L'obiettivo delle Scienze sociali dovrebbe essere quello di interrogarsi sulle cosiddette conseguenze inintenzionali delle azioni individuali. Studiare solo gli effetti voluti non avrebbe senso proprio perchè ci sarebbe poco da dire al riguardo, la vera incognita sociale sono gli effetti indiretti e inaspettati delle azioni e politiche che si rivelano efficaci, ma con pesanti effetti nella direzione opposta a quella voluta.
Per dirla con le parole di F.A. Hayek: "se i fenomeni sociali non manifestassero altro ordine all'infuori di quello conferito loro da un'intenzionalità cosciente, non ci sarebbe posto per alcuna ricerca teorica della società e tutto si ridurrebbe esclusivamente, come spesso si sente dire, ai problemi di psicologia".
Accanto agli esiti intenzionali dell'azione si verificano una cascata di conseguenze inintenzionali, che sedimentandosi e interagendo nel tempo danno luce a delle regolarità, cioè a quei fenomeni, che sono quindi oggetto delle scienze sociali.
Oggi giorno grazie all'attivismo politico delle democrazie occidentali abbiamo tantissimi esempi di questo tipo, dalle politiche di assistenza che creano disoccupati istituzionalizzati, alle politiche di "sviluppo" che degradano i territori, alle politiche di salvaguardia che ingessano e creano emarginazione.
Un altro esempio è offerto dalle politiche europee che riguardano la libera circolazione di persone all'interno dei suoi confini. Tale politica comune, che comincia con gli Accordi di Schengen, ha avuto quale effetto immediato l'abbattimento delle frontiere interne, la libera circolazione dei cittadini europei e il diritto di insediarsi, studiare, lavorare, vivere e morire in qualsiasi Stato dell'Unione. Obiettivo bellissimo che ha contribuito a cementificare le basi delle nuove generazioni europee, che viaggiano si conoscono, si ospitano, si amano, vivono sempre di più come una grande popolazione continentale. Una volta in visita alla Commissione Europea a Bruxelles, un alto funzionario disse "L'Europa è stata fatta da due cose, Erasmus e voli low cost". Un entusiasmo per un mondo senza confini marcato tuttavia da un forte eurocentrismo: non ci si è resi conto che annullando i confini interni stavamo costruendo fossati e mura esterne. Stava nascendo la Fortezza Europa.
Gli Accordi di Schengen infatti non avevano quale unico obiettivo l'abolizione dei controlli sistematici delle persone alle frontiere, ma anche il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dello spazio Schengen proprio per assicurare il raggiungimento del primo obiettivo senza compromettere la sicurezza e l'equilibrio dei paesi europei. Quindici anni fa nessuno pensava che per raggiungere una libertà di tale valore avremmo assisistito ad una pari coercizione negli spostamenti altrui. Una chiara conseguenza inintenzionale.
Per assicurare una libera circolazione interna è stato necessario allo stesso tempo rafforzare i confini esterni, si sa libertà non è assenza di regole, ma il giusto numero di regole affinchè ci si possa sentire liberi, ovvero si allargava lo spazio di libertà interno limitando quello esterno per evitare falle nel sistema. Bisognava annullare le barriere intermedie eregendone di nuove più in là, introducendo un Visto per i cittadini di paesi terzi, controlli più stretti alle frontiere esterne e misure più restrittive per la migrazione legale, creando di conseguenza un mercato della migrazione illegale e delegando sempre di più a paesi terzi vicini il controllo dei flussi migratori. La cosiddetta esternalizzazione della politica migratoria:
"Il termine «esternalizazzione» viene del vocabolario economico e descrive il fatto di sub-appaltare una parte del processo di produzione ad un terzo. In tema di migrazione indica la strategia di trasferimento verso un paese terzo delle capacità e della responsabilità di controllo dei flussi migratori. Nel nostro caso si riferisce agli accordi firmati tra l’Italia e la Libia affinché quest’ultima gestisca l’afflusso di migranti che attraversano il suo territorio. Questa strategia è applicata con tutti i paesi vicini della UE sia a livello bilaterale che comunitario".
"Questa politica ha ristretto le possibilità legali di accesso al territorio europeo ed ha avuto un effetto contro-produttivo: paradossalmente, lo sviluppo della libera circolazione dentro il territorio europeo ha avuto come conseguenza l’erezione di una frontiera esterna più ermetica e quindi l’incremento della migrazione illegale, rendendo vani i tentativi di controllo del territorio e dei flussi di persone dentro di questo"*.
"L’idea di esternalizzare la politica migratoria, ossia la sorveglianza delle frontiere nasce dall’ipotesi che una volta entrati nello spazio Schengen, i migranti clandestini siano più difficilmente espellibili.
La strategia europea pertanto è consistita nel fare pressione sugli Stati membri la cui frontiera nazionale coincideva con la frontiera esterna dell’UE nel Mediterraneo, principale porta d'entrata dei migranti clandestini. Dalla fine degli anni '90 , la Spagna è stata al centro di questo processo fino a quando ha implementato il SIVE (Sistema Integrato di Vigilanza Esterna) nello stretto di Gibilterra nel 1998 - e poi sulle isole Canarie[i] quando lì si è spostata la pressione migratoria proveniente dell’Africa – con l’aiuto finanziario dell’UE. Questa rete di radar, sensori, telecamere termiche e a infrarosso ha permesso una vigilanza ottimale delle sue coste rendendo quasi impossibile la traversata del mare a questo livello.
[i] ELMADMAD, Khadidja. Op. cit.
[ii] « 33. (…) The European Council urges that any future cooperation, association or equivalent agreement which the European Union or the European Community concludes with any country should include a clause on joint management of migration flows and on compulsory readmission in the event of illegal immigration ». Estratto dalla dichiarazione finale del Consiglio europeo di Siviglia, 21-22 giugno 2002.
*questo testo è un'anticipazione di un articolo di Sonia Grigt che apparirà sul web magazine Glocus
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