Corea in tenda, quindi raramente potro' comunicare con Internet. Dopo il 28 aprile, saro' in mongolia fino all'inizio di settembre, e la' saro' irreperibile perfino a radio Maria.
A settembre torno in Italia, per un mese, poi di nuovo in Giappone. Comunque per adesso, e fino al 21 marzo, sono in linea tutti i giorni.

Un saluto e stai bene.
michele"

hotel rimini ha detto...

bellissima ed interessante riflessione

clickclick ha detto...

Grazie,

a questa seguirà, prima o poi, un'ulteriore riflessione che dovrebbe essere la mia rispota alla lettera di Michele-uujimtal. A presto