giovedì 13 gennaio 2011

Vivere da Zingari: la forza dell'empatia


L'ultimo è stato  Mihail in Bulgaria, quello che ricordo con maggior affetto è stato Yoshi. Il primo è stato Flavien. Ma nel mezzo ce ne sono stati tanti altri, come Damien a Granada, Tom ad Istanbul. Davide di Porto.


Sono tanti, ma dove vanno, cosa fanno, cosa cercano? Solo stare, solo partire, solo perdersi.

Li guardo con ammirazione e fascino, ma anche con viva curiosità  incamminarsi verso scelte non facili, a volte anche tristi, in direzioni solitarie senza capire se mossi da un reale bisogno o da puro idealismo. Probabilmente in una ricerca di senso.

Dopo l'entusiasmo dei primi viaggi e delle prime scoperte, le emozioni lasciano il campo solo a mancanze, di pace, talvolta di affetti, a sedie e giacigli sempre e volutamente scomodi. In sofferenza continua come drogati vinti dall'assuefazione.

Una ricerca continua di empatia con il mondo per comprenderlo per integrarlo dentro di sè che ci trasforma in pendolari prendendo il treno, in turchi bevendo il çay, in filosofi guardando il mare, in natura camminando nel bosco. Ricerchiamo un contatto con il circostante per una maggiore comprensione che annulli la distanza tra noi e gli altri. Per questo talvolta si sopporta bene la solitudine fisica perchè più che compensata dalla meditazione di sè, dalla compagnia spirituale della natura, del mondo, delle altre e altrui società. 

Ma una volta percepiti i segreti meccanismi, comuni a tutte le società, che fanno la matrice comune degli uomini e delle culture, si ha un altro modo di relazionarsi con l'esterno, è una formula magica di stare al mondo, che ci fa relativizzare i problemi e focalizzare l'attenzione sulle cose precisamente importanti e trasversali, a tutte le culture, i paesi, i popoli.
Quel minimo comune denominatore che si ritrova in tutto il mondo e ci permette di vivere ovunque. Quello che ha portato a definire il mondo come propria casa e ad annullare i confini. Quello verso cui stiamo andando. E che in alcuni momenti di estrema lucidità o di alterazione sensoriale mi sembra una proiezione del futuro. Non siamo che delle avanguardie.

Mihail ci ha ospitato a Plovdiv, seconda città della Bulgaria, per pura fortuna nostra, perchè l'abbiamo trovato in pausa da uno dei suoi lunghi viaggi. A differenza di altri, l'ho incontrato nel suo ambiente domestico, stazionario e non in viaggio, in quella che lui chiama casa, dove ha lo sguardo sempre altrove. Sei mesi in Italia, con l'idea iniziale di passarci solo qualche giorno, sei mesi tra le montagne svizzere, mesi e mesi in Siberia, nell'est Europa, più volte in Francia e in Spagna, in Marocco, nelle aree orientali della Turchia, più volte, fino ad apprendere il Curdo, ogni anno in Russia e nella sua vastità. Perchè Mihail è di padre Russo e madre Bulgara, parla benissimo il Francese, lo Spagnolo, l'Italiano e l'Inglese, ha appreso il Turco nei suoi numerosi viaggi e ha anche delle basi di Greco. Una forza dell'empatia, quando questa significa creare e utilizzare punti di contatto, e la conoscenza di altre lingue anche lontane ne è la prova.

"Più è sviluppato e individualizzato il sè, più è grande la nostra percezione dell'unicità e caducità dell'esistenza, della nostra solitudine esistenziale e dell'infinità di sfide che dobbiamo affrontare per esistere e prosperare. Sono questi nostri sentimenti che ci permettono di provare empatia per sentimenti simili negli altri. Un sentimento empatico più solido permette anche a una popolazione sempre più individualizzata di creare legami di affiliazione anche nell'ambito di organismi sociali sempre più interdipendenti, estesi e integrati. E' questo il processo che caratterizza ciò che chiamiamo "civiltà": il superamento dei legami di sangue tribali e la risocializzazione di individui distinti sulla base di legami associativi. L'estensione empatica è il meccanismo psicologico che rende possibili la conversione e la transizione. Quando diciamo "civilizzare", in realtà è come se dicessimo "empatizzare" . J. Rifkin, La Civiltà dell'Empatia.

La casa in cui ci ha ospitato fa parte di un palazzo ancora in costruzione, non terminato, nuovo negli infissi, nei pavimenti e nei sanitari. Ma priva di lampadari e di letti, di piastrelle e mobili. Di tutto ciò che è superfluo. Una casa che è un appoggio, naturalmente condivisa con altre persone, in vista di una nuova partenza. Uno stile di vita non finalizzato alla ricerca di un salario, nè tantomeno alla mera sussistenza, ma solamente al tentativo di "espandere il sè nel tempo e nello spazio, la necessità di creare per vivere, per respirare, per essere, precede, anzi, necessariamente eccede, il bisogno della riproduzione come funzione personale di sopravvivenza". 

Mihail suona saltuariamente musica per strada e si procura quanto basta per espandersi. Muovendosi in tutti i suoi lunghi viaggi in autostop, facendosi ospitare da genti incontrate sul suo cammino o utilizzando HospitalityClub, in altre parole contando sull'altro. Una prova di fiducia quotidiana. Impara le lingue del paese in cui si ferma a vivere per un po' e poi riparte. Possibilmente vive e si ferma nella natura, nei suoi spazi in cui non ti senti solo, come se si ritrovassero istinti perduti. Ora dice che gli sono rimasti da fare solo due grandi viaggi: la Cina e l'Estremo Oriente da un lato e le Americhe dall'altro, per completare il suo personale giro del mondo, nella speranza forse di appagarsi.


"se l'uomo è evoluzione diventata coscienza, sicuramente questo è dovuto alla sua propria consapevolezza che anela a congiungere le proprie forze con l'universo, nella sua appassionata ricerca della realtà delle relazioni temporali e spaziali".

Quando l'abbiamo lasciato l'ultima volta stava aspettando il momento giusto per ripartire e rimediare un autostop dalle Canarie, prima dell'Inverno. Lì le navi fanno l'ultimo rifornimento prima di reimbarcarsi per le Americhe, la sua prossima destinazione.

Mihail, così come i viaggiatori di lungo corso, cominicia a pensare che ci possa essere un senso all'esistenza terrena dell'uomo, ovvero che l'approfondimento del senso di sè, l'estensione dell'empatia a un dominio più vasto e inclusivo della realtà e l'espansione della coscienza, costituiscano il processo trascendente attraverso il quale esploriamo il mistero dell'esistenza e scopriamo nuovi ambiti di significato.

Il sociologo Chan Know-Bun sintetizza così il processo:

L'autenticità di ciò che ho scoperto su me stesso è rafforzata perchè ho trovato conferma di una parte di me in te, e tu in me.

Mihail rafforza sempre di più il suo sè tramite la capacità di parlare più lingue, nella scoperta di una condizione comune a tante altre persone e tramite uno stato d'animo indifferente agli accidenti della storia che ti hanno portato ad avere una religione piuttosto che un'altra, una lingua anzichè un'altra, un'abitudine anzichè un'altra. Il bello si cela in ognuna di esse. Sono solo abitudini, che quindi come sono cominciate così possono cambiare e terminare. Niente di sacro, eppure si arriva a comprendere che tutte le piccole cose sono sacre. Mihail supera lo scetticismo delle persone che pensano che i miracoli non esistano aderendo ad una seconda categoria,  quella che pensa che tutta la vita sia un miracolo.