sabato 13 giugno 2009

Sacro e Profano (I/II)

Il cerimoniale è lo stesso da secoli. In testa i giovani ed i bambini, tutti incappucciati, molti scalzi per penitenza. Ci sono i penitentes, talvolta con delle croci, ed i nazarenos, con un lungo cero, che costituiscono il lungo lento fiume di persone che è la processione. Ricca di simboli, stemmi, di colori, centinaia e centinaia di confraternite, le hermandades, appartenenti a differenti chiese, in moltissime città di Spagna, ricercano per decine di ore, nottate, a volte anche per ventiquattro ore consecutive, la trance sino all'espiazione.


La processione dura nottate o giornate intere, ed ogni confradìa segue sempre lo stesso percorso, uscendo dalle chiese principali e sfilando per le principali strade, oppure infilandosi per vicoli secondari che abbisognano, per essere superati, della migliora maestrìa dei portatori. Decine di processioni che si intrecciano per la città nello stesso tempo. Le bande che seguono la processione incalzano con la musica il passo dei penitenti, ma in particolare dei portatori che sudando copiosamente fanno ballare la vergine con tutto il suo oro all'odore d'incenso tra uno scintillio di candele.


Le immagini, purtroppo, non rendono l'idea della grandezza di queste processioni. Centinaia e centinaia di persone, lunghe centinaia e centinaia di metri, che sfilano lentamente, impiegando anche una ora per attraversare una sola strada.

Un pubblico, più che di fedeli, di amanti della processione, la osserva aspettando pazientemente ore, prenotandosi un angolo di marciapiede con larghissimo anticipo, muniti del proprio sgabello aspettano, il Cristo e la Vergine.


Ogni processione porta con due pasos. Grossi baldacchini in legno, ricoperti di fiori, oro e argento. Il primo è sempre un cristo, in croce, in entrata a Gerusalemme sull'asinello, un cristo in preda alla passione. Il secondo è sempre la vergine, il cui colore dominante è l'argento ed il bianco oro, chiaro rispetto ad i colori forti del cristo.


La simbologia è molto forte, i percorsi sono prestabiliti, ed ogni corteo appartiene ad una precisa hermandad, vecchia di secoli, che scrupolosamente segue ogni anno gli stessi rituali.

Gli applausi esplodono ogni qualvolta i portatori del paso manifestano la loro devozione e la loro forza ballando con quintali di legno sulle spalle, e facendo quasi salutare con la mano la madonna ad i suoi fedeli. All'uscita dalla chiesa spesso bisogna piegarsi, inginocchiarsi, per far uscire il baldacchino altrimenti troppo alto, alla prima vista scoppiano gli applausi e anche qualche lacrima.


I pasos infatti rimangono nascosti per tutto l'anno, in qualche androne della chiesa, e compiono il loro trionfo solamente una volta, solamente durante la semana santa. La settimana di Pasqua, che va dalla domenica delle palme alla resurrezione.

Pertanto l'aspettativa che si crea, l'amore ed il sentimento che viene riposto nell'attesa esplode quando la si rivede per la prima volta, dopo un anno. Emblematico è il caso della Macarena, patrona di Sevilla, reina della città, tanto bella da far piangere. L'urlo di guapa! l'accoglie all'uscita e all'entrata della chiesa, dove da un balcone cantanti di flamenco intonano strazianti litanie, saetas, dalla bellezza struggente.

Un clima non facilmente descrivibile e comprensibile se non vissuto almeno una volta, un'atmosfera che mi ricorda quella della processione di lunedì in albis, della Madonna dell'Arco, a Sant'Anastasia ai piedi del Vesuvio in provincia di Napoli. Una tensione collettiva, un'attesa contagiosa, un'emozione esplosiva. Anche lì scene di panico collettivo, isteria diffusa, chi rideva, scherzava e litigava con gli amici fino ad un attimo prima, poco dopo era assorto nella contemplazione di un immagine, un'apparizione che impersonifica tutte le proprie emozioni, le paure, i desideri, il pentimento, il rigetto di colpe e peccati, innocenze perdute. Un amore, non a caso, verso una donna, una madre protettiva, sempre è la Madonna che fa piangere. Un moto dell'animo per me ancora innavicinabile, e tutt'ora misterioso.

Si cerca la trance per espiare i propri peccati, si corre o si striscia come fujenti, si portano croci per sollevare il proprio animo. Un mondo ed una cultura fortemente vicina, ma anche un po' lontana. Perché oggi, con la secolarizzazione, molti giovani non rivedono in questi rituali niente se non qualcosa di tipico, tradizionale, o religiosamente barbaro, osservato con fare voyeuristico, quasi senza partecipazione.

Culture che convivono nelle stesse città e negli stessi spazi a volte senza incrociarsi, che sopravvivono e si ripetono, perché la festa, qualsiasi festa religiosa, è anche un motivo di aggregazione sociale, di distensione, di festa collettiva tramite la quale si ristabiliscono, rimarcano i caratteri di coesione sociale di una comunità, i valori di fondo.

Ma la stessa gente, che seguiva la trance, che piangeva fortemente alla vista della propria reina barocca, estende ed intrattiene il proprio animo anche in un'altra festa. Quelle che vengono subito dopo. Nelle ferias dove liberati e purificati si lascia spazio al profano.

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