domenica 23 dicembre 2007

Amore mio, Buon Natale


Dan è molto più giovane di quanto sembri, classe '86, è in giro per il mondo da quando aveva meno di 18 anni. Ha una filosofia di vita alquanto originale e nei suoi lunghi viaggi un giorno, inaspettatamente, ha conosciuto una ragazza.

Era sulla strada per la Lituania, ma questa ragazza le ruba il cuore, si trovano da subito perfettamente insieme, condividendo interessi, divertimenti, birra e il loro cane cieco, Sniffy.

Lei è una socio-operatrice che spende i suoi pomeriggi con i bambini in attività di doposcuola, lui saltuariamente insegna inglese, viene dalla città di Sheffield, e ha una sola ambizione: girare tutto il mondo. L'amore e la vita con Sylwia l'hanno trasformato in un essere più sedentario del solito, sebbene riescano a sposare le esigenze di entrambi. Non hanno le esigenze di quella che in Italia verrebbe definita un'esistenza precaria. Lavori saltuari, mal remunerati, non hanno una casa, prospettive di carriera o stabilità davanti a loro. Eppure si sono creati e coltivati un microambiente all'interno del quale sono felici; naturalmente un minimo di soldi per viaggiare sono necessari, così come per vivere, e loro fanno quanto basta, non lo stretto necessario, ma neanche il superfluo. Una via di mezzo in cui è sempre più facile trovare tantissime persone giovani, non schiave delle mode, delle convenzioni e delle ambizioni comuni. Uno stile di vita che richiede dei compromessi naturalmente, ma che dà anche un grande senso di leggerezza e di libertà, se tutto va bene.

Nello stesso stile hanno impostato la loro relazione. Nel giro di due settimane lui ha deciso di non proseguire da solo verso Lituania e mar Baltico, si è fermato in Polonia, a Varsavia, e poi hanno proseguito insieme.

Ora, dopo più di due anni sono abbastanza rodati; lui non bloccato da un lavoro fisso, appena ha abbastanza soldi parte per qualche paese, quando può sospendere il lavoro e ne ha abbastanza anche lei, vanno insieme.

Oggi la sera di Natale la passeranno a distanza, lui in Bielorussia sulle tracce di una bottiglia di Vodka, lei probabilmente con gli amici e la famiglia a casa. Una coppia che non sente il peso delle feste, dei riti collettivi, dei regali, una coppia che vive e lascia vivere di relazioni multiple, leggera ed aperta, che Attali avrebbe definito piena di solitudine, come conseguenza della affermazione della propria individualità che non si perde, ma si rafforza nel rapporto a due.

Due persone a cui il termine coppia va stretto, che preferiscono parlare di un "me" e un "te", che fanno e hanno progetti assieme, e non usano un "noi" maiestatis come se si parlasse di un' unica entità, uno + uno non fa uno, ma sempre due. Una semplice equazione che li aiuta a far di conto nelle loro scelte di vita. Saranno due persone profondamente sole? Voi che dite?


6 commenti:

Anonimo ha detto...

I riti collettivi, la famiglia, le tradizioni, non dovrebbero essere percepite come un peso. Al contrario, sono indispensabili per una buona maturazione della nostra identità sociale. Senza di essa, non saremmo capaci di confrontarci con chi fa parte di culture diverse dalla nostra, ma finiremmo per essere confusi ed insicuri e cadere nell'errore di discriminare gli altri. E' senz'altro ammirevole che delle persone siano capaci di vivere le loro relazioni fuori da quelli che vengono considerati "schemi", ma scommetto che in una qualsiasi occasione in cui ci si ritrova circondati dalle persone più care (come il natale o un'altra ricorrenza) è sicuramente motivo di gioia avere al nostro fianco anche la persona amata... Nonostante non sia la presenza fisica o meno di qualcuno a dare spessore al nostro senso di solitudine.


Ah! Buon Natale!

clickclick ha detto...

Nel momento in cui si sostiene l'importanza dell'affermazione individuale, del riconoscimento di sè, è implicito riconoscere la visione soggettiva di ognuno, anzi proprio perchè si riconosce il relativismo di valori si afferma la necessità di libertà individuale e autodeterminazione dell'indivuo.

