mercoledì 8 aprile 2009

Ottica mediterranea


Un viaggio, forse lungo forse breve. Una ricerca. Lunga come un'estate o breve come una vita. Partendo da un estremo per tornare al suo opposto, da Gibilterra al Bosforo, tutto quello che si può racchiudere nel bacino più denso del mondo.

Nel viaggiare e nel conoscere tutti i giovani passati per questo blog, vedo un po' me stesso, mi cerco, ma mi ritrovo in una casa più larga di quella di partenza. Una casa ed una terra allargata. Una famiglia in cui potrei agevolmente vivere, a patto che possa sentire gli odori della mia infanzia.


In un giardino fiorito di aprile, in una pineta profumata di giugno, nell'arsura della strada di luglio, nell'afoso e affollato agosto marino, nell'umidità colorata d'autunno.
Partire per capire quale sia il segreto, cosa ci accomuna, quali siano le differenze. Un viaggio alla ricerca di una risposta, alla ricerca di una casa. Perchè ho la sensazione di sentirmi a casa solamente in un paese mediterraneo? Cosa ci accomuna e cosa ci divide?

Ventidue stati. Ventidue popolazioni. Ventidue paesi che condividono qualcosa. Ventidue nazioni, ma molte più culture di cui si può trovare traccia in un gomitolo di storie che sembra non avere capo coda. Ventidue nazioni che non possono racchiudere nell'immagine del loro nome le profondità e le sfumature del mare.

Quando si parla di Mediterraneo non ha più senso parlare di nazioni, popolazioni e terre come se fossero un insieme omogeneo. E' necessario e allo stesso tempo inutile specificare. Perchè il Sud è un altro paese rispetto al Nord, perchè la Sicilia non sembra Italia, e la Calabria è un mondo lontano. La Sardegna è un caso unico in Europa. Genova non è Napoli, e Marsiglia non è la Francia. L' Andalucia è una terra di mezzo con il vicino Maghreb. Le isole greche sembrano piccoli avamposti pirati d'altri tempi e gli odori del mare turco sono quelli di casa.
Ricchezze e particolarità della stessa natura che crea un'unica assonanza, un' unica melodia, un unico fondale.

Storia. Ore passate sui banchi di scuola, tra imperi, guerre, traffici, e scambi, secoli passati tra correnti dello stesso mare. Un mare che separa ed unisce tre continenti. Asia, Africa ed Europa. Luogo natìo di civiltà antichissime e di religioni monoteiste. Giudaismo, Cristianesimo e Islam. Tre figli della stessa terra che abbraccia Oriente ed Occidente, figli gemelli della stessa madre. Perchè siamo la terra che ci ha cresciuto. Una vicinanza che spiega l'evoluzione e la assonanza.

Un mare così piccolo e grande allo stesso tempo, un Mare Nostrum in mezzo alle terre, un piccolo ricco specchio di vita. Quante diversità, quante lingue, quanti modi di dire il mondo, espressioni infinite dello stesso modo di pensare. Perchè come in un gioco dei doppioni e delle parti mancanti, alla fine, sono sempre più le cose che ci accomunano di quelle che ci distinguono.

Perchè siamo una faccia una razza. Perchè si riesce a stare a proprio agio più con un turco che con un tedesco, perchè, lo spagnolo ed il greco hanno qualcosa dell'italiano. Perchè in Marocco, in Tunisa, gli italiani hanno un trattamento privilegiato rispetto agli inglesi o agli americani. Perchè il modo di guardarsi negli occhi, di stringersi la mano ricorda qualcosa. Antichi linguaggi comuni. Perchè nel sorriso che soddisfa una domanda, nel sopracciglio che attende una risposta, nel non detto, ed in tutto quello che vale la pena di dire ogni volta, abbiamo appreso a scambiare in un modo, nostro, come il mare che ci appartiene.

Abbiamo creato nei secoli un codice comune finalizzato a riconoscerci e scambiarci pace. Nei baci di saluto dati anche tra uomini, negli abbracci forti di due amici, riconosciamo qualcosa di mediterraneo, qualcosa che due ragazzi nordeuropei non farebbero.
Un codice aperto e sviluppato nei secoli. Un palmo stretto, che nasce esso stesso dal fatto che mostrando la mano libera da armi, le nostre buone intenzioni vengono così dichiarate. Un accordo, un implicito mutuo riconoscimento. Perchè in quanto uomini siamo esseri viventi dediti allo scambio, e nel Mediterraneo, più di altre terre si sono viste civiltà, conquiste, guerre, crociate, persecuzioni e la necessità di codici di riconoscimento. Un passato esclusivo per nessuno, ma bene comune.

Perchè se lo scambio è il solo modo per arricchire entrambe le parti, allora noi mediterranei siamo i più ricchi. Perchè più degli altri abbiamo scambiato, ci siamo confrontati e combattuti. Il vortice di culture è stato ed è qui. La mescla è stata sì grande che pensando al mondo, alla sua vastità, alle sue possibiltà, la casa si perde, sfuma, si confonde, assume dei tratti man mano meno definiti. Ma fermandosi un attimo, visualizzando e facendo girare l'emisfero la casa torna definita e chiara.


Pareti bianche, luminose. Vicoli stretti che si arrampicano per la collina, l'odore del mare che sale la sera. Pomodori appesi alle pareti, ad essiccare, macchie di rosso nella calma pomeridiana, sfrigolio di olio, vociare che passa dalle finestre e dai balconi semi aperti.
Profumo di pineta che precede il blu del mare, roccia e sabbia della costa, il canto delle cicale.

Nel cercare casa la base di partenza si allarga. Ma quanto basta per infondere ancora serenità e protezione. Il Mediterraneo è la sensazione di casa allargata di cui sono alla ricerca. L'evocazione multi sensoriale della casa e del rifugio, della terra, dell'appartenenza. Perchè nel viaggiare, nel conoscere e nel capire, si cerca sempre un po' di se stessi, oltre che un po' di pace. Un cammino di sensi obbligatori dati da cosa non vogliamo diventare, andando verso ciò che rimane.


Quello che rimane la sera, alla fine della giornata, quando cala il buio, quando le forme scompaiono e si è soli con gli altri sensi. Rimane il pensiero, rimangono gli odori, sperando che siano quelli primaverili del proprio giardino d'infanzia, delle proprie sere di assoluta libertà.
Finchè si abbandona anche l'ultimo senso e solamente ci si immagina e ci si riconosce nell'unico posto che dona pace e non spinge a ripartire, nella propria casa. A patto, che sia grande come un mare.

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