Riconosciuto questo non riesco ad affermare quale valore preferire all'altro, piuttosto mi soffermo su un'analisi in base alla quale i propri schemi personali diventano più importanti e forse i veri schemi. Per cui la caduta della "tradizione", dei "valori", della "famiglia di sangue" così paventata da molti in realtà è una trasformazione, perchè abbiamo sempre bisogno di amare ed essere amati, di condividere e stare con gli altri, la "famiglia" di persone care non coincide più completamente con i parenti, ma si è intrecciata con i nostri affetti e le nostre amicizie, i "valori" così come i "momenti" importanti diventano personali e altri da quelli istituzionalizzati, chi ti era vicino quando ne avevi bisogno? con chi hai condiviso un momento importante, chi ti è vicino tutti i giorni?
Queste persone rappresentano i veri momenti di condivisione quotidiana, e le feste istituzionalizzate diventano immancabile rito, occasione per riunire vecchi amici e la "famiglia", riti amati da molti, ma iniziano ad essere non più necessari per altri.

Unknown ha detto...

Io dico che il senso di liberta' e leggerezza che deriva dal fatto di essere un indivuduo singolo ma arricchito dalla presenza degli altri e' impagabile.
Viva le relazioni "scelte" che non derivano da legami di sangue imposti. Viva le "piantine annaffiate ogni singolo giorno"*

Anonimo ha detto...

Parlare di “caduta delle tradizioni” come trasformazione della nostra società lo trovo molto più giusto che definire quest’ultime come un peso. Bisogna guardare le cose per quello che sono: è vero che la famiglia non è più circoscritta a quella di sangue, ma a tutte quelle persone con le quali si sceglie di condividere la vita di tutti i giorni. Ed è sicuramente molto bello, giusto e soprattutto importante per la qualità della nostra vita avere questa libertà ( basti pensare alle famiglie allargate, alla convivenza tra etero e non ecc..). Quello che ho scritto in precedenza non era un modo per dire”viva le tradizioni, l’unica famiglia che io considero sono i miei parenti di sangue ecc..” Assolutamente! Ma vivere la famiglia e il luogo d’origine come un gruppo di persone con le quali avere dei legami imposti solo perché ci condivi una parte del tuo dna è riduttivo e banale. Sembra quasi un guardare le persone dall’alto del proprio “status di viaggiatore” e vederli come dei “poveri paesanotti”, lo trovo superficiale. Per quanto non condivida la maggior parte delle mie tradizioni, immagini di vivere in un altro paese ed abbia una scala di valori tutta mia, amo la mia storia e la considero importante. Sia per me sia per la persona che un domani incontrerò, che magari verrà dalla Cina o dalla Polonia, e alla quale potrò trasmettere qualcosa della mia terra. E’ anche questo un modo per creare una cultura internazione, per concorrere alle trasformazioni, per far conoscere ciò che è diverso ed insegnare la tolleranza, l’apertura e il rispetto.

clickclick ha detto...

Sarebbe alquanto contraddittorio cercare negli altri luoghi del mondo le tradizioni, il folklore, l'anima delle persone per poi rinnegare quella del proprio posto d'appartenenza. E' una mentalità questa più vicina ai viaggiatori della domenica; penso che amare la storia voglia dire innanzitutto amare la propria storia, le nostre idee non sono innate, ma come piccoli nani ci arrampichiamo sulle spalle dei giganti che ci hanno preceduto, e le portiamo avanti, influenziamo, contaminiamo e siamo contaminiati.

Identificare una cultura internazionale come qualcosa di "altro" rispetto alle diverse culture locali sarebbe un grosso errore, una reificazione, duplicazione della realtà. Al di là di alcuni temi e problematiche internazionali, cioè comuni a più nazioni e popoli, penso che essa(la cultura internazionale) sia fatta proprio dal contributo di tutti i partecipanti, cioè le culture locali; così come una persona che abbia imparato altre lingue oltre la sua, e senza per questo aver perso il proprio dialetto, o che conosca altre usanze, cucine oltre la sua senza aver perso la propria, ma anzi soprattutto coltivando la propria.
Non penso che le culture(ai vari livelli) debbano essere viste in modo antitetico, ma che ci sia spazio per tutti, all'interno delle stesse persone.

Un concetto che tento di offrire anche a tutti i miei ospiti, tra un bicchiere di limoncello fatto in casa, una pasta cresciuta per la pizza, un risotto, una canzone in dialetto e tra una chiacchiera con le persone a me care.

Anonimo ha detto...

Bene! Allora viva un bel bicchiere di vino rosso e un piatto di pasta alla nostra maniera, in un clima caldo e accogliente, con degli amici che strimpellano una chitarra in sottofondo magari... se hai anche un bel micio in casa è perfetto!
Non sarà difficile per i tuoi ospiti apprezzare tutto questo.
intanto, a proposito di tradizioni, a me è venuta voglia di pizza :)